Io, credente, ateo o fisicalista?
Posted in Piccolo Zibaldone By Francis Sgambelluri On Gennaio 14, 2013Intanto c’è da chiedersi, e prescindiamo dal credente e dall’ateo, che cos’è il fisicalismo e cosa vuol dire essere un fiscalista. Vuol dire tante cose. Nel mio caso almeno quattro.
Il primo caso, quello che mi ha rivoluzionato l’esistenza, lo devo allo zio, lo zio Carlo. Avevo sei anni. Era una sera d’inverno. Fuori faceva freddo, si sentivano raffiche di vento e pioggia mista a grandine sul tetto. Io e lo zio Carlo eravamo seduti al caldo e in silenzio vicino al focolare. Ad un certo punto, lo zio, a bruciapelo, mi assalì dicendo:
“Lo sai, eh, lo sai che tu sei più ricco di me?”
“Non è vero, zio,” ho risposto pronto, come se me la fossi aspettata da sempre questa domanda, “sei tu il più ricco.” Ed era vero.
“Non intendo ricchezza materiale, soldi case terreni animali”, ha risposto lui tetro, energico e quasi con disgusto, “intendo ricchezza in età, in giovinezza, vita. Tu sei un ragazzino, io quasi un vecchio; tu hai molti anni davanti a te, io pochi, capisci?”
“No,” ho risposto.
“Peggio per te!” ha fatto lui.
“La zia,” (sua moglie), ho detto io, allora, “dice che dopo la morte andremo tutti in paradiso e lì vivremo per sempre.”
“Quindi capisci!,” ha quasi urlato lui con stizza. “E comunque non parlarmi delle sciocchezze che dice tua zia!”
“Sciocchezze?”, ho fatto io incredulo. Non l’avevo mai prima sentito parlar in quel modo della zia.
“Sì, sciocchezze!”, confermò.
“Spiegami!”, gli ho chiesto.
“Non so spiegartelo.”
“Continuo a non capire.”
“Un giorno, forse, capirai. E ora stai zitto,” ha troncato lui, mettendosi, nervoso e nauseato, ad attizzare il fuoco.
L’ho guardato, ho chinato la testa, e non ho detto più nulla.
Lui neppure.
Nonostante la mia giovane età, questo episodio mi scosse molto, suscitando in me domande che fino ad allora ignoravo: domande sulla vita, sulla morte, sull’esistenza di Dio. Volevo risposte a questa mia improvvisa inquietudine interiore, ma non ne trovavo. Neppure lui, lo zio Carlo, quand’era più avvicinabile e meno scontroso, era in grado di rispondere alle mie insistenti e sentite domande, e intuivo, fortemente intuivo, che avrebbe tanto voluto sapermi rispondere.
È stato questo episodio con lo zio Carlo a rivoluzionarmi l’esistenza inclusa la mia infantile credenza.
Il secondo caso lo devo alla filosofia. La filosofia, non quella accademica, ma quella che nasce dalla passione di voler tutto conoscere e tutto capire, ha un lungo percorso nella mia vita. La si potrebbe, in questo particolare caso, sintetizzare dicendo che da Kant in poi non si costruisce più un essere superiore come zeus, come dio, come brahma partendo dal concetto, ma lo si costruisce partendo dall’uomo. Perciò, prima viene l’uomo e poi il concetto (l’idea, la mente, l’immaginazione), prima viene l’uomo e poi zeus, dio, brahma o quel che si vuole, nirvana, paradiso, ecc, quindi tutto ciò che si è inventato l’uomo è relativo all’uomo, ha a che fare con l’uomo. Detto in nuce, tutto, nella cultura, è un prodotto dell’uomo, è lui il dio o il demonio che abita sul pianeta terra.
Il terzo caso lo devo all’evoluzione. Mi ha insegnato che il nostro nido è una costruzione dell’assurdo, che noi siamo i figli del caso, del contingente. Big bang o meno, noi veniamo da un mondo senza nome, nessuno potrà mai conoscere le sue vere origini, queste sono inconoscibili. Le nostre radici, il nostro regno, patria, sono infatti l’innominabile. Questo, l’innominabile, non dev’essere inteso né in senso negativo né in senso positivo, non dev’essere inteso in nessun senso e non si può dare neppure un nome, perché ad un fenomeno le cui origini sono un mistero, non gli si può attribuire alcun appellativo. È, appunto, l’innominabile.
Di più. La nostra ubicazione nell’universo ha come riferimento la Via Lattea, e ciò vuol dire un puntino, come altri miliardi di puntini, gettato lì nell’immenso cosmo. La nostra dimora, in questo immenso, rimane sospesa in un abisso senza fondo. In altre parole, viviamo in un pozzo cosmico e ci libriamo nel vuoto. In questo luogo senza appiglio e senza principio la scienza è poesia e la filosofia è un altro tipo di poesia.
Dal pozzo, come i condannati nel braccio della morte, non si esce vivi, è la nostra prigione e la nostra tomba. Nessuna via d’uscita, nessun scampo, siamo intrappolati, condannati ad essere i testimoni coscienti della nostra stessa fine, una fine ignobile e crudele.
Il quarto caso lo devo alla fisica. Noi apparteniamo di diritto alla materia. La metamorfosi del divenire dell’essere la conosciamo molto bene. Ecco i quattro passaggi evoluzionistici più significativi, quelli che hanno portato l’essere all’essere. Il primo è il passaggio dal nulla (l’innominabile) al big bang o quel che si vuole; il secondo è il passaggio dalla materia inanimata alla materia animata; il terzo dalla biologia alla cultura e il quarto dalla cultura alla conoscenza del nulla.
I due “nulla”, il primo e l’ultimo (noi spuntiamo dal nulla e ritorniamo nel nulla), alla fine si congiungono e diventano un unico nulla. Infatti, nella nostra apparizione c’è scritto anche la nostra sparizione: un giorno noi non ci saremo più, e con questo ultimo passaggio si concluderà la nostra casuale e momentanea apparizione nel mondo delle forme e dei fenomeni.
Ora, in questa visione della vita, c’è ancora posto per il credente e per l’ateo? Certo, io non ho nessun problema a definirmi, non credente, ma ateo. Solo che è una definizione sbagliata, fuori luogo, arbitraria. Per essere ateo uno deve contestare uno che crede, deve contestare l’esistenza d’un dio, di Dio, ma se Dio non esiste, e non esiste, allora perché sporcare l’aria con vibrazioni acustiche inutili e pestifere? Per com’è fatto il mondo non c’è posto né per Dio né per il credente né per l’ateo e meno che meno per l’agnostico. Per conto mio il credente e l’ateo credono. Il primo crede in Dio, il secondo nella non esistenza di Dio, quindi ambedue credono e non potrebbero esistere l’un senza l’altro. Sono, per così dire, due facce della stessa medaglia. Il discorso è chiaro, fino a quando ci sarà un solo ateo sulla faccia della terra, ci sarà anche un credente e fino a quando ci sarà un credente ci sarà un ateo: i cristiani esultino!
Esiste però solo un mondo, il mondo della fisica. Io sono un fisicalista, credo unicamente nella fisica, perché è dalla fisica che tutto nasce, scorre e palpita. Ogni conoscenza è nata dalla fisica. Siamo un assemblaggio di particelle. Io stesso sono un composto, un insieme di atomi, un’emanazione della materia. Ecco perché, anche volendolo, non posso essere né credente né ateo, io sono, se proprio devo essere qualcosa, un fisicalista, uno che crede che tutto ciò che esiste nell’universo sia fatto di materia e questa è la mia identità e il mio destino.