Il sogno d’una vita – racconto in tre post: prima parte

Paolo era un muratore. Durante la bella stagione costruiva in montagna ville per i signori. Stava per andare in pensione. Tutta la sua vita era stata percorsa da questo desiderio: smettere di lavorare e prendersi la così meritata pensione. Le belle stagioni, lo sbocciare dei fiori, il canto degli uccelli, il mormorio dei ruscelli in primavera, tutto, tutto sarebbe diventato incantevole, ma solo e solo a partire dal giorno in cui avrebbe preso la sua bella pensione. Pensione, pensione, pensione: il sogno d’una vita! A ognuno il suo. C’è gente che sogna di scalare l’Everest, altra di viaggiare in paesi esotici e altra ancora di diventare ricca. Il sogno di Paolo il muratore era quello di andare in pensione.

Vittorio era l’aiutante di Paolo. Per lui c’era ancora tempo prima di prendere la pensione. Vittorio, al contrario di Paolo, non ci pensava neppure alla pensione. Anzi, vedeva quest’evento in maniera disastrosa. A sessantacinque anni uno non può più godersi la vita, uno è già vecchio, pieno di acciacchi e bello e pronto per il buco! Per Vittorio la pensione vuol dire la fine. Si diventa un peso per tutti: per la famiglia, per la società, per se stessi. Ecco cos’è la vecchiaia: una vera catastrofe. “No, grazie, io non voglio pensare alla pensione, all’impotenza, allo sgretolamento, alla morte!” diceva Vittorio a Paolo quando questi parlava della pensione.

In quell’ultimo tempo, Paolo il muratore, si sentiva stanco, pesante e aveva una continua voglia di dormire. Quel giorno, e per la millesima volta, mentre continuava a sonnecchiare con la testa poggiata sulla tavola dove aveva appena mangiato, pensava, non a quelle stupidaggini di cui parlava Vittorio sulla vecchiaia, ma a quant’era bello andare in pensione, poter finalmente riposare tanto quanto avrebbe voluto, restare più a lungo a letto la mattina, bere il caffè senza dover guardare l’orologio, andare a pescare in quei posticini lungo il fiume che solo lui conosceva, fare delle belle camminate in campagna con moglie figli e nipoti, cercare funghi, giocare a carte al bar sotto casa coi suoi amici, cenare con comodo, guardare un film alla tivù fino alla fine. Ecco qual era il suo sogno, un sogno che fra qualche mese si sarebbe avverato, esattamente fra un mese e sette giorni (Paolo aveva sempre contato gli anni i mesi e i giorni che gli rimanevano prima di prendersi la pensione, e nell’ultimo anno di lavoro aveva iniziato a fare il conto alla rovescia) avrebbe compiuto sessantacinque e a partire dal giorno dopo il suo sogno si sarebbe trasformato in realtà.

Quel pomeriggio, mentre stava intonacando un muro esterno, era arrivato in Mercedes il futuro padrone della villa, l’Onorevole Sartori Kier. L’Onorevole era accompagnato da altre tre persone, due donne e un uomo. Indossavano abiti pesanti, faceva ancora freddo in alta montagna. Ad un certo punto i signori, dopo aver ispezionato i lavori compiuti, si erano fermati vicino al posto dove Paolo stava lavorando e si erano messi ad ammirare lo splendido panorama che si apriva davanti a loro.

“Meraviglioso!” esclamò l’Onorevole.

“Fantastico!” aggiunse una delle donne.

“Nur Ekel!” abbaiò l’altro uomo.

L’altra donna non fece nessun commento.

I signori, dopo aver saziato i loro occhi di tanta bellezza naturale, iniziarono a parlare.

Paolo, nonostante la fatica, ad un certo punto, quando alcune parole dei nuovi arrivati raggiunsero le sue orecchie, dimenticò la fatica e il suo sogno e diventò tutto orecchie. Capitava ai signori di mischiare la lingua italiana con quella loro locale, ma Paolo la capiva abbastanza. Certo non era sua abitudine ascoltare quello che dicevano gli altri, ma quella volta non aveva potuto farne a meno.

“Sai,” disse all’Onorevole quello che aveva detto che schifo in tedesco e che aveva una faccia tanto butterata che sembrava una pizza, “per quanto mi sforzi, io non posso capire questa tua mossa. Sei stato eletto due volte deputato, sei giovanissimo, non sei uno qualunque e sono convinto che innanzi a te si aprirà una carriera brillantissima, piena di successo e di gloria. Ora però, tu, e alla tua età, vuoi ritirarti e andare addirittura in pensione!”

Era stata quest’ultima frase che aveva attratto l’attenzione di Paolo. Non riusciva a credere alle proprie orecchie e ai propri occhi. Quel signore così giovane, ben fatto e pieno di vita andava già in pensione! E perché? E poi aveva diritto alla pensione, lui, alla sua età?

L’Onorevole ignorò il discorsetto accusatorio dell’uomo dalla faccia butterata e si rimise a guardare con più attenzione di quanto aveva fatto prima le meraviglie che lo circondavano.

Un sole pieno bello primaverile riscaldava il paesaggio alpino. Montagne valli colline laghi pianure gli sfrecciavano davanti agli occhi. Sulle cime più alte c’era ancora la neve che mandava riflessi bianchi brillanti. Giù, il primo dei due laghi, calmo grigio profondo, dava un senso di pace e di mistero. Si raccontavano parecchie cose su quella massa d’acqua sospesa tra le montagne. Qualche anno prima aveva inghiottito due pescatori perché la loro barca si era capovolta. I loro corpi non erano mai stati trovati. Oltre il primo e il secondo lago, più in fondo, in lontananza, discese, cascate, baite e i campi che si confondevano col filo dell’orizzonte. Quel superbo panorama invitava alla contemplazione, agli elogi della natura, alla gioia di vivere.

Nel prossimo post: seconda parte

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  1. By Assunta Di Giorno

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