L’editoria nel Paese delle meraviglie
Quando un editore pubblica col sudore dei contribuenti, quando un editore viene pagato dallo Stato per pubblicare libri, quando un editore fa il gioco dei potenti, uno ha il diritto di chiedersi che tipo di editore possa essere. È quello che succede nel Paese delle meraviglie. Molti editori ricevono denaro sborsato dai lavoratori per propagandare la cultura di regime.
Quando compri un giornale, amico lettore, tu pensi che sia pubblicato coi soldi del proprietario del giornale. Dovrebbe essere così, almeno per un prodotto degno di questo genere; dovrebbe essere così, almeno per un editore degno di questo nome, ma non lo è. Invece si pubblica coi tuoi soldi, coi miei soldi, coi nostri soldi, coi soldi dei contribuenti, coi soldi di quelli senza cui nulla nasce, cresce o fiorisce. Di più. Lo Stato predatore sponsorizza case editrici, giornali, riviste e, naturalmente, com’è ovvio, dice loro anche chi e ciò che devono pubblicare. Meraviglioso, non è vero?
Stando al programma di Milena Gabanelli, Report, Rai tre, 27 maggio 2007, Repubblica-Espresso riceve 12 milioni di euro (annui). RCS e Corriere della Sera 25 milioni di euro, Il Sole 24 ore della Confindustria, 18 milioni di euro. La Mondadori, la grande Mondadori, 30 milioni di euro! Il Foglio prende 3.500.000 euro all’anno, Libero, 5.371.000 euro. Il giornale d’Italia per prendere 2milioni e mezzo di euro all’anno ha costituito tramite due deputati il Movimento dei Pensionati Uomini Vivi e, nel 2004, ha finanziato la Lega Nord con (un contributo di) 200 mila euro. La legge prevede contributi anche a società controllate da cooperative e così i giornali di Ciarrapico prendono 5 milioni di euro, L’Unità 6 milioni e mezzo di euro. Europa 3 milioni e 700 mila euro, Liberazione 3 milioni e sette, La padania 4 milioni di euro, Il secolo 3 milioni di euro, ecc. ecc. ecc.
Poi viene lo stipendio dei direttori. Gianluca Paragone, direttore della “La Padania”, 5 mila euro al mese. Stefano Menichini, direttore “Europa”, 4-5 mila euro al mese netti. Giuliano Ferrara, direttore “Il Foglio”, 8 mila euro al mese. Antonio Polito, direttore “Il Riformista”, credo che siano 9200 euro al mese. Vittorio Feltri, direttore “Libero”, 15 mila euro al mese. Maurizio Belpietro, direttore “Il Giornale”, 9 mila euro al mese. Gabriele Polo, direttore “Il Manifesto”, 1470 euro al mese, ecc. ecc. ecc.
Il totale dei finanziamenti diretti e indiretti che costano allo Stato, dice la Gabanelli, (sono) di 667 milioni di euro all’anno (noi sicuramente, lettore, non avremmo mai e poi mai detto che costano allo Stato 667 milioni di euro all’anno, ma che costano ai lavoratori, al popolo, a quelli che sudano sette camicie per portare a casa una miseria, è a loro che costano 667 milioni di euro all’anno e certamente non allo Stato predatore! Questo non lavora, questo il lavoro non lo conosce, questo si appropria con la forza dei soldi di quelli che lavorano per davvero, questo, lo Stato, lo Stato predatore, rappresenta un organizzazione di parassiti, tutto qui!). Ecco, dunque, ecco come viene utilizzato il sudore dei contribuenti: a pubblicare e a propagandare il saggio fare dello Stato!
L’editoria, dunque, con qualche eccezione, nel Paese delle meraviglie, tutto pubblica, eccetto coloro che hanno qualcosa da dire. Per principio, cerca giovani scrittorucoli imberbi, possibilmente quelli che gli editori stessi possono lanciare e magari dire loro cosa scrivere. E ancora. Pubblicano gli scrittori raccomandati da partiti, logge, parrocchie. Uno scrittore che è raccomandato dalla Chiesa diviene subito una celebrità e il suo libro un best-seller. Il tam tam religioso fa miracoli. Lo si traduce in molte lingue. Bisogna rifocillare le menti credenti con altre menti credenti. Qui da noi il nepotismo è imperante, fa ormai parte del nostro dna culturale. Nulla si muove senza la raccomandazione d’una eminenza grigia. Infatti, il Paese delle meraviglie è diventato tutto grigio. Nella terra dell’Indifferenza divina e dello Stato predatore gli scrittori né nascono, né diventano, si raccomandano.
Allora, tu capisci, caro lettore, tu capisci che a queste condizioni, si continua a fabbricare, non un’informazione onesta, obiettiva, sana; non un’arte del raccontare, un’arte feconda, germinale, fresca, che ha qualcosa da dire, ma un’arte che si confà con la visione dell’Indifferenza divina e con quella del suo cagnolino, lo Stato predatore.
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