La favola di Bogududù e la favola di Geova – in 10 post, il secondo

La favola di Bogududù  (II)

 Immaginiamoci, Rossi, disse Orazio Guglielmini a Rossi quella sera mentre si apprestavano a sedersi vicino al fuoco, immaginiamoci un castello, diciamo un castello su Marte, okay? Il periodo storico? Il Medioevo. Il castello, of course, è una mia invenzione. Incomincio così (narro in prima persona o come meglio mi conviene): dico alla gente povera, alla gente che trovo per strada, a casa, ovunque, dico che c’è un castello su Marte nel quale l’anima può trasferirsi dopo la morte. Il signore del castello è Bogududù, un dio grande, che dispone di poteri taumaturgici, che resuscita i morti e che è fornito di immense risorse divine e vitali. Una volta in possesso dell’anima d’un defunto, riesce a fare miracoli, riesce a ricostruire e a rivitalizzare lo stesso corpo che lui aveva sulla Terra, oppure, volendolo, solo con qualche soldino in più, a trasformarlo come lo si desidera e a dargli intelligenza e immortalità.

Naturalmente, all’inizio, quando comincio a divulgare questa favola, non tutti ci abboccano, alcuni mi mandano a quel paese, altri mi aizzano il cane contro. Non mi perdo d’animo. Continuo. Un giorno è il giorno. Trovo uno che crede in quello che dico. Grande! Poco importa quanto falso e incongruente è ciò che dici, Rossi, c’è sempre qualcuno che ci crede. Questo credeva nella mia favola. Importante, decisivo. Grazie a lui trovo un altro e un altro ancora. Comincio a lavorarmeli ben bene questi miei primi seguaci e, via via che li convinco sempre di più dell’esistenza di Bogududù, della mia favole, del mio castello su Marte, incominciano anche a passare la voce in giro. Capitale questo primo passo. Il tam tam, grazie a Bogududù, si era messo in moto.

Un giorno, mentre sono alla ricerca di proseliti, incontro un Rossi, uno di quelli a cui manca tutto e ha fame di tutto. Questi crede a tutto quanto gli dico. Figurati, è un Rossi! Dopo la morte, mi dice che vorrebbe un posticino nel castello su Marte. Solo qualche metro quadrato, specifica titubante, ma con sentita avidità. “Voglio anche essere trasformato in un bel giovane intelligente e molto ricco,” aggiunge.

“Nessun problema, gli rispondo, tutto quello che vuoi, lì puoi ottenerlo”.

La mia risposta l’ha reso felice. Basta poco, come vedi, Rossi, per rendere felice un Rossi. Gli faccio capire anche, of course, che una sua piccola offerta al movimento bogududiano sarebbe auspicabile. Non ha tanti soldi, sborsa quelli che ha. Poi se ne va felicissimo. E non ci crederesti, inizia anche a passare parola. Arrivano altri Rossi!

A questo punto, La favola di Bogududù ha preso il via. Incomincio a pubblicizzare e a vendere il castello su Marte e il Signore che ci abita, Bogududù. Una volta descritto ed elogiato come si deve Bogududù, questi suscita fiducia. Scelgo e indottrino alcuni, i migliori, quelli che credono ciecamente ma non capiscono, a diffondere la favola di Bogududù. Affido loro l’arduo compito di procacciare proseliti. Ne sono orgogliosi, lo fanno con zelo, entusiasmo. Tengo riunioni ai nuovi arrivati e fornisco descrizioni sul dio Bogududù. Racconto quasi sempre la stessa cosa. I soliti miracoli di Bogududù e della bella vita che si fa nel castello su Marte. La cosa funziona. I convertiti aumentano di giorno in giorno.

Incomincio a vendere le camere del castello su Marte, proprio come faceva, e forse lo fa ancora, il mago di Sanremo. Costui riusciva a vendere, ai creduloni del Paese delle meraviglie, camere in paradiso a fior di quattrini. Pare che gli desse anche la ricevuta. Questi, poi, alla loro divina morte dovevano mettere nel feretro la ricevuta rilasciatagli dal mago, così san Pietro li avrebbe accolti in paradiso e gli avrebbe assegnato la loro camera.

Il tam tam continua a farsi sentire. Arrivano nuovi convertiti ad ogni ora del giorno e della notte. Nel nostro esercito bogududiano accettiamo tutti: omosessuali, ladri, banditi, criminali, prostitute, terroristi, pezzenti, ricchi, poveri, nobili, barboni, idolatri, ubriaconi, avanzi di galera, squilibrati, visionari, folli, malati, vecchi, giovani, rivoluzionari, idioti, legionari, principi spodestati, re, morenti, psicopatici, disertori: in breve, il primo e l’ultimo della società, la crema e la feccia della Terra, tutti, nessuno escluso, sono i benvenuti. E una volta che fanno parte della nostra divinissima organizzazione, li difendiamo, a torto e a tagione, a spada tratta.

A questo punto, il mio bluff è diventato un vero e proprio business, una trovata fantastica, una favola incantatrice. Non dimenticare, Rossi, che mi sto indirizzando alla gente del Medioevo il cui quoziente d’intelligenza è quello che è. Quindi, la grande impostura ha preso il via. Sento che non la si ferma più.

Nel prossimo, La favola di Bogududù (III)

Tratto da L’Indifferenza divina

 

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