Nicolò
“Considero Francis Sgambelluri uno degli autentici narratori trascurati dalle grandi case editrici”, Giuseppe Possa.
È giorno. Rumori di motociclette, vespe, biciclette, muli, carrette, somari, qualche macchina: gente di Calvario e dei paesi circostanti che si reca al lavoro. Nicolò giace sul letto tutto vestito. Ha dormito poco e male. Si scuote, si alza. Si sente intontito. Si guarda intorno sorpreso. Trova cose che non ha visto il giorno prima. In fondo a un baule c’è uno scialle della madre, due fotografie, una del padre, di quando era in guerra, l’altra del fratello, anch’egli in divisa. Della sorella niente. S’accorge di avere una gran voglia di caffè, di qualcosa di caldo da mandar giù. In casa non c’è nulla, solo ricordi. Il posto risveglia in lui un mondo che pensava di aver seppellito. Invece non è così. Non vuole comunque ricordare, non ora. Si sciacqua in fretta la faccia con dell’acqua presa il giorno prima alla fontana, si riavvia i capelli, esce.
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