Lo Stato, gli Sbirri, il Popolo

 

Il mondo per com’è e non per come si vuole che sia

 

Art. 1 della Costituzione: L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranita appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. 

 

Gli sbirri, se stiamo ai fatti, sono il nemico numero uno del popolo. In ogni ribellione, rivolta, protesta, chi si trova davanti il popolo a contestarlo? Non i sovrani, non il padronato, non i politici, si trova davanti gli sbirri. E a quale classe sociale appartengono gli sbirri? A quella del popolo. Gli sbirri sono i figli, i fratelli e le sorelle del popolo. Sono, dunque, i figli di quel ceto sociale senza il quale nulla nasce, cresce o fiorisce. Detto diversamente, i castelli, le ville, le macchine e il cibo sui tavoli, se non ci fosse stato il popolo a costruirli e a produrlo, non ci sarebbero.

I briganti legalizzati, santificati, istituzionalizzati e immunizzati che rappresentano lo Stato, da quando il mondo è mondo, hanno beffardamente e machiavellicamente usato il popolo per servirli, nutrirli e arricchirli e i figli del popolo, gli sbirri, per difendere con la loro vita i loro averi e i loro poteri, averi e poteri che hanno ottenuto grazie ai genitori di quelli che li difendono a spada tratta a torto e a ragione.

Questo dimostra, in modo così lampante che lo possono capire anche i bambini, quanto sia facile fregare il popolo povero e analfabeta, quanto lo si può usare, sfruttare, umiliare e renderlo un oggetto di scherno e uno zero assoluto. In altre parole, il principio della “rana bollita” di Noam Chomsky, vale anche per il popolo. Una volta che la rana è finita nella pentola piena d’acqua, non ha più scampo, cuocerà senza neppure accorgersi fino alla morte, così il popolo una volta venuto al mondo.

Questo dimostra anche che tra gli animali della giungla e gli animali umani, le cose non cambiano molto: i più forti dominano sui più deboli. Con questa differenza: tra gli esseri umani la debolezza non è necessariamente fisica come lo è nella giungla; tra gli esseri umani la debolezza è culturale, e cioè tra gli istruiti e gli incolti. Detto diversamente, fra quelli che preparano la pentola e quelli che ci fineranno dentro senza neppure saperlo.

Per il sant’Agostino delle “Confessioni”, il popolo bisogna lasciarlo povero e nell’ignoranza più totale, perché solo così rimane un nulla e crede e obedisce ciecamente a quello che gli viene ordinato dall’alto, dal basso e da tutte le parti.

A volte io mi chiedo, particolarmente quando guardo una manifestazione in tivù, io mi chiedo: “Quando uno sbirro manganella, picchia, arresta e porta in prigione un suo fratello di classe, cosa prova?” Lui sa, sono sicuro che lui sa, sa che sta bastonando e arrestando un suo fratello, una sua sorella, un essere del suo stesso ceto sociale, cosa prova lo sbirro in quel momento?

Lui stesso, facendo il lavoro che fa, un lavoro pericoloso, delicato e difficile, avrebbe dovuto essere ben pagato e ben rispettato sia dai suoi superiori che dal popolo che lo partorisce, ma lo è? No! È temuto dal popolo, questo sì, ma rispettato no; dai suoi superiori è solo usato. Anche lui, dunque, come il popolo, sfruttato e umiliato dall’Establishment nonostante lo difende con la propria vita!

Perché, io mi chiedo ancora, perché nessun’altra specie, in tutto il regno animale, si comporta nei confronti dei suoi simili così barbaramente e ignobilmente come si comporta la “specie homo”?

 

 

 

 

 

 

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