Andare a votare, E PER CHI? (Post ritoccato)

 

“L’unica ragione per cui il “male” trionfa,

è che gli uomini buoni non lo contestano.

In altre parole, sono dei vigliacchi!”

 

Orazio Guglielmini

 

In un paese dove i cittadini sono informati, rispettati, illuminati, emancipati culturalmente e politicamente; dove hanno un senso critico, civico; sanno, conoscono, capiscono quello che devono e non devono fare; sono coscienti che con il loro voto possono migliorare o peggiorare la sorte del loro paese e della loro vita, in un tal paese, oltre a capire che “andare a votare” è un dovere, i cittadini sono anche desiderosi e contenti di “andare alle urne” per scegliere il candidato o i candidati che guideranno per un tot numero di anni il destino del loro paese. Questo va benissimo. Però, nel nostro paese, sia i nostri cittadini che i nostri politici, sono a questo livello di cultura politica e sociale?

Lasciamo perdere se il popolo sia preparato per andare alle urne o meno, e prendiamo in esame coloro che il popolo “deve” (non esattamente, però…) votare, i gestori della res publica, i politici. Questi signori sono preparati, obiettivamente e democraticamente preparati per questo compito? Ne siamo sicuri? L’esperienza che fa il popolo dopo le elezioni non lo dimostra. Per il popolo, infatti, l’esperienza non cambia: chiunque manda al potere, comunisti, democristiani, liberali, chiunque, il risultato è lo stesso. In un modo o in un altro, dopo ogni elezione, lui si troverà sempre più povero e i suoi sfruttatori sempre più ricchi. Sì, lo so, so che in politica tutto è normale, però è questo tipo di “normalità” che noi, noi del popolo, vogliamo?

Entriamo adesso nella testa dei nostri signori politici e vediamo quali sono i loro obiettivi quando arrivano al potere. Eccone alcuni:

Per il classico politico italiano, la prima cosa che fa una volta al potere (in realtà non ha neppure bisogno di fare, il Sistema glielo permette!), è di riempirsi le tasche.

La seconda è di aiutare la sua famiglia.

La terza di rimangiarsi tutto quello che aveva promesso durante la campagna elettorale.

La quarta è di aiutare i suoi amici e quelli del suo partito.

La quinta di restare al suo posto in parlamento a qualunque costo e sforzo vita natural durante.

La sesta è di prendersi in seguito una pensione d’oro.

Ecc.

Ora vediamo quali sono le sue doti professionali. Infatti, quali sono le qualifiche del signor politico italiano: la sua abilità tecnica, il suo talento amministrativo, la sua folgorante perizia sulle necessità del paese e sugli happenings, la sua diplomazia, il suo savoir faire, il suo spirito di leader, la sua abilità governativa, la sua statura nazionale e internazionale, quali?

Possiamo rispondere francamente e deliberatamente a questa domanda, e possiamo farlo perché abbiamo tonnellate di storia che ce lo confermano, e possiamo dire che, grazie alla sua formazione storica e culturale, le sue qualifiche sono scadenti e questo anche se ha dieci lauree. Eccezioni? Anche se ce ne fosse qualcuna, non servirebbe a nulla. In un campo di erbacce, un fil di grano è spacciato.

Ecc.

Vediamo ora come si comportano i suoi colleghi all’estero. Ad esempio, i francesi, gli americani, i tedeschi, gli inglesi, gli scandinavi, gli australiani, gli svizzeri, i canadesi, gli austriaci. Certo, c’è anche qualche sgrammaticatura in questi paesi, ma è solo una sgrammaticatura, il resto del testo è solido. In questi paesi, i politici, una volta eletti, cercano con tutte le loro forze e le loro abilità di migliorare il loro Paese, non fosse che solo d’un tantino, ma migliorarlo comunque, renderlo più ricco e più democratico di come l’hanno trovato all’inizio del loro mandato. Possiamo noi italiani dire la stessa dei nostri politici?

Prendiamo ora gli sprechi. Questi sono, a dir poco, drammatici, tragici, assurdi. Gli sprechi, però, non li fa il popolo, li fanno loro: i politici. Gli sprechi li creano loro con la loro incompetenza, ignoranza, strafottenza e soprattutto con il loro talento: l’unico che hanno e che utilizzano per gli sperperi, per i lavori inutili e per scialacquare il denaro pubblico.

Siamo il paese più indebitato al mondo. I nostri figli quando nascono, sono già debitori dello Stato di almeno 400 mila euro! Siamo quasi gli ultimi della comunità europea. Stiamo per finire, anche se questa realtà ci sfugge o non ne vogliamo sapere, in un baratro senza fondo e tutto questo per merito di chi?

Ecc.

Come dovrebbe essere la fedina d’un politico, di colui che dovrebbe essere da esempio etico e morale a tutto il suo paese? Ecco cosa ho trovato su Internet: “Nel 2012 la lista degli indagati/condannati in parlamento era di 117”. Centodiciassette criminali in parlamento! E oggi? E vi pare normale tutto questo? Normale che il nostro parlamento sia gremito di gente indagata e condannata? Insomma di banditi, non briganti di alta montagna, ma di banditi in parlamento!

Una volta, da ragazzo, mi avevano fatto credere che il brigantaggio fosse una caratteristica del Sud. Poi, crescendo crescendo, ho capito che il vero brigantaggio non è quello sciancato, ma quello vestito di porpora, giacca e cravatta e si trova a Roma.

Ecc.

Questa è solo la punta dell’iceberg della politica italiana e, vogliate crederlo o no, avrei voluto che non fosse così!

Ora io mi chiedo, tenendo conto di quanto detto, con quale autorità morale, con quale diritto, con quale spirito, con quale cognizione, con quale umanità, il politico italiano può chiedere al popolo, quello che lo paga e lo mantiene, di andare alle urne e a votarlo?

Ebbene, di fronte a questo devastante panorama politico, come dovrei io, io cittadino, io lavoratore (è la mia ferma credenza che senza i lavoratori nulla nasce, cresce o fiorisce nel paese, nulla, proprio nulla!), io contribuente, io che costruisco il paese, io che lo difendo, io che muoio in guerra per esso, io che so, che faccio sacrifici, come, come dunque dovrei comportarmi?

Posso io andare a votare? E PER CHI? E con quale spirito? Come, insomma, potrei votare chi distrugge il mio paese? Come potrei votare chi sporca l’immagine dell’Italia in casa e all’estero? Come potrei votare chi, oltre al danno, mi prendi anche per il culo? Come potrei andare a votare uno che fa scempio delle istituzioni?

Basterebbe citare solo due frasi del primo e del terzo articolo della Costituzione per dimostrare quanto siano una presa in giro quelle infelici macchioline d’inchiostro nero, solo queste due frasi: “La sovranità appartiene al popolo!” (l’esclamativo è mio), e “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociali”. Che volgarità! Che cinismo! Che presa in giro! E dove e quando e come e con chi il popolo è sovrano? Sovrano della sua miseria? Grande! Tutti i cittadini hanno pari “dignità”. E dove si trova la dignità del popolo? E che tipo di dignità è la sua? E cosa s’intende qui per dignità? Il popolo non ha nessuna dignità, mai avuta, non in questo paese. A cosa servono allora queste belle parole della Costituzione Italiana? Parole, parole, parole, solo parole sia in bocca che per iscritto!

Ho 76 anni. Ho iniziato a lavorare quando ne avevo 9, subito dopo la terza elementare. Ho dovuto andarci. Questione di restare in vita o di morir di fame. Ho servito anche il mio paese sotto le armi. Ho sempre faticato a casa, all’estero e pagato le tasse. E per tutto questo ora il mio amatissimo paese, la mia amatissima Costituzione, mi onora dandomi 263 euro e 22 centesimi al mese! E tutto questo alla faccia di tutti quelli signori politici che, dopo solo mezza legislazione, ovvero 2 anni e mezzo di dolce far niente al parlamento, vanno in pensione con 3/4 mila euro al mese! Ecco la sovranità del popolo, ecco la sua dignità!

Andare a votare, dunque. Per me andare alle urne è, prima di tutto, una questione morale, etica, umana, democratica: DI CIVILTÀ! Di più. In quest’atto, in questo gesto, in questo istante di libertà storica, non si tratta solo di votare, si tratta anche di scegliere se si vuol vivere con dignità oppure da invertebrati. La mia scelta, a questo punto, dovrebbe risultare ovvia a chi mi ha letto fin qui. E, infatti, è così. No, io non vado a votare il mio carnefice, mai in queste condizioni!

 

UN INVITO: Se l’articolo è stato di vostro gradimento, passate parola, condividetelo, criticatelo, dite ciò che pensate. Per crescere e maturare culturalmente (non biologicamente, di questo si occupa la natura), abbiamo bisogno di comprendere, di comunicare, di confrontarci, di dire la nostra, brutta o bella che sia. Fatelo! La vita è qui e ora e poi mai più. Non perdetevi questo confronto con voi stessi e coi vostri simili. Siamo tutti degli esseri umani. Vale a dire, nessuno uomo è più che un uomo. È così che Orazio Guglielmini parla agli amici del Web.

 

Comments

  1. By Elisabeth Dean

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