Benvenuti nel regno dell’assurdo, * una riflessione sulla vita, sulla morte e sulla vera natura del mondo
“Il Grande Tutto per com’è
e non per come si vuole
che sia.”
Orazio Guglielmini
Tanto per cominciare, NON CRESCIAMO PER VIVERE, CRESCIAMO PER MORIRE. Siamo costruiti non per la vita, ma per la morte. Nessuno sfugge a questo verdetto. Schiavi, prigionieri, servi, dalla nascita alla morte, d’un incubo chiamiato vita. Per tutta la sua durata siamo in balia di qualcosa che non abbiamo mai visto o parlato insieme. Nati, quindi, non per vivere, ma per morire. Ogni secondo, ogni palpito, ogni sguardo, ogni parola, è un secondo, un palpito, uno sguardo e una parola meno da vivere. La vita scorre, volente o nolente, verso la morte, verso la fine, la fine della fine. L’innominabile verdetto ha deciso il nostro destino ancora prima che nascessimo.
Ho chiesto io di nascere? Hai chiesto tu di nascere? Qualcuno ha chiesto di nascere? Nessuno, eppure tutti qui tenuti stretti stretti tra gli artigli d’un destino assurdo e mortale. Il nostro è il regno dell’assurdo. Questo è il nostro mondo. Un mondo senza occhi, orecchi, cuore, cervello, un mondo cieco, bizzarro e innominabile.
Creature, mentalmente fuori di senno, lungo la storia dell’assurdo hanno cercato di consolarsi per ragioni private e/o collettive inventandosi un sacco di nonsenso mentale, di stupidaggini, di cose e idee che oltre a essere sciocche e grottesche, erano e sono anche irrazionali e prive di significato.
Arthur Schopenhouer, il filosofo tedesco, soleva dire, se si potesse scegliere fra queste tre opzioni: nascere, morire non appena si nasce o vivere una vita intera, per lui la prima scelta sarebbe stata quella di non nascere, la seconda quella di morire non appena nato, e la terza di vivere solo per il piacere di vivere e al momento giusto avrebbe deciso lui stesso la sua fine.
Non importa da quale prospettiva si vede questo business di vivere e morire, perché, da qualsiasi prospettiva si contempli, realisticamente parlando, non ha senso, non ha nessuna spiegazione, nessuna logica. Tutti, uno dopo l’altro, aspettando il nostro turno di morire, di essere uccisi e da chi? Ecco la domanda delle domande: E DA CHI? Chi ci uccide? La vecchiaia? Ridicolo anche pensarlo!
Lavori duramente, molto duramente e facendo anche sacrifici per tutta la vita, e quando inizi a rilassarti e ad apprezzare un po’ i frutti della tua fatica, il tuo dottore ti annuncia: “Signor Nulla, lei ha un tumore!”
Quando sei solo in casa, in campagna, in montagna, in qualsiasi parte del mondo, e ti succede qualcosa di brutto e ti metti a gridare aiuto, se non ci sono altri esseri umani vicino a te, niente e nulla, assolutamente niente e nulla ascolta le tue urla, ti vede o ti aiuta. Sei solo, proprio come gli alberi, gli animali, l’erba e le pietre che ti circondano.
Lamentarsi, gemere, implorare pietà alla grande massa cosmica, e per cosa? Per quale scopo? Ragione? Tempo sprecato. Questo è il mondo in cui viviamo, il resto è fantasia.
La regola d’oro in tutta questa meraviglia che ci accerchia è: MANGIA O VERRAI MANGIATO. Questo è ciò che accade tra i fenomeni inanimati e animati che l’abitano. Le stelle mangiano altre stelle, gli animali altri animali, le piante altre piante, tra gli esseri umani, ad eccezione dei cannibali, una parte di loro ha imparato a mangiare i propri simili sfruttandoli e derubandoli della vita, un altro modo per mangiarli.
Come si può, allora, date queste condizioni, accettare questo affare chiamato vita senza ribellione? Vivere, morire e per cosa? Però, vivere e morire senza dire nulla contro questa melodia esistenziale, solo le pietre possono farlo e io non sono una pietra!
Questa umana troppo umana esplosione è dovuta all’impotenza? Affatto. È la paura della morte? Nemmeno. È dovuta alla vecchiaia? Neanche. Personalmente, fin da piccolo, da quando ho sentito parlare per la prima volta della morte e ho capito di cosa si trattava, d’allora in poi ho sofferto la sua violenza assurda e diabolica ogni singolo giorno.
Il verdetto? C’è un verdetto? Magari ci fosse stato! Almeno saremmo venuti a conoscenza di colui che ci martirizza dalla nascita alla morte.
Il problema, il vero problema con questa calamità di vivere e morire, è dover venire a patti con il grottesco, con un mondo cieco e sordo, un mondo dove tutto può accadere nel modo più cinico e imprevedibile che si possa immaginare.
Se a casa e a scuola ci avessero parlato con saggezza e umanità di questo trauma esistenziale, probabilmente, più tardi, quando saremmo cresciuti, l’avremmo accettato con meno ribellione e problemi. Ma a casa e a scuola ci hanno riempito la testa con un sacco di falsità e nulla più.
Non capisco, oggi, alla mia venerabile età di 77 anni, perché tutto questo accanimento, tutta questa violenza per qualcosa che non esiste. Non è meglio, molto meglio, accettare il mondo per com’è e non per come NOI VOGLIAMO CHE SIA? Perché, perché preferire la falsità alla realtà? Qui c’è qualcosa di non umano, per nulla umano, qui c’è qualcosa di ottuso, qualcosa come le pietre e i fenomeni che le compongono.
Poiché io non mi considero una pietra, quindi non posso terminare questa riflessione sulla vita, sulla morte e sulla vera natura del mondo come una pietra. Affatto. Voglio piangere per tutti coloro che sono inconsapevoli del loro destino e per tutti coloro che lo sono, ma soprattutto voglio piangere e versare mari di lacrime scottanti da coprire l’intero universo, lacrime piene di vita e di amore, amore per quelli che sanno che anche in un mondo assurdo e cinico, la vita è unica, è bella ed è fantastica!
* Il filosofo tedesco, Leibniz, quando scrisse che “viviamo nel migliore dei mondi possibili”,o era oppiato di vuoti ideali o aveva tracannato litri e litri di birra.
UN INVITO: Se l’articolo è stato di vostro gradimento, passate parola, condividetelo, criticatelo, dite ciò che pensate. Per crescere e maturare culturalmente (non biologicamente, di questo si occupa la natura), abbiamo bisogno di comprendere, di comunicare, di confrontarci, di dire la nostra, brutta o bella che sia. Fatelo! La vita è qui e ora e poi mai più. Non perdetevi questo confronto con voi stessi e coi vostri simili. Siamo tutti degli esseri umani. Nessuno uomo è più che un uomo.
Bellissima riflessione, condivido al massimo. Bravo!
Sentirsi vivi è : entusiasmo, godimento, esaltazione, amore, felicità, forza e servizio.
É un invito al suicidio?
Ecco: quando sono di cattivo, anzi, pessimo umore, mi leggo un pistolotto di questo genere e torno sereno come una mammola o pappola, fa lo stesso.
Sono riflessioni che faccio tutti i giorni della mia vita in questi ultimi anni, oltre la natura che per quanto bellissima, ha equilibri crudeli, molti uomini, non so quanto umani siano, hanno fatto anche di peggio. Omicidi, abusi di ogni tipo, inquinamento per un pugno di dollari e di potere. Una parte dell’ umanità non è innocente, una parte è troppo fragile per reagire, l’altra si aggrappa a tutto.
Ma ricordiamoci cosa siamo…?? Non lo sappiamo esattamente…. la scienza ci dice che siamo composti di atomi etc, e l’atomo è vuoto al 99,99%, dunque siamo vuoto. Chi nasce e chi muore?
Non sappiamo nulla …., senza sperimentare non è possibile essere certi di nulla è questa la verità.
Questa consapevolezza è basilare per abbandonare la superficie ed entrare nel vivo della questione..
Ciò non toglie che dare un senso a qualcosa che pare non averne è difficile da morire. Ma qualcosa che tu hai è la compassione, ciò è fondamentale. Bene forse una unica ragione ha un senso Amore … tutto il resto è noia.
Homo homini lupus, è questo il vero problema dell’umanità, è l’uomo che può essere il paradiso o l’inferno per un altro suo simile. In un mondo dove si spendono migliaia di miliardi di dollari, le migliori risorse scientifiche e tecnologiche per costruire armi sempre più sofisticate, sulla pelle di gente che non riesce a fare un pasto decente da quando è nato, dove l’ipocrisia regna sovrana e senza vergogna ne ritegno. Riusciremo mai ad evolvere verso una umanità meno “lupus” e più “homo”? Purtroppo finora l’evoluzione è stata solo tecnologica, ma le pulsioni sotterranee che covano dentro di noi, sono le stesse di quando giravamo coperti di pelli con le lance e le clave.
Bene, è come se avessi scritto io, l’Identità non mente, il carname invece s’illude di questa stupida vita ridicola, monotona, illusoria, gravosa, imprevedibile, spietata, nemmeno quando è straziata dagli eventi nefasti può rinsavire e vedersi per ciò che è: una triste carne sbattuta dagli eventi fino alla morte.
Vedere ciò che noi vediamo non è casuale, un mondo prone a leggi malvage e inescusabili, un carcere dove i detenuti non sanno perchè ci stanno, e addirittura nemmeno se lo chiedono, anzi gongolano felici tra un disastro e l’altro.
Non so tu, ma io appena aperti gli occhi in questo “posto” guardai il soffitto pensando con sgomento: Sono nato!
Quindi via l’ipotesi di traumi che durante la vita mi hanno portato a questa visuale, questa prigionia l’ho avvertita immediatamente e l’ho subita per molto tempo, ma ora so da chi proviene, e questo mi basta per il verdetto finale.
Un mattatoio-nosocomio-manicimio di pupazzi contenti è questo pianetucolo sospeso tra la vita e la morte, altalena che a loro non fa venire il voltastomaco essendo chimere, nemmeno dei loro figli si preoccupano, peggio delle bestie.