È Lei, la riconosco! – 2 post, il primo
Mi capita, non spesso, ma mi capita di essere attaccato da sbruffi, sbruffi di smarrimento, d’ansia, d’angoscia. Non perdo tempo. Corro subito al controattacco. Per prima cosa faccio un bagno, un bel bagno profumato ascoltando musica, musica non romantica; canto anche, non canzoni rompi cuore, ma canzoni come “Here I am” di Prickily; poi mi faccio la barba, mi profumo; in seguito esco, vado a comprarmi qualcosa, qualcosa che mi piace, un foulard, un libro, un dvd; vado a mangiare in un ristorante carino; a prendere il caffé in un bar dove c’è una bella ragazza; la sera cucino o faccio cucinare pietanze con spezie piccanti e di piacevoli odori; dopo cena mi sento con qualche amico/a; se danno un film comico al cinema, vado a vederlo, soprattutto non faccio sesso, non nel periodo degli sbruffi, sarebbe fatale: “Dopo il rapporto ogni animale è triste”. Gli antichi a volte non sbagliavano, quindi niente sesso. Sono abbastanza triste per conto mio. Grazie! Leggo. Leggo libroni. Niente. Nessuno aiuto. Non insisto. Cerco di pensare a cose divertenti, a qualche gita in montagna, vacanza al mare, avventura buffa e stravagante. Non voglio prendere farmaci, non mi pare il caso, non voglio andare dal dottore, non può aiutarmi, non può aiutare neppure se stesso da questo genere di malattia, sempre sé la si può definire una malattia!
Le provo tutte pur di sfuggire agli sbruffi, all’angoscia che sento che mi sta invadendo nonostante tutti i miei sforzi per sfuggirle. Comincia ad irritarti. Decido. La sfido. Le sferro un attacco frontale. Salgo in soffitto, piazzo lo sgabello, preparo il nodo scorsoio, lego la corda alla trave principale, mi accerto che sia attaccata bene, salgo sullo sgabello, metto la testa nel cappio, che allegria!, stringo la fune al punto giusto, al punto di sentire la pressione sulla pelle del collo, mastico gli ultimi pensieri, pensieri non nitidi, ma confusi, sono pronto e, nonostante sia arrivato a questo punto, nonostante ciò, nonostante questa stupenda prospettiva di fronte a me, le cose non cambiano di un’acca, gli sbruffi di smarrimento, d’ansia, d’angoscia rimangono, non retrocedono, non hanno nessuna pietà. Niente da fare. Tutto tempo sprecato. Lo so, lo so fino alla nausea, so che, anche se le do filo da torcere per qualche tempo, alla fine vince sempre lei, la Signora delle tenebre!
No, non posso sfuggire agli sbruffi, non posso evitarli, quando arrivano arrivano. Sono come la depressione, una specie di malattia fantasma, ma ben diversi della malattia. Gli sbruffi a volte si trasformano in rigurgiti di vita indigesta, in volgarità mentali, in quello che inghiotti ma non digerisci, insomma in tutto quel nonsenso del vacuo vivere, quel vivere che non è vivere, ma un insulto al vero vivere. Questi fenomeni esistenziali non hanno regole, sono come delle mine vaganti, fonti di timore e di preoccupazione. E poi non sei mai sicuro quando ti aggrediscono. Una giornata serena e piena di sole, eccola iniziare ad essere oscurata da una nebbiolina insidiosa e offuscatrice. Tutto lo humour cambia e, da un momento all’altro, tu non sei più tu.
Niente, pensavi di sfuggirle, pensavi di avere delle risorse interiori e non appena a contatto con Lei ti rendi subito conto che tutti i tuoi stratagemmi, piani di attacco e dote conoscitive, alla fin fine, non servono a nulla. Anzi, sono proprio quelli che ti rendono la cosa più difficile.
Nel prossimo post, parte seconda.