Erri de Luca e la sua fissazione

Tutte le volte che sento Erri de Luca parlare di traduzione della bibbia, di yiddish, d’ebraico antico, di religione, mi fa ormai una pena infinita. Si sente che è una sua fissazione, un suo complesso, un infantilismo connaturato. Però, a lui, il mestiere di teologo, di filologo, di babbeo credente, dopo tutto quello che ha vissuto, non si addice affatto. Il suo prossimo libro che è il tema d’una famiglia ebrea, calca, consciamente o inconsciamente, la sua ossessione per argomenti biblici, per non dire poi che si tratta ormai d’un argomento super sfruttato. Niente, certe persone a volte sono proprio destinate!

Invece, il tema rivoluzionario, il tema dei brigatisti, il tema di Piazza Fontana, il tema della stazione di Bologna, il tema Moro, il tema della sua vita di operaio e delle sue lotte, ecco un tema interessante e che dovrebbe essere sviluppato, particolarmente nel modo in cui de Luca l’ha abbozzato nell’intervista con Lilli Gruber a Otto e Mezzo. La rivoluzione è una pianta sempre verde. Solo che c’è rivoluzione e rivoluzione. Quando Erri parla di rivoluzione sana e rivoluzione malata, ecco un argomento interessante. È su questi due tre tipi di rivoluzione di cui lui dovrebbe scrivere e parlare.

Non so proprio quanto di quello che scrive e traduce della Bibbia e nei suoi racconti sopravviverà alla sua morte, ma sono convinto che il tema della ribellione sociale, per come si è svolta qui in Italia, potrebbe avere lunga vita. L7/08/04/12.

 

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