Esiste o non esiste l’ “io” ?
Sì, esiste. Non esiste come esiste un albero, una pecora, un pianeta, ma esiste come cosa impalpabile, spettro, agente invisibile. Non parla una lingua, ma tutte le lingue; non ha una conoscenza, ma tutte le conoscenze, non ha una forma fissa, perché non ha, all’apparenza, nulla di solido, ma può prendere, per contro, tutte le forme. Infatti è un io senza forma capace di prendere tutte le forme. L’io, il mio “io”, è tutto ciò che io rappresento, sono, ho e so.
L’ “io” è una trasformazione dell’istinto di sopravvivenza e qualsiasi cosa faccia, buona o cattiva, cerca sempre di giustificarla. Non vuole conoscere colpa. La razionalizza, la giustifica, non l’accetta. La colpa ce l’hanno sempre gli altri. Come l’istinto di sopravvivenza non viene mai a patti, così l’io; come l’istinto si sveglia quando il corpo gli sollecita qualche bisogno, così l’io si fa avanti tutte le volte che viene chiamato in causa, altrimenti lui c’è ma non si vede né si sente. L’ io è al servizio dell’auto-conservazione.
Non esiste un “io” schietto, puro, democratico, pronto ad assumersi colpe, vizi, sbagli, crimini. L’io che ci siamo creati è un io nato dall’egoismo. Questo è il suo monarca. Nella sua multinatura, l’io domina l’essere umano come un despota. Freud afferma il contrario, ma non è vero. Un corpo senza un io è un corpo allo sbando. L’io, comunque lo si vede, è il capitano del corpo in cui è nato e vive; l’io di cui parla Freud è un io debole, più fantastico che reale.
All’io freudiano e all’io dell’auto-conservazione, oppongo l’io della volontà. Un’azione eseguita dal corpo, dev’essere sempre firmata dall’io: padrone del corpo. L’io è volontà, volontà pura: tiro il grilletto, colpisco il bersaglio; ho fame, mangio; ho un’idea, cerco di realizzarla; ho voglia di correre, corro. L’io concretizza il mio volere. Il volere e l’io sono tutt’uno.
Eppure è così: l’io si auto-illude, si auto-imbroglia, si auto-punisce, si auto-distrugge. Anche questo fa parte della volontà dell’io. L’io è, dovrebbe essere, il signore del proprio corpo; il suo padrone e il suo schiavo, pur rimanendo sempre il signore.
Un corpo senza io è come una nave senza timoniere. L’io è, in ogni istante, la totalità dei suoi atti. Anche se è determinato dalla biologia e dalla cultura in cui nasce, per quanto paradossale possa apparire, è comunque lui, per il bene e per il male, il responsabile delle sue azioni. L’io si fa portavoce, dovrebbe!, di ogni azione. In essa compendia tutta la sua sapienza e saggezza. In casa sua è lui, l’io, l’avvocato, il giudice, la giuria e il tribunale.
È sempre e ovunque sintesi conoscitiva. In ogni azione, ci stampa sopra il marchio della sua sensibilità, astuzia, savoir faire. Non si può dare un aspetto fisico all’io, ma, in realtà, non c’è nulla di più fisico dell’io.
Vedere Ha un senso la vita?
Finalmente qualcosa di sensato che identifica la grande importanza dell’io in tutti i suoi aspetti… tutti quegli pseudo illuminati buddisti vorrebero eliminare l’io conferendo importanza solo al sè, ma non si accorgono che così facendo sarebbero in balia degli istinti primordiali e si perderebbe definitivamente la vera essenza dell’essere umani.
I buddisti stessi si illudono di riuscire a comunicare con l’ambiente esterno senza il condizionamento da parte del’io, ma questa è pura follia ed è materialmente impossibile…ciò che predicano e pensano riguardo all’ io è anch’essa una costruzione filtrata dall’ io stesso.
Dire di poter vivere senza l’io e solo con l’es è come affermare che si può respirare con i polmoni ma con le uscite respiratiore tappate.