Fiori di sierra – Indice e Nota Introduttiva

Fiori di Sierra
romanzo

Francis Sgambelluri
via Addis Abeba, 12
13900 Biella (BI)
Italy
Tel.: 015 – 8495439
email@francis-sgambelluri.com
www.francis-sgambelluri.com

 

CASA EDITRICE: CONTRO CORRENTE

 

Indice:

Nota introduttiva ………………. 4

I fantasmi della fanciullezza ………………. 6

La vita all’estero ………………. 60

Il ritorno ………………. 198

 

Alla mia dolce Musa
e a tutti i lavoratori della terra
senza i quali
nulla cresce o fiorisce

 

Non è la ribellione in sé stessa ch’è
nobile, ma ciò ch’essa esige, anche se
ciò ch’essa ottiene è ancora ignobile.

A. Camus

 

Nota introduttiva

 

Il destino del romanzo, il cui titolo originariamente era “Il ritorno dell’emigrante” e poi cambiato in “Fiori di sierra”, non si è ancora concluso. “Fiori di sierra” è il mio secondo romanzo. Il primo, “Against the grain – Contro corrente”, l’avevo scritto mentre ero in Australia. Non è stato pubblicato e per diverse ragioni: andava rivisto, avevo ripreso a viaggiare, la mia vita in quei tempi era un caos e la scrittura uno sfogo esistenziale.

Ho iniziato a scrivere “Fiori di sierra” subito dopo il mio ritorno in Italia dalla Danimarca. Una parte l’ho scritta mentre studiavo all’Università per Stranieri di Perugia. Scrivevo prima in inglese e poi traducevo in italiano. Questo modo di scrivere mi è costato molto, perché, all’epoca, il mio italiano era pessimo. Non la trama del racconto, questa l’avevo tutta in testa.

Poi, mentre continuavo a girare per l’Europa senza una dimora fissa, sono venuto a trovare un amico italo-australiano, a Biella. Mi sono fermato. La scrittura mi stava a cuore e qui, in questa piccola città, ho scoperto che potevo dedicare il mattino alla scrittura e il pomeriggio all’insegnamento. Quello che volevo. Così, in breve tempo, ho potuto finire “Fiori di sierra”.

Avevo fatto amicizia col filosofo e pittore, il professor Rodolfo Boccalatte. Gliel’avevo fatto leggere. Gli era piaciuto. Verso la metà degli anni Ottanta, l’ho inviato a diverse case editrici italiane. L’hanno tutte rifiutato senza un “perché”.

A Milano, mentre frequentavo un corso di filosofia tenuto dal professor Mario Cingoli all’Università Statale, ad un convegno psichiatrico, ho incontrato lo scrittore Mario Spinella. Gli ho parlato di questo mio dattiloscritto. Voleva leggerlo. Gliene faccio avere una copia. A lettura finita dice che l’avrebbe fatto pubblicare da Feltrinelli. Non ha potuto. Avevano, per mia sfortuna, appena cambiato l’editore e con il nuovo, purtroppo, non andava d’accordo. Il signor Spinella allora aveva inviato una copia de “Il ritorno dell’emigrante” a Jean-Charles Vegliante che abitava a Parigi. Vegliante si occupava di ricerca sulla vita degli italiani all’estero e insegnava. Ecco cosa mi ha scritto dopo averlo letto:

 

“Ho ricevuto il suo dattiloscritto “Il ritorno dell’emigrante” e Le sono molto grato di avermi dato così la possibilità di leggerlo. Infatti l’ho subito letto con attenzione e interesse, e mi congratulo con Lei per la riuscita di un’opera originale, la quale affronta il tema in fondo poco trattato dell’emigrazione (già lo lamentava Gramsci, senza però stupirsene).

“Io faccio ricerca – e lezioni – proprio su “gli italiani all’estero” (compresi, è ovvio, i problemi del rientro), e ciò spiega perché M. Spinella mi abbia parlato di Lei. Dico tutto questo per chiarire anche quanto segue. Il mio interesse è rivolto prevalentemente ai fatti culturali (quindi le opere letterarie mi vanno benissimo: faccio l’insegnante di lingua e letteratura, non di storia o sociologia) …

“Spero che Lei riuscirà a far pubblicare il suo romanzo sia presso la casa di cui si occupa Spinella, sia presso un editore quale “Ciminiera” di Bologna (a cura di V. Guerrazzi) o altri. Sarò felice personalmente di averlo e farlo avere anche alla nostra biblioteca universitaria. Infatti, ripeto, “Il ritorno dell’emigrante” mi sembra un’opera stimabile, anche come testimonianza di un momento storico. Personalmente, sono rimasto poi colpito dai problemi linguistici (italo-francese e italo-australiano sfiorati qua e là…”, Jean-Charles Vegliante, Parigi, 19 maggio 1985.

 

Il professore, sempre nella stessa lettera, dice che avrei dovuto “stringere un po’ le cose”, cioè apportare alcuni tagli qui e là per rendere il racconto più efficace e scorrevole. Ha fatto pubblicare un brano del racconto sulla rivista “Les Langues Néo-Latines”.

 

Il signor Mario Spinella aveva anche accompagnato “Il ritorno dell’Emigrante” con una lettera all’editore Feltrinelli. Eccola:

 

“Il romanzo “L’emigrante”, di F. Sgambelluri presenta motivi assai notevoli di interesse. Si tratta, intanto, di un’  “opera prima” che nasce dal vivo di un’esperienza vissuta in un ampio orizzonte di vita, che gli toglie ogni sapore di quel localismo e provincialismo che sono un limite frequente della narrativa italiana. In secondo luogo la tensione degli eventi non viene mai meno e, senza forzare, tocca momenti di alta drammaticità esistenziale (un solo esempio: l’emigrante che sa solo il dialetto ed è costretto a esprimersi, con una ragazza italiana, in francese). In terzo luogo il tema della “estraneità” – dominante in tutto il romanzo – è affrontato sotto il duplice risvolto della perdita dell’identità culturale (nella prima parte), e della incomunicabilità tra diverse culture, tra le quali il protagonista rimane in bilico, in uno squilibrio costante.

“Da qui – in una fase storica in cui i contrasti culturali si fanno drammatici a livello di interi popoli (e basti pensare alla “disgregazione” africana ) – la tematica affrontata da Sgambelluri si innesta in un discorso che è di per se stesso epocale.

“Ciò fa sì che taluni limiti di una prosa che è espressione di una formazione autodidattica, lungi da costituire una debolezza del testo, ne rafforzano l’efficacia espressiva. Sono anch’essi, cioè, segno della reale scissione di una società, come la nostra contemporanea, che investe il soggetto con la sua violenza standardizzatrice e con la sua sovversione dei valori, con totale brutalità”, Mario Spinella, 24 marzo 1985.

Purtroppo, nonostante le raccomandazioni di Jean-Charles Vegliante e di Mario Spinella, “Il ritorno dell’emigrante”, il cui nuovo titolo, come ho già detto, è “Fiori di sierra”, non ha trovato un editore. A questo punto, Rodolfo Boccalatte mi dice che dovrei pubblicarlo a mie spese e che se non l’avessi fatto io l’avrebbe fatto lui per me. Così, nel 1993, otto anni dopo, l’ho fatto pubblicare dalle Edizioni Tracce di Pescara nella collana “Il Meleto”.

 

Il primo stralcio di recensione è apparso sul giornale locale l’ Eco di Biella. Scrive:

 

“Accanto al volumetto “Anch’essi non sono che parole” che raccoglie i quattro racconti di Francis Sgambelluri dai quali i filmmakers Anderi, Murgia, Pellegrini e Ramirez hanno tratto altrettanti cortometraggi (che saranno presentati al pubblico mercoledì 2 febbraio all’Impero) è in libreria “Fiori di sierra”, il primo romanzo pubblicato da Sgambelluri (edizioni Tracce di Pescara)”, 24 gennaio 1994.

Qualche tempo dopo esce un’altra recensione su Il Biellese:

 

“Non accade spesso, di questi tempi, che un romanzo venga ristampato a testimonianza di un andamento di vendite evidentemente superiore alle previsioni più ottimistiche.

“Ancora più raramente accade allorquando le vendite sono prevalentemente concentrate nella città ove l’autore è più noto ai lettori. È il caso di Francis Sgambelluri, che nei giorni scorsi ha visto approdare nelle librerie la seconda edizione del suo romanzo “Fiori di sierra” edito da “Tracce” di Pescara.

“… In meno di quattro mesi di “Fiori di sierra”, a Biella, sono state vendute ben 600 copie. “Sono soddisfatto” commenta Sgambelluri “poiché ho sempre creduto in questa mia opera, ma nonostante ciò non mi aspettavo un tale successo… ”, 9 settembre 1994.

 

Nello stesso mese, La Nuova Provincia scrive: “Fiori di sierra”: il libro più venduto a Biella.

 

“Giunto tardi al romanzo, ma con un’istintiva vocazione narrativa, Francis Sgambelluri attinge alle esperienze personali, alle narrazioni o alle voci di gente semplice, udite, probabilmente, in paese da ragazzo e poi via via nei suoi lunghi soggiorni all’estero.

“Con questo libro, “Fiori di sierra”, l’autore si abbandona al piacevole gioco di narrare per vibrazioni, per emozioni, arricchendo la sua prosa con osservazioni e descrizioni penetranti, precise, di persone, fatti, luoghi, problematiche esistenziali e sociali”, Giuseppe Possa, 28 settembre 1994.

Vorrei riportare ancora un brano della recensione di Marco Conti sull’ Eco di Biella. Titolo: “Un moderno feuilleton”.

 

“La casistica degli eroi deracinè ha un nuovo personaggio: un emigrato che non assomiglia al Rossetti picaresco di “Schiena di vetro”, né al vagabondo Martin Eden di Jack London, né all’intellettuale sradicato. Si chiama Nicola, nasce da una violenza sorda, emigra in una Parigi di operai senza diritti, e di clochards, passa dall’alfabeto comportamentale più trucido alla laurea in filosofia, diventa quasi un romantico servitore d’Amore e infine torna verso le origini ma, armato, come Ulisse contro i Proci.

“Francis Sgambelluri nel suo romanzo d’esordio “Fiori di sierra”, in procinto di essere ristampato dalle Edizioni Tracce di Pescara, ha materia narrativa da vendere…”, 19 maggio 1994.

È vero, non mi aspettavo questo successo. Si sono vendute molte copie e questo anche grazie alla libreria Giovannacci. “Fiori di sierra” è stato tradotto in greco. Poi, senza una casa editrice motivata e all’altezza della situazione, il libro è uscito di scena.

 

Oggi, diciassette anni dopo, “Fiori di sierra”, riscritto e corretto, torna a nascere e, forse, questa volta i tagli auspicati dal professor Jean-Charles Vegliante e lo stile un po’ ruvido cui accennava Mario Spinella, sono stati migliorati.

 

Parecchi lettori, a suo tempo, mi avevano chiesto se il mio racconto fosse autobiografico. Ammetto che l’ho scritto con una passione sanguigna, febbrile; ammetto che è un racconto vero e che i racconti veri si distinguono da quelli inventati, ma devo ammettere anche che sarei incapace di dire quale parte del racconto sia autobiografica e quale non lo sia.

“Fiori di sierra” è, comunque, un romanzo orfano: non ha ancora trovato, ahimé, un editore, un editore che sia disposto a dargli il posto che il racconto meriterebbe. Per quello che riguarda la sua attualità, mai libro è stato così attuale.

 

 

Luglio 2010                                                                    Francis Sgambelluri


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