Fiori di sierra, romanzo, la vita all’estero, parte seconda (8)
VIII
La Lancia filava. Erano in ritardo. Gaby, seduta dietro, urlò a Nicolò di chiudere il finestrino perché il vento le aveva messo in disordine i capelli. Chiuse. Era accaldato, sudava. Indossava un completo estivo grigiochiaro, fiore all’occhiello. Judy sedeva al suo fianco in un’elegante princesse blu, Gaby e Sheryl portavano un abito fantasia con un largo cappello che avevano comprato il giorno prima a Stìdero.
Quando arrivarono al ricevimento, furono accolti da un forte rumore di voci posate piatti bicchieri. La giornata era fantastica e la gente sotto la pergola non voleva essere da meno. I convitati erano tanti. Nicolò ne conosceva solo alcuni. C’era il Dritto. Amedeo non era venuto. Gli sposi sedevano raggianti a capotavola. Tutt’e quattro andarono da loro per felicitarsi. Molti occhi, per qualche istante, non guardarono che loro, e loro salutavano chi li salutava e sorridevano a chi gli sorrideva.
Tra gli sguardi e i sorrisi, c’erano anche quelli di disprezzo, di disapprovazione per quelle femmine che Michele, insieme a quel magnaccia di Nicolò, aveva invitato al suo matrimonio. Quelle donne, per la mentalità di parecchi calvaresi, non erano altro che tre prostitute. Solo a Calvario si trovavano donne onorate; solo lì si era preservati dall’inquinamento morale e mentale che provenivano da fuori.
I nuovi arrivati, che ignoravano quello che pensavano di loro certi calvaresi, si sedettero e subito dopo arrivò il cibo. Un vicino di tavola gli versò del vino. Nicolò ne bevve subito un po’. Iniziò a mangiare. Del primo piatto toccò poco, divorò il secondo. Una signora anziana, dopo averlo squadrato ben bene, gli porse una polpetta infilata su una forchetta dicendogli che le ricordava molto la buonanima di sua madre. Lui invece non era sicuro se ricordava lei.
The girls, dapprincipio, si mostrarono più curiose che golose. Poi cambiarono. Finirono per mangiare con appetito.
Judy, dopo la parata iniziale, si era fatta seria, parlava poco e quello che diceva lo diceva con la bocca non con il cuore. Gaby, dopo essersi scolata un paio di bicchieri di vino, si era messa a parlare e a scherzare coi vicini che, nonostante tutto, facevano a gara per scambiare parole e battute con lei. Sheryl si lasciava volentieri adocchiare da Vincenzo.
I brindisi si susseguivano.
“Signore e signori,” si alzò dicendo uno dall’aspetto florido e con un paio di baffi che gli coprivano la bocca, “propongo un brindisi allo sposo. L’ho visto nascere e crescere. Già da ragazzo, quando non andava a scuola, lavorava nei campi insieme al padre. Non ha mai cessato di farlo e la sua proprietà può essere presa a modello tanto è ben tenuta e coltivata. Nessuno si è mai lamentato di lui. Solo i bottegai, questi sì, perché se fosse stato per lui, sarebbero morti di fame.”
Risate.
“Da parte mia,” continuò il baffuto, “anche se non ho mai avuto l’onore di averlo al mio tavolo per una partita a carte, lo ritengo un uomo corretto, degno di ogni rispetto. E ora beviamo, signore e signori, beviamo alla sua felicità e a quella della sua sposa!”
Brindisi. Applausi.
“Per moltissimi anni,” disse un altro con il bicchiere di vino in mano, “il destino è stato duro con la sposa. Maria Maddalena ha pagato il prezzo del nostro orgoglio e delle nostre usanze. Oggi però siamo felici di riaverla di nuovo tra noi e non ci resta che augurarle tanta fortuna e figli maschi!”
Altri brindisi; altri applausi.
Anche il Dritto si era alzato per fare un brindisi agli sposi. Nicolò, in quel momento, sentì il bisogno di andare al cesso.
Dopo il pranzo, dopo i brindisi e gli applausi, incominciò il ballo. Fu aperto dagli sposi. Si ballava fuori nell’aia. Via via, come la danza prendeva vita, vecchi giovani e bambini andavano nell’aia, che per quel giorno era protagonista, non per battere il grano, ma per ballare.
I musicisti, all’inizio erano piuttosto freddi, la musica veniva suonata ma non sentita. Gradualmente, dopo qualche bicchiere di vino e vedendo che la gente voleva divertirsi, si animarono anche loro, attaccarono. Ad un certo punto, pareva che gli strumenti volassero loro di mano tanto vibravano con suoni e melodie locali. La fisarmonica, la chitarra e il tamburello trascinavano i ballerini freneticamente.
E ginocchia si abbassavano e gambe si alzavano e braccia all’infuori e mani alla cintola, schiocchi di nacchere e grida di gioia e di allegria, evviva gli sposi e tutta la compagnia!
Sheryl e Vincenzo danzavano bene insieme, avevano persino attirato l’attenzione degli altri, fino a quando non entrarono in pista Pasquale e Rosa, ambedue in abiti folcloristici. Allora fu un grido unanime: “Dài con la tarantella!”
I musicisti che conoscevano bene questa coppia perché la vedevano ballare in quasi tutti gli sposalizi, attaccarono di nuovo con gusto e, in un primo momento, danza e musica si fusero: e veste e sottoveste e gambe e braccia e corpi si allacciavano slacciavano piroettavano e tutto a un ritmo sfrenato e gioioso.
Ecco però, che ad un certo punto, questo felice connubio cambiò. I musicisti e la coppia ballerina sembrava la facessero a gara per chi doveva seguire il ritmo di chi. I primi si abbandonavano in note lunghe e sostenute per poi esplodere in una grandine di trilli e suoni; i secondi dovevano lottare tutto il tempo per non perdere il ritmo. Una gara bella che mozzava il fiato, ma certamente nota solo a loro.
Gaby, un tantino brilla, rideva goffamente mentre ballava a fianco di quelle furie scatenate e cercava di seguire quel ritmo con un vecchio che voleva lasciare sua moglie, sposarsela e andarsene via con lei in Australia.
Vincenzo e Sheryl, ad un dato momento, lasciarono il ballo, i convitati e decisero di fare una passeggiata.
Camminando attraverso il podere di Michele insieme a Sheryl, Vincenzo si chiedeva se stesse sognando ad occhi aperti o se era veramente lui quello che stava andando in piena campagna assieme ad una ragazza sola. Fino a qualche ora prima non si sarebbe mai immaginato che ciò fosse possibile. Nei film sì, ma lì era tutt’altra cosa.
“Che lavoro fai in Australia?” le chiese sempre in un inglese indeciso ma corretto.
“Faccio l’assistente d’un farmacista,” rispose lei.
“Ti piace?”
“È un lavoro come un altro.”
Si fermarono all’ombra di un olivo solitario. Vincenzo era nervoso, tremava dall’emozione riuscendo a controllarsi sempre meno. Sheryl se ne accorse, s’avvicinò a lui, lo tirò a sé, lo cinse con le braccia e lo baciò.
Vincenzo non capiva più nulla. Chiese: “Tutte le ragazze a Sydney sono come te?”
“Cosa intendi dire?”
“Voglio dire … Vedi, qui da noi, una ragazza non bacerebbe mai per prima un ragazzo.”
“Noi sicuramente non ci curiamo di chi deve o non deve baciare per primo. Baciamo e basta,” disse lei ridendo.
Rise anche lui.
Poi Sheryl gli diede un’occhiata provocatoria e prendendolo per mano iniziarono a correre attraverso i campi dirigendosi verso una collinetta ricoperta di vigne.
Quando i due giovani ritornarono dagli sposi, si era fatto tardi. I musicisti suonavano ancora. Pasquale e Rosa erano andati via. Solo i bambini saltellavano sull’aia. Judy Gaby Maddalena e Michele avevano formato un piccolo crocchio allegro. Molti invitati se ne erano andati.
Il Dritto, prima di andarsene, aveva chiamato in disparte Nicolò. Questi, ritornato tra gli altri, con la faccia livida, tremava tutto dal nervoso. Cercò di nascondere quel suo stato d’animo, ma Michele e Judy lo notarono. Lei si avvicinò a lui, gli prese la mano e gliela strinse forte.
“Allora,” domandò Nicolò dopo essersi un po’ rimesso, “dove la passerete la luna di miele?”
“Qui a casa,” rispose Michele.
“E per il resto della nostra vita non sarà altro che una luna di miele,” aggiunse Maddalena il cui viso, malgrado quella giornata così piena di avvenimenti, non lasciava trasparire la stanchezza.
Nicolò li guardò, e Michele e Maddalena videro in quello sguardo scorrere il racconto della loro vita.
Poco dopo, salutati e abbracciati gli sposi, Nicolò e the girls ripresero la strada per Calvario.