Il credente e l’ateo
C’è differenza tra il credente e l’ateo? La risposta è positiva: sì, molta. Ad esempio, per essere ateo uno ha bisogno d’un minimo di conoscenza critica, d’intelligenza, d’interessamento. Non è il caso del credente. Costui crede e basta. Crede ciecamente. È inghiottito da un mare di sentimenti oscuri che subisce ma non capisce. L’ateo è più razionale, di ampie vedute, ha un cervello più vivace. Essere ateo vuol dire negare qualcosa e per negare qualcosa bisogna essere informati su questo “qualcosa”. L’ateo è un ribelle; il credente un conformista. L’ateo nega l’esistenza di Dio su basi razionali; il credente la conferma su basi irrazionali. “Non si può sostenere un’idea se non la si conosce”, sostiene l’ateo. “Io so che Dio esiste”, dice il credente, anche se tutto intorno a lui testimonia la sua assenza. L’ateo è un figlio della natura; il credente è l’asino di Dio.
È anche vero che ci sono diversi tipi di credenti e di atei che vanno dai più rozzi ai più raffinati, ma, nell’insieme, la qualità del credere o del non credere è sempre più alta in quella dell’ateo. L’ateo intuisce, capisce, sa che l’idea di un dio è falsa. Il credente non ha bisogno di cultura per credere: crede e basta.
Anche il mio porco credeva, credeva che quella mattina di febbraio, come tutte le mattine alla solita ora, il porcaio sarebbe andato a portargli il cibo. Non è andata così, quella volta. Quella volta è stato portato al macello per diventare lui stesso cibo per altri. Il credente ha qualcosa in comune con la credenza del mio “fu” porco.
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