Il Paese delle meraviglie (7)
Chi siamo?
Te lo sei mai chiesto, Rossi, chi siamo? No? Peggio per te, avresti dovuto. Comunque, te lo dico io. Iniziamo così: sappi che tutto ciò che è storico, ti appartiene. Tu sei ciò che sei grazie agli eventi storici nazionali e individuali che ti hanno reso ciò che sei. I fatti storici del tuo paese, brutti o belli, sono il tuo Dna culturale. Il Dna culturale non si cambia e neanche i fatti storici. Certo, se li conosciamo e li riconosciamo per come sono e non per come si vuole che siano, allora, forse, possiamo fare qualcosa, difenderci, migliorarci.
Non serve a nulla negare la propria identità storica. È un segno di debolezza, un complesso di inferiorità, di nevrosi. Negare il passato storico del proprio paese è come negare il passato della propria vita. Questo, per il bene e per il male, è il nostro nerbo, specchio, identità. Se uno nega la propria storia, se uno ne racconta solo gli episodi positivi e rimuove quelli negativi, oltre a dare segno d’infantilità, finisce anche dall’analista.
Qual è, dunque, il nostro passato storico? Qual è il passato storico del Pdm? Per molti nostri connazionali, la nascita del nostro paese, prima col mitico eroe troiano, Enea, e poi coi due fratelli allattati e allevati dalla lupa, Romolo e Remo, è un punto di orgoglio. Ma se ci rifletti, e devi rifletterci, Rossi, altrimenti sei un animale, è proprio così? Se tu abbandonassi nelle mani del nemico non il tuo paese, non la tua provincia, ma addirittura la tua città natale, se tu scappassi con tuo padre e tuo figlio mentre il nemico sta facendo strage dei tuoi parenti, compagni, amici, concittadini, ti considereresti un eroe o un vigliacco? E cos’altro ha fatto Enea, uno dei potenti di Troia, se non abbandonare la sua città in fiamme in mano ai nemici e scappare via? E costui sarebbe un Eroe? E chi l’ha mai detto?
E quegli altri due, Romolo e Remo, discendenti della stirpe di Enea il vigliacco, i presunti fondatori di Roma, non hanno forse segnato il loro inizio, non con l’amore e la saggezza, ma scannandosi a vicenda? Romolo uccide Remo solo perché ha scavalcato il suo fottuto solco! E questo sarebbe un buon inizio, un punto di orgoglio? E chi l’ha mai detto? Il fratricidio è segno di discordia, di incomprensione, di morte. Se il fratricidio succede nella propria famiglia, figurati cosa non può succedere nel proprio paese!
Siamo riusciti, noi, noi i loro legittimi eredi, ad allontanarci da questo vile e sanguinario retaggio storico, mitico o quello che sia? E quando? In che modo? In che periodo? Enea rappresenta la codardia e Romolo e Remo la discordia. Queste due caratteristiche, la codardia e la discordia, sono sempre state presenti nella vita reale dei meravigliosi. E non solo presenti. Sono addirittura la colonna sonora di fondo nella vita del paese. Allora, è di questo che noi dovremmo andare orgogliosi?
La Chiesa, più tardi, ha rincarato la dose dell’incomprensione allevando un popolo d’imbecilli picchia petto e di patetici sentimentali; un popolo che doveva sfacchinare e dire “Sì” ai suoi padroni. Di più. Ha allevato anche un popolo di vili! Non era bastato Enea e la sua codardia, si era aggiunta poi anche quella di Gesù. Infatti, fin da bambini, si doveva porgere l’altra guancia. L’Arcadia voleva che i bambini fossero educati secondo l’insegnamento del bambin Gesù! Questo insegnamento doveva essere impartito come l’intendevano i gesuiti, veri e propri fanatici nel condizionare il popolo al loro credo.
E così, mentre i tedeschi avevano Kohlhaas, un affamato di giustizia, un rivoluzionario; i francesi una donna con le palle, Giovanna d’Arco; gli inglesi Robin Hood, un eroe che rubava ai ricchi e dava ai poveri (qui da noi è stato sempre l’opposto: si ruba ai poveri per dare ai ricchi); gli svizzeri Guglielmo Tell, un uomo del popolo e uccisore di parassiti reali; gli spagnoli e i sudamericani Zorro, un accanito difensore del popolo, noi meravigliosi avevamo e abbiamo il bambin Gesù!
I bambini inglesi e gli altri imitano degli eroi, crescono fieri; i bambini dei meravigliosi, invece, crescono santi, cioè vigliacchi: devono imitare l’esempio di Gesù: porgere l’altra guancia!
I bambini di questo luogo, particolarmente quelli di famiglie ricche e principesche, già dalla più tenera età erano allevati ad imitare vescovi papi e preti. Il loro condizionamento era ancora più severo di quello che Pavlov somministrava ai suoi cani. Nella storia del papato, una delle più terribili che la cultura mondiale abbia abortito, ci furono papi bambini, vescovi bambini, cardinali bambini, preti bambini e lasciamo perdere il resto. Bisognava solo pagare, fare domanda, mettersi in lista; tutti lo facevano e il gioco era fatto. Un papa, un vescovo, un cardinale, un prete in casa, che onore! Che elevazione morale! Che orgoglio! Che meraviglia! Figurati che anche il padre di Leopardi voleva che il figlio diventasse papa!
Come risultato di questo indottrinamento, i principi meravigliosi, se potevano, e potevano, non andavano neppure in guerra. Non combattevano le guerre nel loro paese. Assoldavano soldati di ventura e li facevano combattere per loro. Risultato: perdevano le guerre, of course! I principi, o almeno la stragrande maggioranza di essi, erano dei vigliacchi.
Forse i Savoia si sono distinti in qualche battaglia? Forse non sono stati loro che, durante la Grande Carneficina, proprio come Enea ha abbandonato la sua città, hanno abbandonato il loro paese? E cos’altro avrebbero potuto essere, eccetto che dei vigliacchi, se erano stati cresciuti con l’idea che dovevano porgere l’altra guancia?
Il concetto dell’altra guancia, Rossi, ha sempre dominato nel Pdm. Solo creando dei vili la Chiesa era sicura di poter continuare a governare il suo paese di vili. Ci è riuscita. E perché ci è riuscita? Perché, mentre tutto il paese veniva indottrinato a porgere l’altra guancia, lei, proprio lei, la Chiesa, era l’unica che non la porgeva!
Fai attenzione però, Rossi, che qui, in terra meravigliosa, per quello che riguarda la vigliaccheria, le cose sono ben diverse. Qui il bambin Gesù diventa un eroe, un eroe forte, coraggioso, tutto fuoco, distruzione e prodezza. Figurati, è così forte e coraggioso che spara coi cannoni persino su degli innocenti che manifestano per un tozzo di pane, come ha fatto “il generale Fiorenzo Bava-Beccaris il 7 maggio (1898 a Milano) (che) fece sparare i cannoni contro centinaia di cittadini disarmati che chiedevano la riduzione del prezzo del pane: il numero esatto dei morti, enormemente falsato da subito, non si è mai saputo perché governo e militari fecero di tutto per cancellare le prove della carneficina. Si crede circa quattrocento …”, Giordano Bruno Guerri, “Antistoria degli italiani”, da Romolo a Giovanni Paolo II, p. 253.
Dopo questo atto di grande coraggio da parte del grandissimo generalissimo Bava-Beccaris, sai cosa è successo, Rossi? Non ci crederesti. È successo, paradossalmente, quello che doveva succedere. All’intrepido generale, il generale Fiorenzo Bava-Beccaris per quest’eroico atto, per aver sparato con dei cannoni su degli inermi manifestanti che chiedevano un tozzo di pane, a cotesto generale, venne riconosciuta una medaglia al valor militare!
“Era il 1935, scrive Gino Strada ne i “Pappagalli verdi”, quando gli italiani arrivarono fino a Dessié (in Etiopia). I nostri aerei bombardarono con cura la città, e diedero prova di grande ardimento volando perfino a bassa quota, per fare il tiro a segno sugli abitanti del luogo, sprezzanti del pericolo rappresentato dagli indigeni armati di bastoni”, p. 82.
“Tra l’ottobre del 1935 e il maggio del 1936, scrive Karlheinz Deschner in “Con Dio e con il Führer”, i fascisti annientavano con armi molto sofisticate un popolo senza speranze perché tecnicamente inferiore… Insieme a Gesù e Maria, ai cannoni, ai gas tossici e ai pretacci di guerra, gli abissini, seminudi, senza maschere antigas e senza rifugi cadevano vittime dei civilizzatori cattolici. Restavano stesi laddove il gas, spruzzato dall’alto, li colpiva bruciando la pelle e lacerando loro i polmoni; morti o moribondi venivano poi igienicamente eliminati con i lanciafiamme”, p. 76. Ecco un’altra prodezza dei capitani del Pdm.
Quando i valorosi eredi del Bambin Gesù non combattevano contro inermi innocenti che manifestavano per un tozzo di pane, quando non prendevano a mitragliate dal cielo primitivi armati solo di bastoni, allora le cose cambiavano sul campo di battaglia. In effetti, nelle guerre corrono via come conigli, almeno così dicono di loro gli australiani. Churchill chiama il Pdm “il ventre molle dell’asse” Roma-Berlino-Tokyo. Sono bastate, nell’ultima Guerra Mondiale, due piccole divisioni inglesi per sconfiggere dieci divisioni meravigliose nel deserto d’Egitto; è bastato un pugno di francesi mezzi morti di Carlo VIII re di Francia per sconfiggere nella battaglia di Fornovo, del 1495, tutto un esercito corazzato e ben foraggiato; tra i reali d’Inghilterra e i reali del Pdm c’è una differenza bestiale. Durante la seconda Guerra Mondiale, mentre Londra veniva bombardata dagli aerei nazisti, la Regina Madre non ha voluto lasciare la città: è rimasta lì, insieme al suo popolo, dando un esempio di coraggio a tutti gli inglesi. Nel Pdm, i maschi reali, i maschi, capisci, Rossi?, non le femmine!, ma i maschi, quando sentivano in lontananza il rumoreggiare dei cannoni, fuggivano come conigli pur di salvare la loro pelle di parassiti vigliacchi!
“C’è una bella differenza, scrive Oriana Fallaci, tra i militari italiani che l’Otto settembre del 1943 si arresero ai Tedeschi senza combattere, e i Tedeschi che nel 1945 difesero Berlino fino all’ultimo uomo”.
Come un paese viene letteralmente lobotomizzato
“Con la pubblicazione nel 1557 dell’Indice romano dei libri proibiti, l’Inquisizione intraprende la caccia alle opere sospette di diffondere l’eresia: gli editti di Milano (1593), Alessandria (1595) e Ferrara (1596) obbligano a presentare liste dei volumi presenti nei magazzini di librai e stampatori. Gli storici spagnoli e portoghesi ritengono che questa politica di censura sia stata efficace nella penisola iberica, ma essa lo fu ampiamente anche in Italia, dove, ad esempio, in due secoli (dalla metà del Cinquecento a quella del Settecento) si conta una sola edizione … Anche a Venezia, dove l’Inquisizione può esercitare la censura preventiva tra il 1562 ed il 1569, 28 librai sono processati e 1150 libri confiscati. Lo storico italiano Antonio Rotondo fa risalire la debolezza dell’ateismo nell’Italia dei secoli XVII e XVIII, come pure l’isolamento del paese rispetto alle correnti intellettuali europee e i suoi successivi ritardi culturali, a quest’azione repressiva”, Georges Minois, “Storia dell’ateismo”, p. 148.
“Isolato a Bellosguardo (la sua casa), Galileo portò a termine il suo più importante, ‘Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze’, che riassumeva le ricerche di tutta la sua vita sulla meccanica, l’inerzia e i pendoli (la scienza dei corpi in moto), e la resistenza dei corpi (la scienza dei corpi non in moto), e inoltre esponeva il metodo scientifico. Analizzando in termini matematici questioni che in precedenza erano state appannaggio dei filosofi, le ‘Due nuove scienze’ furono il primo testo scientifico moderno, in cui si affermava che l’universo è governato da leggi che possono essere comprese dalla mente umana ed è mosso da forze i cui effetti possono essere calcolati servendosi della matematica. Fatto uscire clandestinamente dall’Italia e pubblicato a Leida nel 1638 da Lodewijk Elzevier, questo libro ebbe un’enorme influenza sullo sviluppo della scienza in Europa nei decenni successivi, ancor più dell’ampiamente tradotto ‘Dialogo’ (Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo). Enorme influenza dappertutto, cioè, eccetto che in Italia: come diretta conseguenza della condanna delle opere di Galileo da parte della Chiesa di Roma, dal 1630 in poi l’Italia, che aveva conosciuto la prima fioritura del Rinascimento, vide ristagnare la ricerca su come funziona il mondo”, John Gribbin, “L’avventura della scienza moderna”, pp. 108-109.
“Così Nietzsche ha fondato la geo-filosofia, cercando di determinare i caratteri nazionali della filosofia francese, inglese, tedesca. Ma perché tre paesi soltanto furono collettivamente capaci di produrre filosofia nel mondo capitalista? Perché non la Spagna o l’Italia? L’Italia in particolare presentava un insieme di città deterritorializzate e una potenza marittima capaci di riprodurre le condizioni di un “miracolo” e segnò l’inizio di una filosofia ineguagliabile, che tuttavia abortì e la cui eredità passò piuttosto in Germania (con Leibniz e Schelling). Forse la Spagna era troppo sottomessa alla Chiesa e l’Italia troppo “vicina” al Soglio pontificio; ciò che salvò spiritualmente l’Inghilterra e la Germania fu forse la rottura col cattolicesimo, e il gallicanesimo la Francia … All’Italia e alla Spagna mancava un “ambiente” per la filosofia, cosicché i loro pensatori restavano delle “comete”, comete che entrambi i paesi erano pronti a bruciare”, Deleuze-Guattari, “Che cos’è la filosofia?”: p. 96.
“Dopo il mio passaggio, l’Italia non era più la stessa nazione: la sottana, che era l’abito di moda per i giovani, fu sostituita dall’uniforme: invece di passare la loro vita ai piedi delle donne, frequentavano i maneggi, le sale d’armi, i campi militari; i bambini stessi iniziarono a giocare sul selciato con interi reggimenti di soldatini di stagno; indubbiamente dopo averlo sentito raccontare in casa tra le mura domestiche dai loro padri, imitavano i fatti di guerra e le mie battaglie. E quelli che cadevano non erano più gli italiani, ma gli austriaci. Prima, nelle commedie e negli spettacoli di piazza, veniva sempre messo in scena qualche italiano vile, anche se spiritoso, e di contro a lui un tipo di grosso soldato straniero, forte, coraggioso e brutale, che finiva sempre col bastonare l’italiano, fra le risa e gli applausi degli spettatori. Anche se non c’era proprio niente da ridere, ma semmai da piangere. Orbene: il popolo italiano non tollerò più allusioni di questo genere; gli autori dovettero cambiare copione. Iniziarono a inserire italiani valorosi, che mettevano in fuga lo straniero, vi sostenevano il proprio onore e il proprio diritto. Vi sembra poca cosa tutto questo? No! La coscienza nazionale si era formata. E l’Italia ebbe per la prima volta i suoi canti guerreschi e gli inni patriottici,” Napoleone Bonaparte, “Memoriale di Sant’Elena”.
Questo infelice Pdm, Rossi, lungo tutto il suo percorso storico, è stato teatro di infinite invasioni. Perché? Perché al monarca del Vaticano, per el particulare suo, piaceva tenerlo diviso. Un paese diviso, oltre ad essere debole militarmente, è anche un paese dilaniato internamente. La Chiesa, fino a qualche secolo fa, fino al Risorgimento (che non si sarebbe mai realizzato se non fosse stato per la Rivoluzione francese e per Napoleone: sono stati questi il motore mentale e patriottico del Risorgimento), ha tenuto il Pdm diviso. Machiavelli lo sapeva. “Abbiamo adunque con la Chiesa e con i preti noi Italiani questo primo obbligo: di essere diventati senza religione e cattivi: ma ne abbiamo ancora uno maggiore, il quale è la seconda cagione della rovina nostra: questo è che la Chiesa ha tenuto e tiene questa provincia divisa”, Giordano Bruno Guerri, “Gli italiani sotto la Chiesa”, p. 3.
Il filosofo spagnolo Ortega y Gasset, scrisse, nel 1921 “Spagna invertebrata”. Con questo titolo intendeva dire che la Spagna, non avendo una filosofia come ce l’avevano gli inglesi, i francesi, i tedeschi, era un paese senza spina dorsale, ecco perché “Spagna invertebrata”. Nel Pdm, che io sappia, dato che si trova, culturalmente parlando, in una posizione non migliore di quella spagnola, anzi!, nessuno scrittore, per quello che ne so, ha mai avuto il fegato di denunciare questa invertebralità nazionale. Oggi, Rossi, se ti capita di comprare un libro sulla storia della filosofia moderna, di filosofi meravigliosi non ne trovi; oggi, se ti capita di leggere un saggio sulla scienza, rarissimamente vi trovi citati degli studiosi del paese meraviglioso. Ecco l’effetto devastante che la Chiesa ha avuto sul nostro pensiero: l’ha, oltre che lobotomizzato, anche castrato come castrava i bambini del coro, “le voci bianche”.
Intellettualmente parlando, ci siamo persi i movimenti culturali più importanti nella storia dell’umanità: ci siamo persi lo sviluppo tecnico-scientifico, la torcia filosofica, l’Illuminismo, il romanticismo, il realismo. E le cose non si fermano qui. Il Pdm non ha avuto una riforma religiosa; una rivoluzione sociale; una letteratura impegnata: perdìo, dov’era il Pdm mentre le altre nazioni europee crescevano e progredivano culturalmente ed economicamente? È questo che vorrei sapere, io, Rossi!
E se non era in nessun posto a crescere e a svilupparsi, di chi la colpa? Anche questo vorrei sapere, Rossi!
E vorrei sapere anche perché questo insulto all’umana dignità, questa vergogna del genere umano, questo imbarbarimento travestito da santità, perché, perché, dopo tutti i crimini che ha commesso, lo si lascia ancora lì indisturbato a continuare il suo flagello di corpi e di anime? Perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché, perché?
Tra tutti gli amori uno solo vale
Non t’incazzare, non t’incazzare, Rossi! Conosco la tua sensibilità, i tuoi punti deboli, il tuo patriottismo da quattro soldi. Io sono uno che ti conosce dentro e fuori. Io so! Non è presunzione la mia. La mia è conoscenza di fatti: non metafisica, non aria fritta. Io so! So che il tuo amor di patria è forte. Lo posso anche capire. Ma ti sei chiesto, almeno, che tipo di amor di patria è il tuo? Te lo sei chiesto sì o no? Te la sei mai fatta questa domanda? Avresti dovuto fartela. Il tuo è un amor di patria cieco. È un amore che viene da un condizionamento culturale bigotto manipolatore oscurantista machiavellico, proprio come quello del cane: tutto è, eccetto che vero amore.
Ti ho già parlato altrove di questo tipo di amore canile e te ne riparlerò ora. Il cane ubbidisce e ama il suo padrone, anche se questi lo bastona, anche se non gli dà da mangiare, anche se lo molla in mezzo ad un’autostrada durante le vacanze estive, anche se lo usa facendogli fare il guardiano della casa, anche se è uno stronzo: il cane, nonostante tutte le angherie, ama ancora di più il suo padrone, gli ubbidisce ancora di più! Così tu, Rossi, così tu ami e ubbidisci al paese che ti umilia, ti bastona, ti sfrutta, si comporta da stronzo nei tuoi confronti, ti rende la vita un inferno. E perché lo ami anche a queste condizioni? Perché? Perché non lo conosci! Lo idealizzi ciecamente. Il vero amore per il proprio paese non è né può essere quello cieco, bacchettone, ignorante, ma quello che viene dalla conoscenza. È questo il vero amore, l’altro è veleno!
Io mi domando, come si può amare una “cosa” che non si conosce? Come si può amare un uomo, una donna, un paese, un’ideologia, un partito se non li si conosce? I meravigliosi amano il loro paese senza conoscerlo; votano il loro partito senza conoscerlo; amano l’Indifferenza divina senza conoscerla. Questa, l’Indifferenza divina, a sua volta, ama un dio senza conoscerlo, senza averlo mai visto, mai incontrato. Insomma, Rossi, il Pdm è un paese che ama senza conoscere ciò che ama.
Pensi veramente che uno andrebbe a votare se sapesse che qualunque partito voti, questo lo frega? Pensi veramente che una donna si avvicinerebbe al confessionale se sapesse che l’uomo a cui lei sta confessando la sua vita privata è un essere che si fa portavoce di un’istituzione criminale e di un dio inesistente? Pensi che i soldati, se lo sapessero, andrebbero in guerra a combattere per un paese che li tratta come carne da macello? Il massimo che si possa dire di coloro che amano la cultura del Paese delle meraviglie in queste condizioni, senza conoscerla, è che sono come i cani: amano anche chi li bastona! Soprattutto questi, perché, così facendo, sperano di non prendere altre botte. S’ingannano!
Non si dovrebbe, amico mio, mai e poi mai si dovrebbe amare ciò che non si conosce; non si dovrebbero mai e poi mai amare paesi, nazioni, individui e istituzioni senza conoscerli. “Il grande amore nasce da una grande conoscenza”, diceva Leonardo. Se vuoi veramente amare il tuo paese, Rossi, prima devi conoscerlo. Conoscere la sua storia, LA SUA VERA STORIA!, che sicuramente non è quella che ti insegnano a scuola. Solo quando la conoscerai, solo allora potrai manifestargli il tuo amore o il tuo disprezzo, ma non prima!
Nel racconto che segue voglio darti un abbozzo, come ho fatto precedentemente con Bogududù, l’Mg e Betty, della cultura d’una civiltà scomparsa, quella dei Trifèrigho, seppellita in fondo al mare ormai da secoli. La cultura dei Trifèrigho, per certi versi, ha molte somiglianze con quella del Pdm. Per questo mi pare rilevante parlartene.