Il Testamento di Orazio Guglielmini
Francis Sgambelluri
Il Testamento di Orazio Guglielmini
L’Indifferenza divina
Libro primo
Francis Sgambelluri
Via Addis Abeba, 12
13900 Biella, BI
Tel. 015 – 8495439
www.francis-sgambelluri.it
Questa Lettera è scritta a te, Rossi,
è dedicata, però, a tuo figlio e a tut-
ti quegli amici e a quei giovani che,
più di una volta, mi hanno
chiesto “cose” a cui non ho
potuto rispondere in due parole.
“È tanto più importante, dunque, che il Ribelle
si differenzi nettamente dal criminale per
moralità, conduzione della lotta e rapporti
sociali e che tale differenza sia viva anche
nel suo foro interiore. Egli può trovare il diritto
solamente in se stesso, giacché oggi non c’è
docente di diritto civile né di diritto pubblico
che possa offrirgli il necessario bagaglio teorico.
Sarà più facile per noi imparare dai poeti e dai
filosofi quale posizione è giusto difendere”.
Ernst Jünger, Trattato del Ribelle
Indice 5
Premessa affettiva 10
Introduzione 13
Prologo 17
Parte prima 19
1. L’assurdo 20
il dolore 21; la credenza 22; e se avessimo a che fare con un dio impotente o cattivo? 22; ma poi, la condanna è giusta? 23; il determinismo divino 24; il libero arbitrio 25; la realtà 25.
2. L’indifferenza divina 28
l’indifferenza del padre 28, i portavoce dell’Indifferenza divina 29; il vice di Dio in terra 29; Cristo e Sua Santità il papa 30.
3. Un po’ di storia: quando la credenza era credenza 32
aria fritta e vitelli d’oro 33; la donazione di Costantino e la taxa camarae 36; i tre regni dell’aldilà 38 i lasciti ecc. 38; perché i preti non si sposano? 40.
4. L’assurdo e l’irrazionale 42
una fucina di falsità 43; i processi agli animali 43; chi creò l’uomo? 44; un lento suicidio 44.
5. Come sono nate le religioni 47
come il reale si trasformò in irreale 49; il pensiero 50; Dio, dèi e l’oltretomba 52; il capovolgimento della realtà 53; come l’alieno si fece strada in noi 54; l’alieno prende possesso del corpo umano 55; la cultura dell’irreale 57; l’antiuomo 58.
6. La cultura del reale 61
dal reale nasce la scienza 62.
7. Dio lo vuole! 64
il Nuovo Mondo 72; la Santa Inquisizione 74; “dì’ la verità” 76.
8. Le imprese del Padre 80
le imprese del Figlio 82; le imprese della Chiesa 94.
9. Le radici bibliche 96
le radici cristiane 98; non sei cristiano, quindi non sei umano 100; il rimedio è stato peggiore del male 101.
10. Personaggi 107
Jack Brock e Francesco Forgione 111; i miracoli 114; a situazioni estreme, atti estremi 115.
11. Fatima 119
l’Opus Dei 120; La scomunica di p. Tissa Balasuriya 121; omicidio in Vaticano 122; il colosso Cristocatto 124.
12. Le fondamenta, dunque 127
13. L’indottrinamento 135
come un essere umano viene trasformato in un alieno 135; il cervello del prete 136; perché ci si faceva e ci si fa preti? 137; il linguaggio del prete 138; il colto e il bello 140; l’irreale 141; la morale è innata 137; il vero volto della religione 142.
14. Il battesimo 145
15. Creazione o big bang? 149
il grottesco continua 151; la santa Bibbia e i preti 153; le domande sull’esistenza di un dio… 153; le religioni e gli dèi 155; un nuovo dio nella prima decade del secondo millennio 156.
16. Cerchiamo di capire meglio 158
qual è la differenza tra religione e superstizione? 160; gusci vuoti alla mercè dei preti 162; il cane e il gregge 164; gli shit head 165; conoscenza sana e abracadabra biblico 166; il gregge e il prete: che connubio! 167;
e il resto delle religioni? 168; le grandi religioni dicono la verità? 168; la religione è innata? 169.
17. Meaculpa! 172
oggi sarò davanti a Dio! 173; portrait del boss del Vaticano 173; King Kong e il papa 173; è solo un nome 176; il papa è un’autorità irrazionale 177; il paradiso 178; la passione umana 180.
18. Bogududù e Geova 182
la favola di Bogududù 183; la favola di Geova 190; effetto artistico della favola di Geova 191; la differenza tra le due favole 192.
Parte seconda 194
19. La Signora col misurino 195
la realtà fenomenica 199; verità relative 200; il relativismo 201; conoscenza di prima e di seconda mano 202; scienza e filosofia 203; hardware e software 204; scienza e religione 205; fuga 206; il processo di non pensare 207; pensiero pensato e pensiero pensante 207; il significato dei beni culturali decaduti 207.
20. Qual è l’obiettivo finale delle religioni principali? 210
ma poi, Rossi, a ben pensare, 210; la voce dei popoli 211.
21. Il concetto 213
matematica e religione 223; un canarino nel centro della caldaia solare 225; non resta allora che il delirio dell’arroganza 225.
22. come il concetto si sgranocchia il soggetto 226
il Popolo Eletto e i popoli non eletti 229; San Pietro 230; Dio o la fisica? 231.
23. Il falso bisogno di credere 239
i bambini come futuri trasmettitori di virus 240; noi non siamo noi 240; l’istruzione 241; l’esistenza è una tragedia 241; il beneficio del dubbio 242; ribaltiamo “le pari” pascaliano 243; la cacca d’una pulce 244; una realtà fallita 244; se Dio esiste, l’uomo è spacciato 245.
24. La strada più difficile 248
aut-aut 251; esiste l’anima? 254; esisto, dunque sono 255; il paese del non ritorno 256.
25. La visione pietrificata 259
la caritas 260; le sette 261; i killer del genere umano 262; il santo fare della Chiesa Cristocatto 262; la nostra guida spirituale! 263.
26. Io non so 266
di cosa siamo fatti? 266; siamo delle macchine 267; l’età di Rossi 267; come pensiamo? 268; le due visioni 270; la scienza divina 270; gli ottusi 271; la religione Cristocatto è come una ragnatela 271; manca la fibra, perché manca la fede 272; l’IGNORANZA è la bruttezza dell’anima 273; ci identifichiamo con ciò che facciamo 274; la brevità della vita 275; l’indottrinamento religioso in nuce 276.
27. Volontà di fede e di ragione 279
siamo scimmie in posizione eretta 280; la sorte di ogni universo e di ogni pulce 281; conoscenza non nostra come se fosse nostra 282; la religione è stress 282; è solo un prurito 283; pessimismo scientifico-filosofico o avvedutezza? 284; il cammino della civilizzazione 286.
28. The Intelligent Design 289
la fine del teologico-etico cristiano 289; che cos’è il Concordato? 290; eventi da non dimenticare 291; una fine degna di un tal Creatore 299.
29. Giorno di lutto 302
la crisi di Madre Teresa di Calcutta 303; Pasqua 2004 304; chi ragiona e chi prega 305; il vicario di Bogududù 307; parla il deretano 307; l’icona russa 308; the Vatican Connection 309; la Santa Pedofilia nella Santa Casa di Dio 311; Orazio Guglielmini incontra un prete 313; proposta per una fine dignitosa 313.
Parte terza 319
30. L’io incompreso sotto il profilo biblico 320
l’io incompreso sotto il segno dell’assurdo 328; l’io incompreso sotto il segno della ragione 339; lo Stato divino sulla Terra 345; la bella favola 347.
31. Il Decalogo 350
perché crediamo in ciò che crediamo 351; il podio della finzione 352; il teatrino privato di Karol Wojtyla 355; portrait dell’orangutan 356.
32. L’utopia Cristocatto 358
l’ignoranza virtuosa 360; l’inconoscibile è un’attrazione fatale 361; l’assurdo accadere delle cose 362; concetti chimerici 364; gli automi 365; il dio di Voltaire o quello di Dostoevskij? 367; perché? 368; datti una tua risposta, Rossi 369.
33. Il credente e l’ateo 371
l’uomo primitivo era ateo o credente? 371; non si può essere né credenti né atei 371; Dio è morto! 373; la paura 375; credere è un business 376; quattro tipi di credenza 377; la vera vita verrà dopo la morte! 378; fede e volontà di fede 379; se Dio esiste, i preti sono perduti 380; cos’è, in realtà, che manca agli esseri umani? 381.
34. Il cinese e la lingua di Dio 384
la culla dell’asinità divina 385; al suono di carillon 387; gli amanti della lussuria storica 388.
35. Un’etica aliena 392
36. Fenomenologia dell’aria fritta 396
il re è nudo 401; sei un uomo libero, Rossi! 403.
Parte quarta 406
37. Io, Orazio 403
per conto mio, Rossi, 000; ma tu, amico, 000; sbattezzarsi 000; esporre denuncia 000; te pensi, Rossi, tu pensi che io sia un mangia preti, vero? 000.
38. Manca il numero uno 407
come mai la Chiesa è ancora lì? 408; smarrimento 408; prima decade del secondo millennio 409; si deve per forza avere una religione? 409; l’immortalità virtuale 409.
39. l cancro culturale 411
un Dio-Dracula 412; cellule malignanti e cellule curative 413; il male assoluto 414; la Sesta Estinzione 415; tirando le somme 415; che cos’è, in sintesi, l’Indifferenza divina 416; possiamo ancora oggi, nel Duemila, credere in Dio? 416.
40. avvertimento! 417
a Rossi 417; non voglio morire cristiano 417.
41. J’accuse! 420
e ora vai via, impostore! 454.
Nel prossimo libro … 425
Bibliografia 426
Premessa affettiva, Incontri al … “caffè”
Una decina di anni fa, all’incirca nella primavera del 1998 – o, forse, era l’autunno – mi furono offerte in omaggio alcune copie di scritti, appena pubblicati: conoscevo l’Autore, docente di Inglese all’Università Popolare di Biella, di cui, all’epoca, ero presidente.
Vuoi il male del lettore, che mi accompagna da tutta la vita, vuoi la posizione che ricoprivo, che, non fosse che per educazione, mi imponeva tale dovere: insomma, per farla breve, lessi i volumi che Francis Sgambelluri mi aveva donato.
Li lessi e, di loro, mi piacquero subito il piglio e la forza della storia di farsi leggere, l’impatto dei personaggi a farsi conoscere fino alla fine della vicenda: c’era, in poche parole, un impianto narrativo accattivante.
Non altrettanto potevo dire della forma italiana degli scritti, che pativano, evidentemente, di un’eredità linguistica… anglosassone. Qui, non il presidente dell’Istituzione culturale era emerso, ma il gramaticus, il maestro di scuola, avvezzo ad individuare l’errore, a pensare diversamente dall’allievo, anche scolasticamente, se si vuole, la forma di un testo scritto. E’ il mio mestiere, alla fine!
Mi prese il desiderio di… unire l’utile al dilettevole, come si suol dire: detto fatto! con una di quelle decisioni che uno prende spinto da impulsi non ben chiari.
Gli proposi uno scambio, una collaborazione… culturale: lui, docente di lingua inglese, mi avrebbe aiutato a parlare la sua lingua – lacuna che mi trascino da sempre e che mi ha, sempre! creato difficoltà nello specifico campo di studi di cui mi interesso; da parte mia, nella mia lingua, gli avrei offerto l’apporto tecnico e formale di cui i suoi scritti mi pareva abbisognassero.
Affare fatto!
Decisioni subitanee, i cui effetti non si possono che intuire, quando le si prendono. Certo non mi sarei aspettato di dover correggere… così tanto; ma, certo, non avrei neanche sospettato di diventare così sciolto nel conversare in inglese e…, certo, non avrei potuto immaginare di trovare un amico.
Ormai, la nostra collaborazione, il nostro scambio, dura da tempo, si è quasi trasformato in un rito, che prevede un giorno fisso per gli incontri, il caffè che Francis prepara, il raccontarsi, al di fuori di schematismi didattici, le cose viste, fatte, pensate nella settimana precedente: il tutto in inglese, zoppicante il mio, è ovvio, professionale, il suo, è altrettanto ovvio. Per me, è l’occasione di parlare senza preoccuparmi delle parole e delle locuzioni che non mi vengono alla mente, perché ho davanti un… dizionario parlante e pronto per me!
Momenti piacevoli di serena amicizia e di scambio intellettuale, perché le conversazioni trattano tematiche, le più varie, volta a volta più impegnative o meno, dalla letteratura, all’arte, alla filosofia a… tutto quanto di umano e di stimolante ci viene a tiro.
E’ lì che, seppure nella pur trasparente finzione letteraria del manoscritto ricevuto per posta, quasi relitto abbandonato sulla riva di un mare tempestoso, abbiamo cominciato a dare forma a quello che si sarebbe chiamato il “Testamento di Orazio Guglielmini”. E’ lì che ho visto nascere, a pezzi, a tratti, a ripensamenti questo grido di ribellione, questo appello appassionato alla ragione e alla morale dell’essere umano, tanto schiacciato tra predatori e mistificatori che, nei secoli, lo hanno ingannato, sfruttato, raggirato e spudoratamente usato a proprio vantaggio: vantaggio materiale, politico, spirituale e… chi più ne ha, più ne pensi.
E, insieme al grido di rivolta, sono nate le prime pagine, faticose e imperfette, di questo scritto rivolto con serietà a tutti gli offesi e vilipesi che, guarda caso, ahimé, siamo tutti noi; tutti noi, certo, a meno che non ci riappropriamo di quella ragione, in nome della quale veniamo sfruttati gabbati raggirati usati vilipesi…: come non si stanca di ripetere, ribadire, riaffermare il singolare autore del Testamento.
E, insieme alle prime pagine così… imperfette, sono nate le mie correzioni, le discussioni, i chiarimenti; ma, sempre, apportati e richiesti nell’ottica del dare la miglior veste possibile allo scritto che l’Amico, lentamente e faticosamente, portava alla luce.
In breve, tanto inglese e tanto caffè, da un lato; e, dall’altro, tanta dedizione alla fatica dell’Autore perché fosse il più possibile snella, efficace, chiara e utile ai gabbati e oppressi quali siamo.
E, adesso, alla fine, il Testamento è arrivato in fondo alla sua corsa; in fondo a quel lungo, faticoso, tormentato e sofferto percorso di scrittura, di composizione, di limatura – e, certo, di correzioni! – che, in questi anni di… inglese e di caffè, sono stati la vita interiore di Francis Sgambelluri e, da parte mia, momenti vissuti da spettatore partecipe, ma sempre distaccato e oggettivo, attento a non influenzare le idee dell’Amico, salvo gli apporti gramatici, che sono il mio regalo al lavoro che qui sta nascendo.
Da ultimo, questo è un saggio morale, sociale, politico, filosofico, letterario e tanto altro: ma, prima di tutto e soprattutto, è un saggio umano e sofferto, un atto di accusa contro le subdole e insinuanti mistificazioni del potere, sempre attento a trarre il maggior utile possibile dalla pochezza umana che, per essere sfruttata a proprio vantaggio, va mantenuta tale, a qualunque costo: cioè, pochezza e basta.
Roberto Perinu
Presidente di
“Orientalia Bugellae”
Biella, marzo 2008
Introduzione
Qualche tempo fa, ritornando a casa, ho trovato una grossa busta appoggiata sopra la cassetta delle lettere. Cosa non inconsueta per il lavoro che svolgo. Inconsueto, però, era il biglietto che accompagnava la busta. Era del signor Rossi. Conosco il signor Rossi perché abita nel mio quartiere e, a volte, prendiamo il caffé allo stesso bar. Mi chiedeva di fargli il favore di leggere il contenuto, perché lui, pur avendolo letto, ci aveva capito poco.
La mia prima reazione è stata quella di rifiutare la richiesta, tanto più che non erano poche pagine, ma un voluminoso dattiloscritto. Ho sufficiente lavoro di questo genere e non volevo sobbarcarmene altro. Comunque, chi può mai resistere, trovandosi tra le mani un manoscritto, a non dare un’occhiata alla prima pagina?
Ed è stato proprio quello che mi ha fregato: la lettura della prima pagina. Non avrei dovuto farlo, ho pensato dopo aver iniziato a leggere. Ma poi, man mano che continuavo a leggere, cambiavo idea e più leggevo, più cambiavo idea. Alla fine ho dovuto ammettere che era stato un caso fortunato che io avessi letto la prima pagina, perché, da questa in poi, è iniziata l’avventura vera e propria del Testamento di Orazio Guglielmini.
Al termine della lettura, sono stato io ad andare a cercare il signor Rossi per chiedergli informazioni sull’autore. Mi spiegò che, una sera tardi, mentre usciva da scuola, aveva trovato un signore sulla sessantina che distribuiva un libro, scritto da lui. Ne aveva preso una copia. L’aveva letto. Aveva trovato l’argomento interessante e facile da leggere. Aveva deciso di scrivere all’autore. C’era stato uno scambio epistolare tra il signor Rossi e l’autore del libro, Orazio Guglielmini, un nome che, nel mio ambiente, non avevo mai sentito.
Rossi, ad un certo punto della corrispondenza, gli aveva chiesto spiegazioni su argomenti che non comprendeva, particolarmente sulla religione. Dopo questa richiesta, stranamente, non aveva più ricevuto risposta da Guglielmini. Aveva pensato che lo scrittore avesse deciso di interrompere la corrispondenza.
La cosa non era andata così. Il silenzio del signor Guglielmini aveva avuto una spiegazione quando, qualche anno dopo, Rossi aveva ricevuto un plico di oltre mille pagine, intitolato: Lettera al signor Rossi. Ne era rimasto stupito.
Lesse il testo, con fatica, ma lo lesse. Alla fine della lettura, però, si era reso conto che, in questo scritto, il signor Guglielmini non era stato così facile da leggere come nel libro che gli aveva dato quella sera uscendo da scuola. Voleva comunque capire. Era stato a questo punto che gli ero venuto in mente. Voleva che leggessi anch’io la Lettera. Disse anche che il signor Guglielmini, purtroppo, era morto.
Rossi gli aveva scritto diverse lettere, dopo aver ricevuto il dattiloscritto, ma non aveva avuto risposta. Aveva deciso di andarlo a trovare di persona, anche se abitava lontano. Aveva citofonato all’appartamento del signor Orazio Guglielmini e non aveva risposto nessuno. Mentre era lì con l’orecchio al citofono, si era aperto il portone. Ne era uscita una signora. Rossi le aveva chiesto delle informazioni. La signora gli aveva detto che il signor Guglielmini era morto e sepolto, che la moglie era partita e che l’appartamento era vuoto. Rossi era ritornato a casa e, il giorno dopo, era venuto a mettere il grosso plico sulla mia cassetta delle lettere.
In realtà, e uno del mestiere questo lo capisce, Il Testamento di Orazio Guglielmini – il titolo che gli ho dato io – è stato scritto a tempo di record. L’autore, una volta finito di scriverlo, l’aveva certamente riletto, ma non aveva avuto modo di correggerlo. E, ho dedotto io, considerato il suo stato di salute, aveva preferito inviarlo a Rossi com’era, piuttosto che finisse in un cassonetto dell’immondizia dopo la sua morte. Per fortuna l’aveva spedito, perché è uno scritto straordinario. Non è solo una Lettera, è un Testamento vero e proprio, un Testamento che questo signor Orazio Guglielmini ha voluto scrivere prima di uscire di scena.
A questo punto, il lavoro del signor Guglielmini m’interessava molto. Avevo accantonato i miei impegni e mi sentivo sempre più coinvolto da questo strano autore che aveva partorito il suo bimbo appena prima di morire. Tanto per cominciare, non volevo che il suo scritto finisse in qualche angolo oscuro dell’appartamento del signor Rossi oppure andasse perso.
Cosa fare allora? Prima di tutto dovevo chiarire qualche questione d’ordine pratico col signor Rossi, dato che l’autore del racconto era morto. Dovevo trattare con lui. Gli chiesi alcune cose. La prima se voleva che il lavoro di Guglielmini venisse dato alle stampe; la seconda se mi permetteva di correggerlo e la terza se mi concedeva il diritto di pubblicarlo a mio nome, con le inevitabili correzioni e integrazioni. Rossi non mi deluse. Ne era più che felice.
Ho rispettato, per quanto ho potuto, il testo di Guglielmini. Non ho esitato, comunque, ad apportare quelle correzioni che ho ritenuto indispensabili. Forse alcuni paragrafi sono un po’ ripetitivi, ma non penso che danneggino la lettura; anzi, secondo me, la rendono più esplicita.
Come ho già detto, mi sono permesso di cambiare il titolo, da Lettera al signor Rossi a Il Testamento di Orazio Guglielmini. Inoltre, Il Testamento di Orazio Guglielmini, a sua volta, è stato diviso in quattro libri. Di più. Ho aggiunto anche dei sottotitoli ad ognuno di essi. Al primo, L’Indifferenza divina, al secondo Lo Stato predatore, al terzo, Ha un senso la vita? e al quarto Il Paese delle meraviglie.
È importante ricordare, leggendo il Testamento, che tutte le volte che Guglielmini menziona la Lettera, si riferisce alla Lettera vista nell’insieme, cioè ai quattro libri. Ovviamente, nonostante siano connessi, si possono leggere anche singolarmente.
Le parti che Guglielmini ha scritto su Giovanni Paolo II, le ha scritte mentre il papa era ancora in vita. Le ho lasciate così.
Tra un capitolo e l’altro mi sono permesso di mettere delle “passerelle”, cioè degli accenni introduttivi per il capitolo seguente. Queste “passerelle” non le riporto nell’Indice.
Un’altra cosa. Guglielmini si è limitato a fornire la lista dei libri che più l’hanno motivato a scrivere la Lettera a Rossi. Io, questa sua lista di libri l’ho trasformata. Ho messo, al suo posto, visto l’impegno e la serietà del lavoro, una bibliografia.
Sui diversi argomenti trattati nel Testamento, sulla forma e sullo stile, non dirò nulla, lascio che il lettore li scopra da sé.
Mi auguro, a questo punto, che, con tutte le correzioni che sono state apportate a Il Testamento di Orazio Guglielmini, anche il signor Rossi adesso possa leggerlo senza difficoltà.
Cos’altro? Solo questo. Vorrei, prima di concludere questo breve cenno introduttivo, ringraziare vivamente Anna Campese, Alberto Zola, Cristina Acquadro e Fabrizio Scanzio per aver letto, dietro mia richiesta, il Testamento. Avevo bisogno, nonostante la mia opinione, di sentire altri pareri prima d’imbarcarmi nel lavoro vero e proprio. Non mi hanno smentito. Inoltre, hanno espresso critiche e avanzato suggerimenti preziosi. Un affettuosissimo ringraziamento va anche a Luciana Patteri e a suo marito, Franco Tosatti, per aver letto il dattiloscritto ed espresso simpatiche impressioni. Un particolare thank you very very much va a Roberto Perinu che più di ogni altro ha contribuito (leggendo, rileggendo e corregendo il Testamento) alla realizzazione del racconto. In ultimo voglio ringraziare Lorenza Negro, la mia compagna di vita, non soltanto per aver letto il dattiloscritto di Guglielmini, ma soprattutto per avermi saputo dare l’amore e la forza di cui avevo bisogno per correggerlo, dividerlo in quattro libri, finirlo. A tutti va la mia più profonda riconoscenza e gratitudine. Per il resto, gli unici responsabili siamo io e quella buon’anima di Orazio Guglielmini.
Francis Sgambelluri
P. S. La premessa affettiva, l’introduzione e il prologo sono gli stessi per i 4 libri, cambia solo il sottotitolo e l’accenno introduttivo al nuovo racconto.
Prologo
Non è facile, amico Rossi, rispondere alla tua disordinata, nonché interessante lettera. Sicuramente, da quando sei ritornato a scuola, hai progredito nel tuo modo di pensare, però c’è ancora tanta strada da fare. Sai, la riflessione metafisica non è cosa per dilettanti. Volgere gli occhi al cielo, senza prima averli piantati nel cuore della Terra, può portare a tante confusioni. Anche i filosofi più agguerriti, quando si scontrano con questo argomento, si sbriciolano. No, la riflessione “oltre la fisica”, non è da tutti, figuriamoci poi per uno che si chiama Rossi! Non ti offendere, non sei in una posizione da potertelo permettere. E poi, lo sai, hai letto, forse solo tu, il libro che ti ho dato all’uscita della scuola, quindi sai che io dico ciò che penso e non quello che dovrei dire.
Vedo che ti sei messo anche a studiare lingue. Buon segno: un Rossi che si mette a riflettere su cose metafisiche e inizia a studiare lingue! Roba da non crederci. Vuol dire che c’è ancora speranza. Non posso che compiacermi.
Nella tua lettera parli, oltre che di religione, di tante altre cose: parli di politica, del senso della vita, del nostro paese ecc. Insomma, hai affastellato tantissimi argomenti con altrettante domande.
La cosa che mi ha colpito di più, però, è quando parli di tuo figlio. Scrivi: “Mio figlio ritornando a casa da scuola, mi ha chiesto più volte se si deve credere alla CREAZIONE o al BIG BANG e io non sono stato in grado di dargli una risposta sensata e avrei voluto tanto potergliela dare”.
Ecco, Rossi, cosa mi spinge principalmente a scriverti questa Lettera. Penso che il problema di tuo figlio sia il problema di molti giovani. Un grattacapo, questo, che non si può risolvere con qualche frase. Si finirebbe per essere ridicoli oltre che superficiali. Prima di riuscire a formulare qualche risposta, si deve vangare molto terreno. Per farlo ci vogliono tempo, pazienza, volontà e, soprattutto, tanto lavoro. Non ti prometto nulla, ma, dato che la cosa interessa anche a me, possiamo almeno provarci.
Il mio intento, dunque, nello scriverti questa Lettera, oltre al mio interesse per l’argomento, è quello di fornirti, possibilmente, un’ampia veduta della cultura in cui siamo cresciuti e, nello stesso tempo, di metterti in guardia contro tanti insegnamenti ingannevoli. “Look out for false knowledge, it is more dangerous than ignorance” – “Guardati dalla falsa conoscenza, è più pericolosa dell’ignoranza”, come dice, giustamente, George Bernard Shaw.
Non aspettarti idee originali: non ne ho. Ti parlerò di cose semplici, ma reali. Su questo puoi contare. “Mon but, scrive André Comte-Sponville ne “Le mythe d’Icare”, n’est pas de penser neuf, mais de penser juste” – “Il mio scopo non è di pensare nuovo, ma di pensare corretto”.
Voilà, direi che mi piacerebbe tanto, io che non sono un filosofo, riuscire a parlarti di cose giuste, non originali, ma giuste, proprio come dice il filosofo francese.
Prima di iniziare, vorrei dirti ancora tre cose. La prima è questa. Vedi, molti scrittori scelgono di narrare la storia della vita servendosi del fantastico, della fiction. Io ho scelto di narrartela servendomi della realtà. È questa che a me sta a cuore, Rossi, ed è di questa che ti parlerò.
La seconda è che questa Lettera non vuole essere un saggio. Non ha questa pretesa. Vuole essere un racconto che, in una sera d’inverno, un Rossi, ormai vecchio, vicino al focolare racconta ai suoi nipotini.
E la terza è che vorrei ringraziare tutti quegli scrittori che mi hanno aiutato a sviluppare la mia conoscenza sull’argomento e per i prestiti fatti dai loro lavori.
E adesso, se vuoi seguirmi, compagno di viaggio, possiamo incominciare. In questa prima parte del racconto ci confronteremo con L’Indifferenza divina.
Orazio Guglielmini