La mia università
Vedo spesso su Facebook, in quest’ultimo tempo, che mi si chiede (ad esempio, l’Università degli Studi di Torino, l’Università degli Studi di Teramo, l’Università degli Studi di Napoli Federico II) quale università ho frequentato. Ho già risposto, se ricordo bene, a questa domanda più d’una volta e lo rifaccio.
Intanto c’è da dire che le università non creano solo degli Einstein, ma mettono anche sul mercato laureati che, grazie all’istruzione universitaria ricevuta, ne approfittano per meglio imbrogliare i loro simili, quelli che non hanno avuto la chance di studiare. Comunque, ad ognuno la sua università. La mia è stata quella del lavoro: i lager statali e del capitalismo. Questo tipo di lavoro (sarebbe più corretto definirlo “schiavismo legale”) ti fa sopravvivere, se ti fa sopravvivere, fuori, ma pian piano ti succhia tutte le tue energie e ti appassisce dentro e, infine, senza onore e senza pietà, ti dà la stoccata finale: ti ammazza! Io, e non so ancora oggi come ho potuto, sono riuscito a tirarmi fuori da questo mostruoso “contratto sociale”.
La mia scuola superiore, dunque, e tale la ritengo, è stata quella d’un percorso doloroso e pesante (ho iniziato a lavorare quando avevo 9 anni). Questa esperienza fisica, concreta, carnale e psicologica è durata per molti anni. È stata, in effetti, la mia Università, la mia Oxford. Mi ha dato un’educazione però che Oxford non avrebbe mai e poi mai potuto darmi, mi ha trasmesso dei valori che non possono essere insegnati con concetti, teorie, idee e altre sofisticherie mentali, mi ha trasmesso valori reali, valori umani, valori che nascono dalla vera essenza dell’uomo.
Scrive Albert Camus nei Taccuini: “L’uomo che sarei se non fossi stato il bambino che fui.” Sapeva di cosa parlava, lui, quando ha scritto queste parole. Anche se il nostro non è stato lo stesso percorso esistenziale, posso dire però anch’io: “Se non fossi stato il bambino, l’adolescente e l’adulto che sono stato, oggi non sarei l’uomo che sono.” Detto diversamente, io non ho avuto bisogno di andare alla ricerca d’una identità, ci ha pensato la vita che ho vissuto a darmela e, onestamente, non la cambierei con nessun’altra al mondo.
Ora, per chi vuole conoscere i miei studi fatti nelle così chiamate “scuole pubbliche e private” che ho frequentato con grandi sacrifici e rischi (ho fatto, per causa loro, più d’una volta lavori pericolosi e duri per guadagnare più soldi e potermi così pagare la mia educazione e anche dei professori privati) lungo la mia vita, suggerisco di leggere il mio “Cenno autobiografico” pubblicato sul mio blog italiano (c’è anche quello inglese) e, per chi è interessato a conoscere la mia formazione scolastica, lì, in poche pagine, troverà l’essenziale.
Fortunato te caro Francis.io ho conseguito la licenza di quinta elementare nel fine guerra, per poi cominciare a guadagnare per aiutare la famiglia in disastrose condizioni economiche. Penso che anche la mia università sia allo stesso limite della tua. Buona Domenica.:-)))
La nostra “università”, caro Fausto, è stata l’Università, almeno per noi. Buona serata a te.
Come possono comunicare se a quattricchi non sanno dialogare? Il mondo è pieno di comizianti e monologatori da diporto, veri asini raglianti, ma almeno quelli hanno orecchie.