La Repubblica delle banane

Quando il capo della chiesa bogududiana e il capo della Repubblica delle banane si stringono insieme e si scambiano complimenti e reciproci attestati di stima e si rinnova l’indegno patto già combinato fra di loro, a me viene da ridere, da ridere smodatamente. E poi? E poi penso a quanto sia grande e gloriosa la Repubblica delle banane in cui vivo, allora divento euforico, allora, e non posso farci niente, è più forte di me, tutto, da un momento all’altro si trasforma, diventa cacca, merda, schifo e mi pare di annegare gioiosamente nel più grande paese di merda al mondo.

Scusami, lettore, per tutta questa shit, per tutto questo turpiloquio, linguaggio volgare, abominevole ma, dimmi tu, se noi, noi nessuno, noi incatenati e impotenti spettatori – a meno che non spegniamo la tivù, non leggiamo più i giornali, le riviste, non ascoltiamo più la radio, insomma ci teniamo a distanza da ogni contatto col mondo – a meno che non facciamo questo, come altrimenti possiamo sfuggire alla merda che ci viene buttata in faccia giorno dopo giorno?

A volte mi sembra proprio che noi, noi incatenati telespettatori, mi sembra proprio che assomigliamo tanto ai prigionieri della caverna di Platone. Scrive, ne la Repubblica: “Si immaginino dei prigionieri che siano stati incatenati, fin dall’infanzia, nelle profondità di una caverna. Non solo le membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in maniera che gli occhi dei malcapitati possano solo fissare il muro dinanzi a loro.”

Ecco, proprio come noi: sin dall’infanzia ci hanno indottrinato, condizionato, obbligato a guardare solo la tivù che abbiamo dinanzi a noi e basta. Esattamente come i condannati della caverna possono guardare solo il muro dinanzi a loro, così noi non possiamo guardare altro che la tivù. È calzante il paragone tra La Repubblica di Platone e la Repubblica delle banane. La storia non va avanti, per nulla, marcia all’indietro. Ormai dinanzi a noi, prigionieri nelle nostre gabbie di cemento armato, ci sono solo le figure di merda che l’indegno piccolo schermo ci proietta dinanzi.

C’è però una piccola ma importante differenza fra i prigionieri della caverna e i prigionieri della tivù nella Repubblica delle banane: i primi non sanno cosa realmente stia accadendo alle loro spalle; i secondi sono consapevolissimi del paese di merda in cui vivono.

Detto diversamente, mio caro lettore, se non spezziamo le catene, le atroci catene, le catene che ci incatenano sin dall’infanzia, se non ci liberiamo al più presto di tutta questa merda che ci governa, allora, credimi, sarà la nostra fine: ci affogheremo dentro!

 

Se sei d’accordo con il contenuto di questo articolo, lettore, fallo girare e spargi la voce. Grazie.

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *