L’Indifferenza divina (17)
È solo un nome (V)
Ma, poi, in fin dei conti, cosa vuol dire “papa”? Diamogli un’occhiata in termini linguistici; non semantici, linguistici. Papa è solo un nome inventato, un simbolo, un rumore acustico, come lo sono inglese, Satana, Dio, albero, re, cane. Papa = inglese = cane = italiano = cocomero = francese o quel che vuoi. Ciò che cambia in queste parole è il senso che la cultura ha dato loro lungo la storia. “Papa” è solo un’esternazione acustica. Se lo mettessi nudo in una gabbia in un giardino zoologico, Rossi, ti accorgeresti subito che fa parte del regno animale, né più né meno come l’orangutan nella gabbia a fianco. “Papa” è un segno come tanti altri segni e nulla più, solo un nome, flatus vocis, come sosteneva il filosofo medioevale Roscellino, però, nella giungla sociale che si sono creati i bipedi, è tutt’altra cosa. Essere riconosciuto come papa, nel groviglio dei simboli, vuol dire distinguersi tra i quasi sette miliardi di altri bipedi. Questo il papa lo sa e sa anche che c’è gente che è pronta a morire per lui, pronta a mangiarsi i suoi escrementi, pronta ad urlare in giro per il mondo il suo nome, il suo fanatismo, il suo fondamentalismo.
Infatti, c’è un solo papa in tutto il mondo. Oggi, questo papa si chiama Giovanni Paolo II. Domani, se ci sarà un altro papa, prenderà un altro nome, e così via. Che distinzione! Che levatura! Altro che vice di Dio! Altro che Dio! Il papa è un superDio! Noi, però, subiamo la volontà del papa non quella di Dio. Costui non l’abbiamo mai visto, sentito, il papa sì. “Io unico, pensa schiacciando un sorrisetto mefistofelico, io unico tra sette miliardi di bipedi! Io grande bipede!” Certo, lui non si definirebbe mai bipede, mai si considererebbe il nipote dell’orangutan. Assolutamente no. Tutt’altro. Lui è un superDio! E perché, poi, non si considererebbe il nipote dell’orangutan? Perché gli mancano una conoscenza appropriata dell’evoluzione e il senso dello humour. E non solo. Perché vuole essere un dio, un superDio in terra e non il fratello legittimo d’una scimmia!
La sua vera essenza, però, e questo forse lui non lo sa, è quella non divina, ma animale, e più precisamente quella della razza homo, i cui avi sono, appunto, gli orangutan, gli scimpanzé. In definitiva, il papa è un mammifero, è una bestia, una bestia di potere, of course, ma pur sempre una bestia. Tutto qui. Come nella giungla ci sono bestie di potenza fisica, nella giungla simbolica ci sono bestie di potere culturale. L’uso che ne fanno è lo stesso: la forza. I valori, il potere, la proprietà, i grandi nomi, tutto, tutto si tiene in vita, non per merito della giustizia, dell’amore, della virtù, ma per merito della forza.
Come può essere, lui, dunque, un simbolo di giustizia quando è l’uomo più ricco della Terra? Come può essere, lui, un simbolo di amore quando se ne va in giro per il mondo in macchine blindate e con centinaia di teste di cuoio che gli proteggono il culo? Come può essere, lui, un simbolo di virtù quando è il capo indiscusso d’una istituzione dogmatica? Papa Karol Wojtyla, nella giungla dei simboli, è un simbolo, un simbolo della forza e dell’oscurantismo, il resto è retorica.
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