L’Italia analfabeta – post 16
Come un paese viene lobotomizzato
(L’assassinio storico e culturale del popolo italiano: questo post lo vedremo un po’ più avanti)
“Con la pubblicazione nel 1557 dell’Indice romano dei libri proibiti, l’Inquisizione intraprende la caccia alle opere sospette di diffondere l’eresia: gli editti di Milano (1593), Alessandria (1595) e Ferrara (1596) obbligano a presentare liste dei volumi presenti nei magazzini di librai e stampatori. Gli storici spagnoli e portoghesi ritengono che questa politica di censura sia stata efficace nella penisola iberica, ma essa lo fu ampiamente anche in Italia, dove, ad esempio, in due secoli (dalla metà del Cinquecento a quella del Settecento) si conta una sola edizione … Anche a Venezia, dove l’Inquisizione può esercitare la censura preventiva tra il 1562 ed il 1569, 28 librai sono processati e 1150 libri confiscati. Lo storico italiano Antonio Rotondo fa risalire la debolezza dell’ateismo nell’Italia dei secoli XVII e XVIII, come pure l’isolamento del paese rispetto alle correnti intellettuali europee e i suoi successivi ritardi culturali, a quest’azione repressiva”, Georges Minois, “Storia dell’ateismo”, p. 148.
“Isolato a Bellosguardo (la sua casa), Galileo portò a termine il suo più importante, ‘Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze’, che riassumeva le ricerche di tutta la sua vita sulla meccanica, l’inerzia e i pendoli (la scienza dei corpi in moto), e la resistenza dei corpi (la scienza dei corpi non in moto), e inoltre esponeva il metodo scientifico. Analizzando in termini matematici questioni che in precedenza erano state appannaggio dei filosofi, le ‘Due nuove scienze’ furono il primo testo scientifico moderno, in cui si affermava che l’universo è governato da leggi che possono essere comprese dalla mente umana ed è mosso da forze i cui effetti possono essere calcolati servendosi della matematica. Fatto uscire clandestinamente dall’Italia e pubblicato a Leida nel 1638 da Lodewijk Elzevier, questo libro ebbe un’enorme influenza sullo sviluppo della scienza in Europa nei decenni successivi, ancor più dell’ampiamente tradotto ‘Dialogo’ (Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo). Enorme influenza dappertutto, cioè, eccetto che in Italia: come diretta conseguenza della condanna delle opere di Galileo da parte della Chiesa di Roma, dal 1630 in poi l’Italia, che aveva conosciuto la prima fioritura del Rinascimento, vide ristagnare la ricerca su come funziona il mondo”, John Gribbin, “L’avventura della scienza moderna”, pp. 108-109.
“Così Nietzsche ha fondato la geo-filosofia, cercando di determinare i caratteri nazionali della filosofia francese, inglese, tedesca. Ma perché tre paesi soltanto furono collettivamente capaci di produrre filosofia nel mondo capitalista? Perché non la Spagna o l’Italia? L’Italia in particolare presentava un insieme di città deterritorializzate e una potenza marittima capaci di riprodurre le condizioni di un “miracolo” e segnò l’inizio di una filosofia ineguagliabile, che tuttavia abortì e la cui eredità passò piuttosto in Germania (con Leibniz e Schelling). Forse la Spagna era troppo sottomessa alla Chiesa e l’Italia troppo “vicina” al Soglio pontificio; ciò che salvò spiritualmente l’Inghilterra e la Germania fu forse la rottura col cattolicesimo, e il gallicanesimo la Francia … All’Italia e alla Spagna mancava un “ambiente” per la filosofia, cosicché i loro pensatori restavano delle “comete”, comete che entrambi i paesi erano pronti a bruciare”, Deleuze-Guattari, “Che cos’è la filosofia?”: p. 96.
“Dopo il mio passaggio, l’Italia non era più la stessa nazione: la sottana, che era l’abito di moda per i giovani, fu sostituita dall’uniforme: invece di passare la loro vita ai piedi delle donne, frequentavano i maneggi, le sale d’armi, i campi militari; i bambini stessi iniziarono a giocare sul selciato con interi reggimenti di soldatini di stagno; indubbiamente dopo averlo sentito raccontare in casa tra le mura domestiche dai loro padri, imitavano i fatti di guerra e le mie battaglie. E quelli che cadevano non erano più gli italiani, ma gli austriaci. Prima, nelle commedie e negli spettacoli di piazza, veniva sempre messo in scena qualche italiano vile, anche se spiritoso, e di contro a lui un tipo di grosso soldato straniero, forte, coraggioso e brutale, che finiva sempre col bastonare l’italiano, fra le risa e gli applausi degli spettatori. Anche se non c’era proprio niente da ridere, ma semmai da piangere. Orbene: il popolo italiano non tollerò più allusioni di questo genere; gli autori dovettero cambiare copione. Iniziarono a inserire italiani valorosi, che mettevano in fuga lo straniero, vi sostenevano il proprio onore e il proprio diritto. Vi sembra poca cosa tutto questo? No! La coscienza nazionale si era formata. E l’Italia ebbe per la prima volta i suoi canti guerreschi e gli inni patriottici,” Napoleone Bonaparte, “Memoriale di Sant’Elena”.
Questo paese, Rossi, lungo tutto il suo percorso storico, è stato teatro di infinite invasioni. Perché? Perché al monarca del Vaticano, per el particulare suo, avrebbe sicuramente detto Francesco Guicciardini, piaceva tenerlo diviso. La ragione infatti c’era. Un paese diviso, oltre ad essere debole militarmente, è anche un paese dilaniato internamente. La Chiesa, fino a qualche secolo fa, fino al Risorgimento (che non si sarebbe mai realizzato se non fosse stato per la Rivoluzione francese e per Napoleone Bonaparte: sono stati questi il motore mentale e patriottico del Risorgimento), ha tenuto l’Italia divisa. Machiavelli lo sapeva benissimo. “Abbiamo adunque con la Chiesa e con i preti noi Italiani questo primo obbligo: di essere diventati senza religione e cattivi: ma ne abbiamo ancora uno maggiore, il quale è la seconda cagione della rovina nostra: questo è che la Chiesa ha tenuto e tiene questa provincia divisa”, Giordano Bruno Guerri, “Gli italiani sotto la Chiesa”, p. 3.
Il filosofo spagnolo Ortega y Gasset, scrisse, nel 1921 “Spagna invertebrata”. Con questo titolo intendeva dire che la Spagna, non avendo una filosofia come ce l’avevano gli inglesi, i francesi e i tedeschi, era un paese senza spina dorsale, ecco perché “Spagna invertebrata”.
Nel Paese delle meraviglie, dato che si trova culturalmente parlando in una posizione non migliore di quella spagnola, anzi!, nessuno scrittore, per quello che ne so, ha mai avuto il coraggio di denunciare questa invertebralità italiana. E non solo questo. Intellettualmente parlando, ci siamo persi i movimenti culturali più importanti nella storia dell’umanità: ci siamo persi lo sviluppo tecnico-scientifico, la torcia filosofica, l’Illuminismo, il romanticismo, il realismo, lo sviluppo linguistico. Parliamo ancora oggi la lingua del medioevo.
Gustave Flaubert, nel suo “Bouvard e Pécuchet”, mette in bocca ai suoi protagonisti queste parole: “Lo spagnolo e l’italiano, sostiene il Cigno di Cambray, non servono quasi ad altro che a dar la possibilità di leggere libri nocivi… Comunque, la conoscenza di queste lingue a Vittorina non sarebbe di alcuna utilità; meglio una lingua diffusa come l’inglese,” p. 218.
E le cose non si fermano qui. L’Italia non ha avuto una riforma religiosa. Tutt’altro. Ha avuto invece la Controriforma religiosa, vale a dire una chiusura e abbrutimento mentale a 360 gradi. Grazie ad essa, noi non abbiamo avuto una rivoluzione sociale; una letteratura impegnata; un incivilimento culturale. Insomma, dov’era l’Italia mentre le altre nazioni europee crescevano e progredivano culturalmente ed economicamente?
Ecco, amico Rossi, ecco l’effetto devastante che la Chiesa ha avuto sul nostro paese e sul nostro pensiero e continua ad avere: l’ha, oltre che lobotomizzato, anche castrato come castrava i bambini del coro, “le voci bianche”.
A volte, e non posso fare a meno di non chiedermelo, a volte mi domando, perché questo insulto all’umana dignità, questa vergogna planetaria, questo imbarbarimento travestito da santità, perché dopo tutti i disastri, i crimini e le ignominie che ha commesso lungo millenni di storia infame, perché lo si lascia ancora lì indisturbato a continuare il suo flagello di corpi e di anime? E non solo. Lo si manda anche in giro per il mondo a predicare “l’oppio dei popoli”, come lo chiamava Karl Marx, quindi a sostenere la causa del capitalismo, la causa dello sfruttamento legalizzato, la causa dei ricchi indegnamente ricchi e a perpetrare la misera e la rovina dei poveri: poveri di mente e poveri di averi.
Ecco, Rossi, ecco la cultura che l’Italia analfabeta porta nei paesi stranieri!
Nel prossimo post, Forti coi deboli; deboli coi forti