L’Italia, un paese del quarto mondo ovvero dove l’irrazionale diventa razionale
Cosa s’intende quando si dice che gli “italiani sono incapaci di agire razionalmente?” Di certo non s’intende che non sono, per ragioni naturali, all’altezza di comportarsi con raziocinio o di fare un discorso logico. Affatto. Non è qui che bisogna cercare le cause dell’irrazionalità italiana. Questa, come vedremo, sta altrove.
Chi ha letto il romanzo di Aleksandr Solzenicyn, “Una giornata di Ivan Denisovic”, ricorderà che Ivan è stato condannato ai lavori forzati in un campo di concentramento russo e ha dovuto adeguarsi alle regole del luogo. Ma ha dovuto veramente? Se avesse voluto, avrebbe potuto non farlo. Però, nel caso non l’avesse fatto, sarebbe andato contro il regolamento, e andare contro il regolamento era rischioso.
Sfidare il pericolo non è da tutti. Ci sono gli attaccamenti, l’istinto di sopravvivenza, la mancanza di ribellione, il catechismo, l’essere inadatti a certe azioni, la viltà, ecc. Quando il potere ci sovrasta, il più delle volte ci adeguiamo. Ivan, nel campo di concentramento, capì che era meglio “adeguarsi alle regole” piuttosto che ribellarsi, ed è quello che fece, si adeguò. Lo stesso fanno gli italiani nei loro rispettivi campi di concentramento sociali: si adeguano alle regole del gioco.
La cultura dell’irrazionale funziona così: prima si apprende a scuola e poi i futuri studenti-genitori la insegneranno ai loro figli a casa come educazione familiare che, in realtà, educazione familiare non è, è un indottrinamento istituzionale vero e proprio, bigotto e viscerale. Questo corredo scolastico è molto potente. Invade e domina la vita. Nessuno può sfuggire al suo DNA. È un marchio che, una volta imposto, raramente uno può disfarsene: è fatale.
La biologia non è solo biologia, è anche, e soprattutto per la specie homo, cultura. Questa, la cultura, può contaminare anche le scienze più pure, come la chimica e la matematica: le inquina con le sue ideologie. Ogni paese ha le sue, quelle che si è creato lungo il suo percorso storico con il suo fare. Tra un italiano e un russo, culturalmente parlando, c’è un abisso. Il primo viene imboccato dalla nascita alla morte di falsi valori; il secondo ha una Rivoluzione e una patria di cui essere orgoglioso.
L’Italia è stata costruita palmo a palmo da organizzazioni e istituzioni banditesche che avevano poco o nulla a che vedere con la ragione e con lo sviluppo etico e morale. L’Italia è l’Italia di sant’Ambrogio, di sant’Agostino, dei padri della chiesa, di Dante e paradiso e inferno e purgatorio e limbo, di san Francesco, di san Tommaso, dei papi, dell’inquisizione, dei falò, ma anche di quella Italia che porge l’altra guancia; poi viene l’Italia degli invasori, di quelli che arrivano sulla nostra terra e la stuprano; poi c’è l’Italia delle signorie sempre in guerra l’una con l’altra, dei capitani di avventura, dei lanzichenecchi; poi arriva, tanto per cambiare, l’Italia di Manzoni, di Rosmini, di Padre Pio, di santa Maria Goretti, della madonna col Bambino; non dimentichiamo l’Italia degli artisti, non individui alla Ibsen, alla Flaubert, alla Dickens, alla Dostoevskij, ma servi delle signorie e del Sistema, e poi, finalmente!, ecco fare capolino l’Italia dello sconvolgimento, l’Italia dei Savoia, l’Italia dell’ “Obbedisco!”, l’Italia unita ma divisa, l’Italia sconfitta e umiliata in Africa, l’Italia del fascismo, l’Italia che bombarda coraggiosamente dal cielo i nativi di Etiopia armati solo di bastoni, l’Italia che pugnala alla schiena gli sconfitti, l’Italia dal ventre molle, l’Italia prende botte, l’Italia di Marcinelle, l’Italia della mafia, dei comunisti (c’è comunismo e comunismo), di comunione e liberazione, l’Italia della Roma ladrona, della lega ladrona, della politica incapace, del becero capitalismo, del calcio, della sbobba televisiva e, da ultimo, l’Italia che rimuove tutto il marcio della sua storia e al suo posto sventola fiera e trionfante le vittorie della Ferrari e dei suoi adorati pallonari.
È questa l’Italia degli italiani ed è con questa realtà italiana che loro devono fare i conti. Non c’è un’altra. Certo, certo, e chi lo nega! Abbiamo anche l’Italia di Boccaccio, di Giordano Bruno, di Galileo Galilei, di Leonardo, di Fermi, di Giangiacomo Feltrinelli rivoluzionario, di Pasolini e, se si vuole, anche l’Italia della filosofia e della scienza. Questa Italia, però, in Italia non esiste, non per il popolo comunque. Questo, il popolo, viene, bestialmente e machiavellicamente, in ogni momento della sua esistenza, manipolato dal Sistema alla massima potenza, specialmente durante le elezioni. Come conseguenza, le elezioni, una volta vinte dai briganti al potere, il gioco è fatto. E così, da generazione a generazione e da secolo a secolo, qui da noi, non trionfa la democrazia, ma l’autocrazia, e cioè il governo della lussuria e dei buoni a nulla.
Che venga pure qualcuno a convincermi ragionevolmente che la religione, i monarchi, il fascismo, la mafia, la politica, la sbobba televisiva, la vita pubblica, ecc., ecc., ecc., per come vengono imposti e vissuti in questo paese, non siano tutte forme irrazionali, tutti indottrinamenti mirati e fascisti.
Come risultato di questo “governo!”, la società italiana, oltre a essere indebitata dalla testa ai piedi (ogni bambino che nasce in questo paese è già indebitato allo Stato di circa 400mila euro), ce la deve mettere tutta per stare al passo coi tempi e, per certi versi, ci riesce. Come? Meccanicamente, materialmente, pappagallescamente: copia gli altri paesi. Invece, con l’anima, col cuore, con lo spirito e con la ragione, è rimasta bloccata ai vecchi tempi, bloccata in qualche sacca storica spazio-temporale dalla quale non riesce, grazie all’avere imparato alla perfezione come camminare in avanti con la testa volta all’indietro, a tirarsi fuori.
Oggi si parla dei paesi del terzo mondo, i paesi sottosviluppati. Però bisogna aggiungere, ai paesi del terzo mondo, anche i paesi dei quarto mondo, i paesi anarchici, decadenti, irrazionali, corrotti fradici, fondamentalisti, incapaci di evolversi, in fin di vita. E ce ne sono tantissimi. Qual è la differenza fra i paesi del terzo mondo e quelli del quarto mondo? I primi, prima o poi, si svilupperanno, hanno la voglia e lo spirito per farlo; i secondi no, questi sono già condannati, son già morti. L’Italia appartiene ai paesi del quarto mondo.
L’individuo che questa società crea, è un essere solo, e un essere solo è privo d’una vera forza e vitalità sociale. Prima di tutto non ha una politica sana e costruttiva da proporre. E poi lui stesso non ha un’etica: è falsa quella che pretende di avere; non ha neppure una morale: è falsa quella che pretende di avere; non ha una vera e propria coscienza sociale: è falsa quella che pretende di avere; non ha una nazionalità sentita, perché, in realtà, non ha una vera e propria patria, una patria rispettata e amata. Questo galletto riesce solo a fare chicchirichì nel suo bordello locale. All’estero, nei paesi del mondo civilizzato, è un nulla.
La res pubblica, vale a dire il sudore del popolo, il sudore di quelli che lavorano per davvero, qui da noi, è presa d’assalto dai briganti al potere, non per impiegarla e distribuirla saggiamente ed equamente in opere pubbliche e fra gli abitanti, ma per manipolarla ai propri fini. E perché? Perché, in Italia, come abbiamo detto e stradetto, non c’è una coscienza sociale. Ognuno si aggrappa al suo orticello, e per quello che riguarda il resto del paese, può andare pure alla malora.
La società italiana è una società, oltre che irrazionale, egoista ed egocentrica. Lo psichiatra Vittorino Andreoli la definisce una società malata. L’Italia, scrive, è un paziente malato di mente. Malato grave. Dal punto di vista psichiatrico, direi che è da ricovero. Però non ci sono più i manicomi”. Quindi, secondo il dottor Andreoli, quando incontriamo un italiano, incontriamo un ammalato mentale e noi lo siamo altrettanto per lui.
È vero, lo psichiatra ha ragione, non ci sono più i manicomi, però, direi io, ci sono i paesi irrazionali, i paesi del quarto mondo, e questi, inquinati e malati come sono, sono in via di estinzione: ecco il futuro del Belpaese.
Chi conosce il mito della caverna di Platone, sa esattamente come stanno le cose, vale a dire che alla lunga le ombre sono scambiate per esseri umani, e perciò l’irreale per il reale, l’irrazionale per il razionale. Ecco l’indelebile imprinting del popolo italiano, un popolo per cui l’irrazionale è diventato razionale.
Chi parla qui è vissuto e ha lavorato e studiato coi francesi, con gli australiani e coi danesi. Ha anche studiato alla Sprachschule dell’università di Monaco di Baviera e lingua e cultura spagnola alla Universidad de Complutense de Madrid, ecc., perciò, bene o male, qualche idea di questi paesi se l’è pure fatta.
Ora, chi pensa, leggendo alcuni dei miei scritti, che io odi l’Italia, si sbaglia. La verità è che a me spiace, e anche tanto, e anche molto, sapere che il mio paese, il paese in cui io sono nato, è nelle mani di briganti, di vendifrottole, di impostori, di incapaci, di dissipatori, di ladri, di venditori di aria fritta, di buoni a nulla, e questo fatto per me è una fonte di dolore che sento che non potrò disfarmene, eccetto che con la morte.
UN INVITO: Se l’articolo è stato di vostro gradimento, passate parola, condividetelo, criticatelo, dite ciò che pensate. Per crescere e maturare culturalmente (non biologicamente, di questo si occupa la natura), abbiamo bisogno di comprendere, di comunicare, di confrontarci, di dire la nostra, brutta o bella che sia. Fatelo! La vita è qui e ora e poi mai più. Non perdetevi questo confronto con voi stessi e coi vostri simili. Siamo tutti degli esseri umani. Vale a dire, nessuno uomo è più che un uomo. È così che Orazio Guglielmini parla agli amici del Web.
Purtoppo la verità non si può cancellare!
Tutto vero, purtroppo.
E poi c’è l’Italia di chi sbaglia le divisioni: debito pubblico/numero di abitanti fa circa 40.000, non 400.000 (fermo restando che è comunque un guaio).
Quindi che dobbiamo fare ci dobbiamo rassegnare? Che vuol dire siamo destinati a scomparire? Ovvero sarebbe meglio se fossimo territorio di un altro paese? Una colonia? Che vuol dire in via di estinzione che ci succederà?
Rassegnarci, scomparire, estinguerci: MAI! Bisogna prendere vivamente coscienza della nostra vera storia, della nostra vera cultura, della nostra vera politica e poi fare tutto quello che si può per migliorarci! Noi non siamo meno degli Inglesi, Francesi, Tedeschi, degli altri popoli! C’è qualcosa di maledettamente marcio nel nostro Paese ed è questo che bisogna estirpare!
GRAZIE!!!