Materialismo cosmico ovvero “Sono materia, quindi esisto”
i vive individualmente, ma si muore in massa. Questa è la regola, la prima è l’eccezione. Di singoli, e in qualsiasi parte dell’universo uno guardi, ne vede molti e di ogni tipo, ma il loro finale li unisce tutti: si passa dalla vita alla morte. In altre parole, si ridiventa atomi, particelle, bricioli, quindi materia che smette di vivere e si trasforma. Non esiste la morte per come noi la intendiamo, è un nostro modo di definire un accadimento fenomenico nei suoi infiniti volti e risvolti.
La vita è materia e la materia è vita. Dove c’è corpo, lì c’è vita. La vita può rimanere in incubazione per milioni e miliardi di anni. Anche per sempre. Ma non ovunque, perché prima o poi, da qualche parte farà capolino, verrà fuori. Fondamentalmente siamo tutti un’unica sostanza e il migliore di noi è anche il peggiore.
In termini più semplici, potremmo dire che il tutto si riassume, non nel “Penso dunque sono” cartesiano (Je pense, donc je suis), ma nel “Sono materia, quindi esisto”. L’Universo fisico, quando si va al nocciolo, si riduce in un materialismo cosmico assoluto ed è esso che regna e ha l’ultima parola.
Domanda: Come si è arrivati a questa realtà? Risposta: in modo semplice e naturale. È qui che troviamo la base del Grande Tutto. Prima viene l’immancabile nulla del nulla, poi la prima particella, quindi lo spazio e il tempo. Questi sono i 4 pilastri che compongono e sorreggono l’universo e senza i quali l’universo non esisterebbe.
Il concetto di “universo stazionario” che ha fatto scaturire il Big Bang, in realtà non esiste e, oltre che assurdo è anche poco intelligente, perché non c’è nulla di stazionario prima dell’apparire della prima particella. Prima di questa non esiste niente di niente: né il nulla del nulla, né lo spazio, né il tempo. L’inizio dell’universo parte sempre con la prima particella. Da questo istante in poi tutto inizia, l’evoluzione cosmica è partita.
Il detto cartesiano ha fatto il suo tempo e ora è finito, è morto e stramorto. Il pensiero non può venire che dopo la materia, quindi non “Penso, dunque sono”, ma “Sono materia, quindi esisto”.
Immagina dunque di sognare di notte, tutto sembra reale e tangibile, ovvero materiale, e di farti questo ragionamento nel sogno non sapendo di sognare, un ragionamento che ti sembra vero ed assoluto, ma solo finchè non ti svegli, e il dilemma continua da sveglio, cercando di autoconvincerti.
Chi eri nel sogno, una emanazione materiale del tuo cervello dormiente? E chi sei nella “realtà”? Un corpo munito di un cervello evoluto pensante? Chi sei tu fra questi due? Chissà.
Nella tua risposta troverai la verità che mai nessuno trovò, una verità che è tale solo per fede autoindotta, ma effimera.
Si nasce soli e si muore soli, il contesto non fa testo, nessuno della massa può manovrare la morte, al massimo crede di generare la vita, crede… ma genera la morte, condannando a morte i suoi discendenti pensanti, che se fossero molecole, anzichè identità sofferenti e disperate, sarebbe già tanto.