Nel segno del grottesco ovvero l’anima del parassita
Orazio Guglielmini interroga Rossi.
Dimmi, Rossi, e dimmelo in tutta sincerità, se tu guadagnassi 27mila euro al mese pulitissimi, se diventassi una star internazionale, se usufruissi dell’immunità sui crimini che commetti, se avessi teste di cuoio che ti proteggono il culo notte e giorno, se avessi uno stuolo di chauffeur privati e un fracco di auto blindate tutte per te, se ti sentissi, giorno dopo giorno, menzionato in tutti i telegiornali, se ti vedessi sempre in tv, se disponessi di ville e appartamenti di lusso, se potessi avere un aereo a disposizione per portarti dove desideri, se avessi a disposizione i medici più brillanti del paese pronti a curarti il raffreddore, se vivessi in un castello corazzato con tutti i confort del mondo;
e non solo, se avessi a tua disposizione una cucina con tutto l’occorrente e un famoso cuoco impegnato a cucinarti i cibi più squisiti, se tutto un harem, un intero bunga bunga, fosse a tua disposizione, nonostante fisicamente tu facessi schifo, se potessi prenderti una pensione da capogiro solo dopo pochi anni da funzionario dello Stato predatore, se dovunque andassi nel Paese delle meraviglie, al tuo arrivo ci fosse sempre un tappeto rosso che si srotola di fronte a te, se distruggessi il paese e svuotassi le casse dei contribuenti e nessuno ti potesse fare nulla, se, alla tua morte, avessi un funerale a rullo di tamburo e ti trovassi nei libri eccetera, eccetera, eccetera;
ora, Rossi, dimmi, e dimmelo sinceramente, se tu fossi un uomo onesto, diciamo l’uomo più onesto al mondo, sapendo che fuori dal Palazzo dell’Eldorado, fuori del posto che occupi, c’è merda ovunque, miseria ovunque, uccisioni ovunque eccetera, eccetera, eccetera, anche se in un primo tempo tu fossi stato un paladino della giustizia, un paladino dei nullatenenti, un paladino della solidarietà umana eccetera, eccetera, eccetera, sacrificheresti ora il tuo favoloso posto da nababbo per ritornare al tuo vecchio impiego?
“No!”
Bravo, bravo Rossi, hai risposto bene. È quello che avrei risposto anch’io.
Ora invece dimmi, ti batteresti all’ultimo sangue, a torto e a ragione, per difendere la tua nuova e invidiatissima posizione?
“Altroché!”
E non solo. Ti mostreresti cattivo o gentile di fronte a quelli che ti criticano?
“Cattivissimo”.
Cosa ti premerebbe di più, salvare il tuo posto o salvare dalla bancarotta il tuo paese?
“Salvare il mio posto!”
E se dovessi decidere tra il tuo posto e la rovina della metà del globo?
“La stessa cosa: salverei il mio posto!”
E se dovessi decidere tra il tuo posto e la rovina del 99% di tutto ciò che esiste sul pianeta terra?
“Il mio posto”.
E tra il tuo posto e la distruzione di tutti gli esseri umani nel mondo?
“La distruzione di tutti gli esseri umani nel mondo”.
Ti è caro fino a questo punto il tuo posto?
“Una volta che l’hai ottenuto, non potrai mai più farne a meno.”
Ecco il fascino e la potenza del Palazzo dell’Eldorado, luogo corrotto e corruttore, infame e infamante, criminale e criminalizzante; ecco il Dna della “cosa pubblica”, quella cosa, quella maledetta “cosa” che appartiene a tutti e a nessuno e che i parassiti, da tempo ormai, l’hanno fatta loro.
Vedere Lo Stato predatore