Nicolò – romanzo

 

foto (3)Un pomeriggio, in Australia, mentre stavo scrivendo qualcosa sulla lavagna, sono svenuto e finito sul pavimento. I miei studenti mi hanno portato subito all’ospedale di South Melbourne. Qui, dopo un controllo, un’iniezione e qualche ora di riposo, mi sono ripreso. Mi hanno detto che era stato solo un collasso, probabilmente dovuto allo stress. Ogni malanno di cui non si conosceva la causa, era dovuto allo stress in quei tempi. I dottori avevano iniziato comunque a farmi prelievi, controlli, esami e verso sera ho potuto ritornare a casa. Avevo 34 anni ed eravamo verso la metà degli anni Settanta.

La mia dottoressa, la dottoressa Fraser, mi telefonò il giorno dopo dicendomi che dovevo sottopormi a una serie di check-up, purtroppo, e che per il momento si sapeva solo che ero un portatore di talassemia. Le dissi che il termine non mi era familiare. Mi spiegò che con la talassemia maggiore si muore in età giovane, con la talassemia minore si vive una vita quasi normale. E io quale avevo? Non si sapeva. Non appena avesse avuto i risultati definitivi degli esami, ci saremmo visti.

In quel periodo di prelievi, di controlli, di esami e di paura, in cui non sapevo se la mia vita si sarebbe conclusa in brevissimo tempo oppure no, mi rivolsi alla mia forza di volontà chiedendole di aiutarmi a superare quest’ostacolo e a darmi il tempo di scrivere i miei tre libri (l’idea di scrivere tre libri era vecchia in me) e che, una volta scritti, avrei accettato l’inaccettabile con più serenità.

Alcuni giorni dopo il malore in classe, mentre mi recavo alla clinica, mi ero fermato a Toorak, uno dei sobborghi chic di Melbourne, entrai in un negozio di specialità europee e chiesi alla commessa un intero camembert, così com’era esposto in vetrina, e una bottiglia di cote du Rhone stappata. Dopo aver pagato, sono uscito mangiando formaggio e bevendo vino direttamente dalla bottiglia. Prima di arrivare dove avevo parcheggiato l’auto, ho buttato in una pattumiera quel che rimaneva del camembert e del vino, poi sono salito, ho acceso il motore, inserito nel mangianastri una cassetta di Theodorakis al massimo volume e sono partito come un razzo pensando che stavo per morire.

L’idea che i miei giorni avrebbero potuto accorciarsi in brevissimo tempo, mi dava una sensazione di estraneità, ero continuamente preda di cupe riflessioni, drammatizzavo. I miei simili mi erano diventati estranei. Durante la notte dormivo pochissimo. Il pensiero della morte mi dominava, mi isolava come si isolano certi animali quando avvertono la presenza dell’inevitabile. Mi sentivo un alieno tra gli umani, mi pareva di non appartenere più a loro, al mondo, a nessuno, neppure a me stesso.

In quello stesso periodo stavo attraversando una bella stagione della mia vita, un vero e proprio successo economico, culturale e sentimentale: gestivo una scuola di lingue dinamica e redditizia che io stesso avevo fondato, European School of Languages, mi piaceva molto il mio lavoro, avevo ottimi rapporti con gli insegnanti e gli studenti, avevo conoscenze, ero stimato, amato e stavo per sposarmi.

Qualche settimana dopo il mio incidente in classe, mi richiamò la dottoressa Fraser dicendo che aveva ricevuto il referto dei miei esami e che sarebbe venuta lei a portarmelo verso sera.

Quando le aprii la porta, il mio cuore batteva freneticamente. Mi comunicò che la mia talassemia non era quella maggiore. Solo se mi fossi sposato con una donna, anche lei portatrice di talassemia, avrei dovuto fare attenzione, perché su quattro figli, uno sarebbe nato con questa anomalia del sangue. Udita la notizia, con un gesto incontrollabile, presi la dottoressa tra le braccia, la sollevai e mi misi a girare intorno al soggiorno come se stessi ballando un rapidissimo valzer, mentre lei strillava che la mettessi giù. Quando lo feci, i miei occhi erano pieni di lacrime.

Da allora è trascorso molto tempo e devo dire che, se si ripresentasse improvvisamente quella che non risparmia niente e nessuno, la Signora delle tenebre, credo che mi sentirei, ora, più disposto a confrontarmi con lei. Ho fatto la cosa che più desideravo fare nella mia vita, scrivere, scrivere i miei tre romanzi: Nicolò è uno di questi.

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