Papa Francesco in Brasile

Quando il papa va in giro per il mondo a spese dei credenti e dei contribuenti, non va per portare ai popoli che visita scienza, democrazia, umanità, prosperità, amicizia, amore, benessere,  emancipazione, illuminismo, affatto; quando il papa va in giro per il mondo, va per portare ai popoli povertà, sottomissione, superstizione, ignoranza, abracadabra, sfruttamento, dogmi, riti, in nuce, parole. Lui va in questi paesi per dire al gregge che deve continuare a porgere l’altra guancia, che deve continuare ad essere il servo dei ricchi, che deve lasciarsi mungere e tosare. Quando il papa va in questi paesi, va per ricordare la grande colossale storia della Chiesa, una storia fatta di crimini, di torture, di falò, d’inquisizione, d’intrighi, di guerre sante e di guerre empie. Va lì, ed è questo il suo scopo, per ribadire al popolo di non dimenticare di pregare Dio notte e giorno affinché il mondo rimanga così com’è. E da ultimo, per portare il cattolicesimo, il cristianesimo, Bogududù, la buona novella, la favola dell’orrore, il Padre il Figlio e lo Spirito santo, insomma, chimere, assurdità e sbarubabù mentali a non finire. L’oppio, diceva Marx, e la miseria aggiungiamo noi.

Ecco cosa porta al popolo brasiliano in questi giorni Carlo Bergoglio, l’attuale papa Francesco, con il bene placito dei potenti, of course, ed il popolo lì, grande e generoso, sempre pronto ad accoglierlo con entusiasmo e festeggiamenti!

Dobbiamo bruciare Dante Alighieri? – in 4 post, seconda parte

“Raccolgo da terra,” continua Witold Gombrowicz, “quest’opera vergognosa (anche a me capita a volte di pestare per terra il libro che sto leggendo) e percorro con lo sguardo l’intero poema. Sì, è proprio così, da questa infernale stanza delle torture s’innalza l’incenso del Supremo Amore: non solo Dante accetta e approva l’inferno, ma addirittura lo venera! Ma com’è possibile… com’è potuto accadere che un‘opera così depravata dalla più ferina paura, così servile, così contraria al più elementare senso di giustizia dell’uomo abbia potuto, nel corso dei secoli, trasformarsi in un Libro Edificante e nel più insigne dei poemi?”

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Amici di Internet

Vi chiedo scusa se a volte trovate sul vostro sito lo stesso post pubblicato due volte. Purtroppo il webmaster ha avuto alcuni problemi con il pannello di condivisione articoli. Può succedere. Comunque, in futuro, mi auguro che queste seccature tecniche si verifichino sempre meno e vogliate ancora una volta scusarmi. Grazie.

Il Contratto – racconto in 7 post: parte quinta

Ophelia

 Si chiamava proprio così: Ophelia. L’aveva incontrata ad una conferenza di psichiatria. L’oratore era un notissimo psicoanalista melbourniano. Il titolo della sua conferenza: “Disturbi mentali e disagio sociale”.

Quando l’oratore finì di parlare, Max chiese perché tanti maschi australiani cercavano donne di altri paesi e particolarmente donne indonesiane. Lo psicoanalista rispose dicendo per prima cosa che le donne australiane si erano ormai fin troppo emancipate per i macho locali e, seconda, perché gli uomini australiani avevano ancora un forte attaccamento per i loro “mate” ( compagni ) e questo a volte privilegiava l’amicizia maschile a scapito di quella femminile.

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Dobbiamo bruciare Dante Alighieri? – in 4 post, prima parte

Witold Gombrowicz, il filosofo esistenzialista polacco, non esiterebbe un solo istante quando scrive: “La Divina Commedia non vale un fico secco.” Perché, ci chiediamo noi, la Divina Commedia non vale un fico secco? Ed è proprio questo, in quello che segue, che cercheremo di capire.

Siamo nel 1969, siamo nel sud della Francia e siamo anche nell’anno della morte del filosofo. Aveva 65 anni. Intorno a questa età Gombrowicz aveva sentito i passi della Signora delle tenebre avvicinarsi decisi e sicuri. E allora? E allora voleva illudersi ancora un po’, e allora aveva cercato di leggere, tra l’altro, un libro che parlava d’inferno e paradiso: curiosità giustificatissima. Il risultato è stato questo.

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Il Contratto – racconto in 7 post: parte quarta

Tenny

Era sofisticata, intelligente, ambiziosa, al passo con le idee del suo tempo, emancipata culturalmente e sessualmente. Aveva ventinove anni, era insegnante d’inglese e una femminista convinta. Era stata in America, Europa, Africa, Indonesia e in altre parti del mondo. Era molto bella. Aveva gambe tornite e lunghe da far sbavare anche un eunuco. I capelli ondulati e biondi si armonizzavano con le sue lentiggini, le sue labbra erano coralline e sensuali, i suoi denti bianchissimi e gli occhi verde scuro erano schermati da ciglia curve e allungate come la coda d’un pesce tropicale.

Ovvio, Max adorava Tenny.

All’inizio tutto procedeva comme il faut: grande quantità di sesso, grande quantità di cibo, grande quantità di bevande, grande quantità di tempo trascorso insieme, grande quantità di cose da raccontarsi. Niente, un continuo festino, cuccurucucù Paloma.

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Il Contratto – racconto in 7 post: parte quarta

Tenny

Era sofisticata, intelligente, ambiziosa, al passo con le idee del suo tempo, emancipata culturalmente e sessualmente. Aveva ventinove anni, era insegnante d’inglese e una femminista convinta. Era stata in America, Europa, Africa, Indonesia e in altre parti del mondo. Era molto bella. Aveva gambe tornite e lunghe da far sbavare anche un eunuco. I capelli ondulati e biondi si armonizzavano con le sue lentiggini, le sue labbra erano coralline e sensuali, i suoi denti bianchissimi e gli occhi verde scuro erano schermati da ciglia curve e allungate come la coda d’un pesce tropicale.

Ovvio, Max adorava Tenny.

All’inizio tutto procedeva comme il faut: grande quantità di sesso, grande quantità di cibo, grande quantità di bevande, grande quantità di tempo trascorso insieme, grande quantità di cose da raccontarsi. Niente, un continuo festino, cuccurucucù Paloma.

Tenny era stupita dall’intelligenza di Max, almeno così pareva a lei. Nelle loro discussioni lui riusciva spesso ad anticipare le sue idee e l’aiutava a svilupparle. Cosa questa che, lei, senza il suo aiuto, non sarebbe mai stata capace di fare. Max faceva tutto ciò con naturalezza, ma a Tenny, in verità, la cosa, sotto sotto, non piaceva. Era una femminista, lei.

Dopo le abbuffate di sesso e di cibo; dopo le sghignazzate e le chiacchierate senza molto peso, tutto divenne chiaro: Max era più colto di lei e questo era difficile da mandar giù, difficile da gestire per una che aveva dei preconcetti.

Il bubbone scoppiò un giorno ch’erano andati a fare il bagno a Sandringham beach. Era lunedì e c’erano poche persone sulla spiaggia. Lì, tutt’e due, distesi sulla sabbia. Davanti a loro il mare sorrideva con onde che pigramente si frangevano una dopo l’altra; dietro di loro le dune, la macchia; più in fondo, alberi appena sfiorati dalla brezza, oltre, le prime case e sullo sfondo l’orizzonte.

La giornata era bella, luminosa, piena di vita e di brio.

“Tenny,” disse Max dopo essersi messo supino, “non so come dirtelo, però, vedi, io, è vero, posso aiutarti a districare e a sviluppare le tue idee, a ragionare su i tuoi sentimenti, ma coi miei, ahimè, faccio molta fatica. Un problema mio, lo riconosco. In questo momento, per darti un’idea, c’è qualcosa che sento fortemente pulsare in me, ed è che mi sento bene, meravigliosamente bene, sereno, felice. Forse quest’ultima parola non è quella giusta. Voglio dire … Sai … Maledizione, io non so con certezza da dove nasca questa sensazione insolita, questo feeling di benessere così raro. Deve pure venire da qualche parte. In ogni modo, questa straordinaria sensazione, credo di doverla in parte a questo incantevole luogo, a questa splendida giornata, ma anche a te, perché sei qui vicino a me col tuo corpo, il tuo profumo, il tuo amore. È un’esperienza fantastica, fuori dal comune, credimi.”

Parlando, Max non guardava Tenny, non poteva nella posizione in cui era. Fissava il mare, il cielo e i gabbiani davanti a lui. Non poteva neppure immaginare che mentre lui lasciava freely parlare il suo cuore, la sua compagna non solo non lo stimava più per la sua intelligenza, ma addirittura lo disprezzava e lo disprezzava perchè era un maschio. Tenny stava aspettando che lui la smettesse per iniettargli il veleno che aveva accumulato durante il tempo trascorso insieme. Si stava preparando per la battaglia, stava cercando le armi più efficaci, le parole più dure e affilate per riuscire nel suo attacco e per portare in quell’atmosfera di sogno la tempesta e la desolazione.

Proprio in quell’istante, lì di fronte a loro, un cormorano emerse alla superficie delle acque. Nel suo becco si agitava un pesciolino, le sue scaglie luccicavano al sole, si dibatteva, lottava per la vita, ma presto i suoi sforzi si rivelarono inutili: il suo destino fu definitivamente deciso quando calò a piccò nel gozzo della bestia acquatica.

 “Però, vedi,” continuò lui, “avrei voluto avere qualche certezza in più in ciò che sento e intendo, solo qualche piccola certezza in più.”

“Peccato,” disse calma Tenny, “peccato peccato peccato, perché sembra che tu sappia tutto su tutti e su tutto, ma quando si tratta di conoscere le tue idee, i tuoi sentimenti, ecco che fingi di non saperne più nulla, evitando in questo modo di articolarli, di dire quali sono. E se poi provi ad esprimerli, allora li mescoli con un sacco di ‘ma’, di ‘forse’ e di ‘non so’. Per me questo è un tratto del maschio, un vostro modo per prendere in giro le donne. Lui, il signor maschio, sembra che non sappia mai con certezza cosa senta, cosa voglia, cosa sia e dove sia. Però, quando si devono dettar leggi, a queste lui ci arriva subito e senza tanti ‘ma’ ‘forse’ e ‘non so’, le fa e le applica incurante delle conseguenze che possano scaturirne.”

“Tenny!” fece Max sorpreso, “non c’è bisogno che tu mi dica …”

“Invece sì,” l’interruppe lei decisa alzando la voce. “Questo discorso l’ho sentito e risentito un milione di volte. Lo so, lo so fino alla nausea che non devo insegnarti nulla, dirti nulla, perché tu sei uno di quei maledetti omuncoli che sanno sempre tutto. Voi maschi sapete anche come tenere una donna in casa a cucinare lavare stirare pulire i vostri panni sporchi, tirar su i vostri marmocchi e farla diventar matta facendole fare un milione di cose e, infine, e questo è ignobile, mettere a vostra disposizione bocca culo e figa per quando ne avete voglia! Ecco il genere di contratto sociale che la donna deve affrontare in questa società omuncolesca, un contratto sociale fatto dal macho per servire il macho. Ma tutto questo è obbrobrioso, è inconcepibile, orrendo, mostruoso,” finì per dire lei tutta rossa in viso e quasi con le lacrime agli occhi.

Il Sole faceva sfavillare i flutti in mille perle luccicanti. Vicino alla spiaggia le onde continuavano ad arricciarsi una dietro l’altra per poi seguitare a frangersi sul bagnasciuga nel loro continuo flip flop. I gabbiani volavano indifferenti avanti e indietro mandando ogni tanto stridii rauchi e sconsolati che squarciavano il silenzio e la calma che regnavano tutt’attorno. Il cormorano era emerso altre volte dall’acqua, ma senza pesciolini dalle scaglie luminose nel suo becco. Max si era appoggiato sui gomiti e continuava a guardare il mare. Aveva un aspetto tranquillo. Il suo corpo si godeva la brezza fresca e leggera, ma il suo stato d’animo non se la godeva più. Dal collo cominciava a colargli del sudore. I gomiti stavano affondando nella sabbia che cedeva sotto il suo peso.

Là, in quella quieta giornata d’estate, dove madre natura aveva disposto e amalgamato alcune delle sue bellezze, là, proprio là, qualcosa si era incrinato dentro di lui. Il velato si era svelato e Tenny si era messa in luce. La ragazza dagli occhi verde scuro e dalle ciglia a coda di pesce tropicale, era diventata ciò che realmente era: Tenny.

“Non l’ho fatta io, la società,” replicò lui, “piuttosto è stata la società che mi ha scolpito a sua immagine e somiglianza. Non ho mai firmato leggi contro donne o contro uomini, io. Purtroppo, lo ammetto, partecipo passivamente a questo indegno e ingiusto contratto sociale. Lo so che voi donne vi sentite sfruttate dalle sue leggi discriminanti, ma so anche che una grandissima parte degli uomini sono ancora più usati e sfruttati di voi. Sono cosciente del tipo di società cannibalesca in cui viviamo. Però, vedi, so anche un’altra cosa, so che ho una sola vita da vivere e che voglio viverla tanto quanto posso, in pace con gli altri e col mondo e a modo mio. Cerco di evitare di fare torto ai miei simili e nello stesso tempo di far sì che essi non facciano torto a me. Tengo gli occhi aperti, ecco. Invece, se mi metto a pensare a tutte le cose malvage che esistono intorno a me e nel mondo, avveleno e distruggo l’unica cosa che ho: la vita.”

“Sei tutto parole”, fece Tenny astiosa e sprezzante. “Ti discolpi, ti escludi, ti giustifichi, in breve, razionalizzi, e ti rendi ancora più vigliacco. Sei solo un omuncolo che si crede chissà cosa. Dì almeno che non vuoi rischiare nulla e basta! Non ti distingui dalle bestie, le tue viscere ti dominano e il tuo trono più alto non è quello umano, ma quello del tuo egoismo.”

“Non mi riconosco in quello che dici,” protestò lui. “Anch’io, se vuoi saperlo, ho firmato un ‘contratto’, non un contratto sociale, ma un ‘contratto individuale’, ch’è quello che più conta per me. Della società mi basta conoscere le regole del gioco, del resto mi occupo io. E sappi che, da quando ho cominciato a pensare a modo mio, con la mia testa, ho imparato a trattare le persone per quello che sono, senza badare a nazionalità sesso o colore della pelle. Sono per l’uguaglianza dei sessi, delle razze, dei colori, delle nazioni e contro tutti i generi di ingiustizia e discriminazione. È l’amore che a me interessa, perché è l’unico cibo che il mio organismo desidera e apprezza.”

Il Sole era sempre più caldo. Il cormorano aveva fatto un’altra vittima. Una coppia era andata a sdraiarsi poco distante da loro. Max diveniva sempre più Max; Tenny sempre più Tenny: la cultura li divideva invece di unirli.

“Non tirar fuori il tuo amore da quattro soldi e la tua umanità da squalo affamato. Il mondo sguazza nella cacca grazie agli omuncoli come te,” disse lei ignorando il suo contratto.

“Non sono un omuncolo, sei tu che sei una stronza femminista,” scoppiò Max. “Tu ce l’hai con gli uomini e li metti tutti sullo stesso piano. Ebbene, te l’ho già detto, io non mi riconosco nel tipo di uomo che la tua testa del cavolo macina. E poi sappi che non posso farci  nulla se alcune delle nostre funzioni organiche non sono uguali. Se non sei nata col cazzo, non devi prendertela con gli uomini che ce l’hanno, ma con la natura, e smettila di renderti così odiosa e ridicola!”

“È proprio quello che farò,” disse lei. “Sono stufa marcia dei ‘Max’ e degli uomini, stufa marcia della vostra ipocrisia, arroganza, pronti ad analizzare i pro e i contro di ogni cosa e infine optare sempre per ciò che più vi conviene. Per me, da questo momento, puoi andare a farti fottere con chi desideri, sporco omuncolo, perché con me hai finito di farlo.”

“Peccato,” fece lui, “ti credevo più raffinata.”

“Guarda chi parla di raffinatezza!” fece lei.

“E non solo,” continuò Max. “Pensavo che avessi abbastanza cervello per distinguere fra un uomo e l’altro. E invece? In pochi minuti mi hai fatto capire quanto poco ti conosco, quanto poco ci conosciamo. Dovrò ripensare di nuovo a tutto quello che riguarda noi due.”

“Non ne hai bisogno”, lo zittì Tenny, “ti ho appena mandato al diavolo. È da tempo che pensavo di troncare il nostro rapporto, ma non ero ancora riuscita a farlo e non so neppure il perché, o forse perché tu non me ne hai dato la possibilità. Hai iniziato a non piacermi dalla prima volta che hai cominciato a correggermi quando dicevo qualcosa di sbagliato, di sbagliato secondo il tuo macho modo di vedere le cose. E anche se fosse stato così? Sono obbligata a dire e a fare qualcosa di sbagliato nella vita se voglio crescere, però mi fa incazzare da morire che tu sia sempre lì a correggermi.”

“All’inizio non era così,” fece lui.

“L’inizio era l’inizio,” ritorse lei, “ora è ora. Voglio vivere, lo capisci? Non intendo essere una cavia della tua gabbia mentale; non voglio neppure che tu completi le mie frasi, le mie idee. Vai all’inferno tu e tutti gli omuncoli. Vai a fare diventare matta qualche altra cretina, se mai ne troverai una, perché con me è finita!”

Il mare continuava ad essere quello di sempre, le onde ad avanzare, frangersi, ritirarsi. Si era alzato un po’ di vento, il sole era ancora caldo e maestoso, il cielo sereno e bello, le colline riposanti, verdeggianti, tranquille; la sabbia dorata, sembrava un grande letto caldo e sorridente, e tutto appariva calmo e incantevole, ma lo era? Sicuramente sì per la coppia che era arrivata dopo di loro, che non smetteva di accarezzarsi e baciarsi, ma non per Max e Tenny.

Era rimasto quieto, nonostante non potesse raccapezzarsi di quello che gli stava succedendo. Non l’aveva mai sentita parlare in quel modo. Era stata sempre gentile, garbata, spesso accondiscendente, e ora? Tutta un’altra! Si sentiva inchiodato sulla sabbia, solo scosso dalle sue parole. Non voleva perderla, femminista o non femminista, lui era innamorato di lei, a modo suo, ma innamorato.

Tenny sembrò leggere in lui quello che stava pensando, disse: “Tu non ami nessuno, credimi, ed è già tanto se riuscirai ad amare te stesso.” E, detto questo, si alzò, raccolse le sue cose e andò via senza aprire più bocca.

Lui era restato lì, scioccato, sconvolto, con qualcosa che gli bruciava dentro e un nodo alla gola, guardando quelle lunghe snelle gambe allontanarsi da lui. I suoi piedi trascinavano con loro granellini di sabbia e li spargevano di nuovo attorno. Max seguì la silhouette di Tenny fino a quando non sparì dalla sua vista come quei granellini di sabbia sparivano nella grande massa, lasciando solo qualche traccia del loro apparire a colui che in quell’attimo, li aveva visti. Ma Tenny non era un granello di sabbia, Tenny era molto di più.

Improvvisamente, tra un’idea pazza e l’altra, lo prese il bisogno di nuotare. Si alzò e corse furiosamente verso il mare. Mancava soltanto una ventina di metri all’acqua, ma a lui sembrarono mille. Al primo contatto il liquido gli sembrò molto morbido e liscio. Cominciò a nuotare velocemente. In ogni bracciata riversava tutta la sua forza, tutta la sua solitudine, tutta la sua vita. Per come fendeva l’acqua, sembrava un siluro lanciato da una torpediniera.

Nuotò fino a quando non sentì più il corpo ed ebbe l’impressione di essersi sciolto nell’acqua. Il cuore pompava sangue al massimo. I suoi sentimenti erano un misto di rabbia odio amore passione compassione crudeltà pietà, ma più forte di tutti era quel suo selvaggio desiderio di essere forte, di essere sempre pronto a confrontarsi con ogni situazione in cui si trovasse. Il grado del suo amore per la Vita, per il Mondo e per Tutto, dipendeva, in ultima istanza, da come si sentiva lui, dalla sua forza e volontà di combattere, dalla sua grinta verso l’Essere.

Aveva continuato a nuotare fino a quando non fu che un puntino tra cielo e mare. In quel posto strano e meraviglioso, galleggiando supino, ignorando il pericolo di possibili squali o di un suo esaurimento, Max, facendo il morto, aveva lasciato fluttuare il suo corpo secondo l’andamento della corrente marina. Mentre si rilassava, sentiva che bastava poco, molto poco per farlo andare alla deriva. L’ondeggiamento però gli dava un senso di pace e di sollievo. Aveva chiuso gli occhi, si era abbandonato a quel letto d’acqua, lasciandosi dondolare come una barca in un porto solitario.

Dopo quella nuotata, si sentì meglio, nettamente meglio, sentì una nuova sensazione affiorare in lui. Dimenticò Tenny e il resto del mondo. Solo il suo contratto lo faceva fremere di vita e di speranza. Domani la ricerca sarebbe iniziata di nuovo. Con Tenny era finita. Rivederla, cercare di riconquistarla, sarebbe stato tempo perso. E poi, anche se ci fosse riuscito, non sarebbe stato mai più come prima. E a lui, per com’era fatto, non piacevano i minestroni riscaldati. Doveva rassegnarsi.

Quella sera festeggiò alla grande. A notte fonda, uscì sulla veranda con un bicchiere di champagne in mano, alzò gli occhi: il cielo non gli era mai parso così bello, ma bello in realtà non lo era, e gli vennero alla mente le parole di Omar Kayyâm: “Quella ciotola rovesciata chiamata cielo, sotto la quale striscianti e schiacciati viviamo e moriamo, non alzar le mani per invocare il suo aiuto, poiché continuerà a rotolarsi su di te e di me.”

Tra una donna e l’altra, tra una festa e l’altra, Max incontrava Ruth. Non più amante, ma amica. Le raccontava avventure, sentimenti, ostinazioni.

Lei, in quei tempi, usciva con un francese un po’ critico e maldisposto nei confronti dell’Australia, ma, a parte questo, interessante e simpatico. A Max faceva piacere che Ruth avesse un amico, ma era un piacere contorto. Gli veniva da pensare che, se mai ci fosse stata una donna con cui avrebbe potuto unirsi vita natural durante, questa era proprio lei, Ruth. Eppure era così lontana dal suo matrimonio ideale!

Per parecchi mesi, dopo la rottura con Tenny, Ruth fu l’unica donna che Max frequentò. Si raccontavano. Lei gli parlava del francese; lui delle sue vicende. Mentre lui raccontava, Ruth pensava che Max, fosse anche un bambinone, a lei piaceva e piaceva proprio perché era un bambinone. Si sentiva ancora innamorata, ancora mamma.

 

Nel prossimo post: parte quinta

 

Il più grande furto e inganno del sistema solare

La Chiesa, non “dovrebbe”, via col condizionale, ma DEVE! restituire tutti i soldi e i beni che ha rubato ai credenti in duemila anni di storia falsa e scellerata.

L’argomento cristiano, se si vuole, lo si risolve in sei battute:

1          Non ci sono prove.

2          Ci sono solo opinioni.

3          Le opinioni in questo campo non hanno nessun valore reale, sono flatus vocis.

4          Quindi, non si possono vendere opinioni per verità.

5          Primo Verdetto: la Chiesa, dunque, colpevole per aver ingannato e derubato i credenti lungo secoli di imposture vendute per vere, DEVE restituirgli tutto ciò che gli ha portato via.

6          Secondo verdetto: la Chiesa, la religione cristiana, che ha distrutto la vita ignobilmente e miseramente a miliardi e miliardi di credenti e continua a farlo, è e sarà vista, agli occhi degli umani e fino a quando esisteranno, come la più grande organizzazione di imbrogli e delitti della terra.

L’addizione 0 + 0, i bonobo e i demagoghi del Paese delle meraviglie

 

Questi, i bonobo (e mi scuso con loro se li tiro in ballo in questo esempio), hanno una loro cultura e un loro modo, rispettoso o meno, di vivere insieme. Fin qui tutto ok. Ora, però, se uno volesse fare lo spiritoso e chiedesse a questi signori bonobo di fare l’addizione 0 + 0 = …, saprebbero farla? No, non saprebbero.

Lo stesso esempio vale per la situazione economica e politica del Bel Paese e per i politici che lo governano. Se uno desse loro carte blanche per risolverla, sarebbero all’altezza? Affatto! Neppure per sogno. Come i bonobo non riescono a fare l’addizione 0 + 0 (e noi sappiamo e capiamo il perché), così i politici italiani non sarebbero all’altezza di risolvere la situazione politica italiana, e questo non perché sia irrisolvibile, per nulla, ma perché non hanno abbastanza cervello per farlo.

Tutta o quasi tutta la loro grande intelligenza l’hanno esaurita escogitando leggi che li proteggono, per aumentarsi i loro onorari, per crearsi nuove prebende e per come prendere il popolo per il culo. Dopo questo sforzo mentale, quel poco d’intelligenza che gli è rimasta, devono per forza utilizzarla tutta per proteggere i loro interessi.

Tornano i conti?

 

 

L’amore

L’amore, o quello che noi chiamiamo amore, è un assassino annunciato: prima o poi uccide ciò che l’ha unito. Mettendola in un altro modo, col passare del tempo, l’amore finisce. I personaggi si accorgono che quella passione che li aveva legati in un primo momento non c’è più e che è rimasto solo un minestrone che ogni giorno che passa si trasforma sempre più in una stomachevole sbobba.

A questo punto, lui/lei, per quanto illuminati e sensibili, non riescono a spiegarsi la delusione, è impossibile. Si sentono vittime d’un fenomeno annunciato ma che loro non conoscevano, non “allora” comunque, e poi, una volta coscienti di questa beffa sentimentale, si rendono anche conto che non l’avrebbero neppure potuta evitare.

Come conseguenza, la disperazione è inevitabile e durerà quel che durerà. Non ci sono dottori, farmaci, cure, per questo tipo di malattia del cuore, ognuno si deve curare come può.

Il Contratto – racconto in 7 post: parte terza

Edith

Edith aveva una testa piccolina sotto un’enorme zazzera di capelli ricci e neri come la pece, portava stivali lunghi lucidi a tacco alto e una giacca elegante e attillata di pelliccia, anch’essa nera come la pece. Era il tipo di donna che faceva di tutto per non passare inosservata. Voleva essere sempre al centro dell’attenzione. Ci riusciva: bastava la sua bella zazzera e il suo modo sexy di vestire per mandare subito in ebollizione i maschi circostanti.

  La prima sera che uscirono insieme, Edith volle essere invitata al ristorante. L’aveva scelto lei. Era un locale molto alla moda. Si era vestita tutta di nero. Solo le labbra, carnose, erano coperte da un rossetto rosso sgargiante. Era super truccata. Si era seduta solo dopo essersi fatta notare da tutti gli avventori e solo dopo aver scelto il tavolo più centrale. Max, per natura, era timido e riservato e se non fosse stato perché era particolarmente curioso in materia femminile, l’avrebbe piantata lì e se ne sarebbe andato via.

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Picciotto statale e picciotto mafioso

Qualsiasi essere venga eletto al governo, è un picciotto legalizzato. Cosa vuol dire un picciotto legalizzato? Vuol dire questo: mentre nell’Antistato (la Mafia) un picciotto rimane un fuorilegge, nello Stato predatore diventa un mafioso con la licenza di rapinare, uccidere, sfruttare, violare, truffare. Lui, ovvio, fa tutto questo INDIRETTAMENTE, cioè con le imposte che altro non sono che un altro modo di rapinare, uccidere, sfruttare, violare, truffare.

Il picciotto statale e il picciotto mafioso svolgono ruoli diversi dal contenuto simile: a uno bisogna pagare il pizzo, all’altro le tasse; l’uno elimina e sfrutta la gente illegittimamente, l’altro lo fa con tanto di patente; uno dà un compenso ai picciotti che non possono più operare; l’altro restituisce ai lavoratori la miliardesima parte di quello che hanno sudato lungo la vita; uno terrorizza il popolo con atti omicidi, l’altro con indegni atti legali; uno opera di nascosto, l’altro allo scoperto, ecc.

Non c’è una sola virgola in questa istituzione gangsteristica chiamata Stato che non sia stata vergata con l’interesse di classe, la classe che domina su tutte le altre classi, la classe al potere, quella che fa e disfa il mondo e gli uomini come meglio gli pare e piace.

Il Contratto – racconto in 7 post: parte seconda

 La tirannia del tempo

 Il tempo non esiste, il tempo è vita, il tempo è consapevolezza, il tempo è indifferente, però quando si firmano contratti, il tempo vola, il tempo, col suo silenziosissimo tic tac, avanza, avanza alla velocità della luce e senza tregua.

Erano già trascorsi parecchi mesi dalla sera del suo trentunesimo compleanno e a Max sembrava un istante prima. Doveva ancora entrare nell’idea del matrimonio ideale, doveva ancora mettersi alla ricerca della sua compagna, ancora finalizzare il procedimento da adottare.

Gli veniva, e non sapeva spiegarselo, gli veniva da ridere, da far lo scemo quando pensava a quanto si sentiva impegnato a quel suo contratto, a quanto lo prendeva sul serio e a quanto gli aveva cambiato la vita da un momento all’altro. Non si sentiva più come un asteroide lanciato nello spazio e nelle tenebre e senza un obiettivo da centrare. Ma poi, in realtà, era tutto così semplice e trasparente, tutto così normale? Per nulla.“Quando si tratta dell’amore, nessuna generazione ha mai imparato da un’altra come amare,” diceva il filosofo danese Sören Kierkegaard. “Proprio così,” aggiungeva Max, “e non solo.”

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Daniele Di Luciano’s video su Gesù – Mr Di Luciano’s video on Jesus

Di cosa parla? Di tante cose, ma in particolare dell’esistenza o non esistenza di Gesù. Quindi? Niente, alla fine del video, com’era ovvio sin dall’inizio, l’argomento Gesù vince su tutti gli altri. Nessuna novità. Infatti Gesù diventa Cristo, Cristo Dio, Dio il creatore dell’universo. Nulla si è mosso, tutto rimane al suo posto. Solo Gesù diventa più maestoso, più grande, più infinito. 110 con lode to mister Di Luciano.

Ora, però, supponiamo che uno facesse a questo signore una dommanda semplice e banale: “E Dio chi lo creò?”, cosa risponderebbe lui? Poi un’altra domanda: con la morte del sole tutto muore, anche Dio. E allora? Ancora una: non le pare signor Daniele che bastarebbe la morte d’un solo innocente per smentire l’esistenza di Dio, a meno che non si ammetta che se Dio esiste, allora è un essere mostruoso. E dato che ci siamo, come risponderebbe al fatto che ci sono uffici in Inghilterra, in America e altrove che danno premi da capogiro a chiunque dimostri qualcosa di soprannaturale, non di risuscitare i morti, come ha fatto Gesù, of course, ma cose piccole piccole, come ad esempio dimostrare che il miracolo di san Gennaro, che si ripete puntualmente ogni anno, sia vero. Basterebbe qualcosina del genere per appropriarsi del ricco premio e dimostrare l’esistenza di Dio o di un dio o di fenomeni soprannaturali. Ebbene, guarda caso, fino ad oggi, nessuno se l’è guadagnato questo premio, nessuno è stato all’altezza di dimostrare un qualcosina di soprannaturale. Strano, non le pare signor Daniele Di Luciano? Il suo Gesù, Jesus, e bisogna dirlo, è proprio un egoista, non ha trasmesso a nessun altro la sua arte di risuscitare cadaveri!

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Farewell Margaret!

Dinanzi ad una tale notizia, le parole si affievoliscono, il cuore inizia a non voler sentir ragione, l’io si smarrisce tra il locale e l’infinito, non so cos’altro dire eccetto: La tua casa è grande signora, come lo sei stata tu. E ora, figlia delle stelle, Addio!

 

Il Contratto – racconto in 7 post: parte prima

Vorrei, amici di Internet, nei prossimi post, pubblicare un lungo racconto scritto tantissimi anni fa  quand’ero a Melbourne, in Australia, in un periodo molto difficile e problematico della mia vita: volevo, volevo a tutti i costi trovarle, darle un senso. Il risultato è stato questo scritto: “Il Contratto”. Ne sono uscite parti un po’ lunghe, vedete se ne vale la pena leggerle. Ecco a voi la prima parte.

A proposito, critiche, riflessioni, domande, stroncature e anche accenni positivi “se piace”, sono i benvenuti. Insomma, a vostro piacere, io sarò felice di leggerli e cercherò di rispondervi. Grazie.

Il Contratto

Sedeva lì, quella sera, la sera del suo trentunesimo compleanno, da solo, in quella camera, in quell’edificio a tre piani, a St. Kilda, Australia, più sconsolato che allegro, irradiato da una luce fioca proveniente da una vecchia lampada, rosicchiandosi le unghie, fumando una sigaretta dopo l’altra e sentendosi schifato nel sacco di pelle che lo conteneva. Attraverso la finestra vedeva il mare, un mare sempre più immerso dalle tenebre. (altro…)

Amici di Internet

 Intanto un caro saluto a tutti. Vorrei avvertirvi che per facilitarmi un pò il lavoro, ho dovuto modificare il metodo d’invio dei miei post. Se ve ne arriveranno di quelli a voi indesiderati, saltateli, cancellateli o cancellatemi dal vostro sito. Rispetto la libertà di pensiero e di scelte prioritarie di ognuno e di tutti. Vi chiedo solo scusa per il disturbo che vi ho causato.

Sono uno scrittore e scrivo su tanti argomenti. La mia “scrittura” non è un lusso, un hobby, una fuga, una prostituzione, è un atto genuino e soprattutto un “devo umano, sociale, morale”. L’esperienza, la vita, i luoghi in cui sono vissuto, la gente che ho frequentato, il luogo in cui sono nato, la mia esperienza con la povertà, con la miseria culturale e i miei studi fatti con grandi sacrifici, mi hanno portato a scrivere, a comunicare questa mia esperienza a quelli che vogliono leggermi.

Il nemico numero due del popolo

Lo conosciamo. È lo Stato predatore. Questo mette, senza che noi ce ne accorgiamo, mette tutti contro tutti, eccetto i suoi membri, eccetto quelli che lo tengono in piedi con ogni truffa, inganno e crimine.

Mette:

I poverelli contro i poverelli.

I poliziotti contro i loro fratelli di classe, gli operai.

Il proletario contro il proletario: si fa a pezzi per lo stesso posto di lavoro.

Gli artigiani contro gli artigiani: sempre lì a tagliarsi la gola a vicenda per vendere i loro prodotti.

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La credenza è un business

Perché si va in Chiesa? Si va in Chiesa per diverse ragioni, ma soprattutto per ottenere qualcosa, una vita eterna, per esempio. E chi desidera una vita eterna? Coloro che sprezzano la vita terrena. Chi sono costoro? I deliranti.

Allora tu capisci, Rossi, tu capisci che una credenza del genere non è sincera, autentica, è una credenza di tornaconto. Si crede per interesse. Il credente non investe solo negli affari, investe anche su Dio. Se l’è creato proprio con questo scopo. Ecco il discorso tra lui e il prodotto della sua fantasia:

Credente : Vuoi la mia anima?

Dio : Sì.

Credente : Quanto me la paghi?

Dio : Un milione di anni a fare il factotum in quel posto.

Credente : Troppo poco. Non ci sto.

Dio : L’eternità ti basta?

Credente : Devo rifletterci.

Il credente non né ha mai abbastanza. È chiaro però che, se uno crede perché dalla sua credenza vuole trarre qualcosa, allora questa non è credenza, è speculazione, è business. La credenza, quindi, è un business.

 

Vedere L’Indifferenza divina

 

La politica dello Stato predatore – due post, parte seconda

Scrive Agostino di Ippona “Una volta che si è rinunciato alla giustizia, che cosa sono gli Stati, se non una grossa accozzaglia di malfattori? Anche i malfattori, del resto, non formano dei piccoli Stati? Si tratta infatti di un gruppo di uomini comandati da un capo, tenuti assieme da un patto comune e che si spartiscono un bottino secondo una legge tacita. Se questo male si allarga sempre più a uomini scellerati, se occupa una regione, fissa una sede, conquista città e soggioga popoli, assume più apertamente il nome di regno, che non gli viene dalla rinuncia alla cupidigia, ma dal conseguimento dell’impunità”, La città di Dio, pp. 221-222.

Scrive Nietzsche in “Così parlò Zarathustra”:“Stato si chiama il più freddo di tutti i gelidi mostri. Mentisce anche a (sangue) freddo: e questa menzogna esce strisciando dalla sua bocca: “Io sono lo stato, sono il popolo … Ma lo stato mente in tutte le lingue del bene e del male; e qualsiasi cosa esso dica, mente; e qualsiasi cosa esso possieda, l’ha rubata. Tutto è falso  in  lui: esso morde con denti rubati ad altri, quel mordace. Anche le sue viscere sono false”, p. 87.

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La politica dello Stato predatore – due post, parte prima

E non ce n’è mai stata un’altra.

Sin dall’inizio, più inconsciamente che consciamente, di certo istintivamente, il primo gesto dell’uomo è stato quello di PREDARE L’ALTRO. Fondamentalmente, nonostante i millenni trascorsi, non è ancora cambiato nulla: nella forma sì, il contenuto è rimasto tale e quale: si continua a PREDARE L’ALTRO. Anzi, con la crescente progressiva presa di coscienza delle vittime e la conscia brutalità del fare dei predatori, il fenomeno è peggiorato tantissimo. È brutto, molto brutto trovarsi di fronte al nemico armato fino ai denti, INERME.

È ora di aprire gli occhi, Rossi, è ora di guardare in faccia la realtà, è ora di smetterla di aver paura, è ora di confrontarsi col fare spietato e calcolatore del drago al potere, lo Stato predatore. Il suo ruolo, e non ne ha un altro, è di creare disastri, perché solo così la sua esistenza è garantita. Di questo passo, però, non li creerà ancora per molto: sta distruggendo il mondo quindi anche se stesso, grazie alla sua stoltezza e mostruosa voracità.

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La democrazia, dunque

Questa non è altro che un sistema astuto e allucinante che spinge il popolo ad andare a votare e chiunque voti, vota il suo oppressore. E quello che è ancora più cinico e diabolico è che il popolo non si accorge neppure che votando il suo candidato preferito, vota in realtà il suo tiranno e, in ultimo, il suo boia. Detto diversamente, gli sta dando carte blanche, gli sta dicendo: “Io, popolo, col mio voto ti do l’autorizzazione di annientarmi come meglio credi.”

L’ignoranza non paga, mai!

Grillo è finito, morto e sepolto. Dopo il fallito accordo con Bersani, si sapeva già, si sapeva come sarebbe finito il buffone di Genova. Infatti è stato così. Gli italiani, nonostante tutti i loro pregi e difetti, hanno capito perfettamente con chi avevano a che fare: con un clown.

La cosa che più dispiace in questa triste faccenda è che ha deluso miseramente molte persone ( i votanti ), persone che erano disgustate dalla politica ufficiale e avevano investito in lui in una nuova speranza. Ne sono rimaste mortalmente scottate, disappointed. E non solo. Ha distrutto anche tutti quei grillini che credevano nel movimento 5 stelle dove volevano investire le loro idee, i loro ideali e le loro buone intenzioni.

Cos’altro dire? Solo questo: l’ignoranza non paga, mai!

Gli uomini a volte ragionano col culo

Quando dissi questo la prima volta a Camille, mi guardò male, stupita, pensava che la stessi prendendo in giro. No, no, mi affrettai a dirle, non ti sto prendendo in giro, non sto neppure scherzando, affatto, sto solo cercando di ragionare con la testa dei maschi, les mâles. Quando questi vedono un culo come il tuo ( e lei aveva uno dei più bei culi al mondo, secondo il mio modesto parere ), non ragionano più in termini razionali, umani, ma in termini biologici, bestiali. Quindi, tutto quello che ti dicono, te lo dicono con lo scopo di possedere il tuo culo. Anche tu l’hai fatto?, chiese. E perché dovrei essere l’eccezione?, risposi. Tacque. Rimase curiosa, riflessiva. Ecco, continuai, come funziona la logica dei maschi in questo campo. Camille a questo punto cambiò espressione, fece una smorfia, si guardò il suo stupendo bottom come se lo vedesse per la prima volta (eravamo tutt’e due nudi di fronte allo specchio), poi alzò gli occhi verso di me, mi fissò, guardò guardò guardò, e poi esplose in una grande fantastica magica indimenticabile risata. La sento ancora, la vedo ancora, me la godo ancora quella risata di Camille, sì me la godo ancora nonostante siano trascorsi tanti anni.

 

 

Il bambino che si rifiuta di crescere – racconto in due post: seconda parte

Né a casa né a scuola qualcuno gli aveva mai detto che l’uccisione, la guerra, la ferocia, l’ingiustizia, l’assurdo facevano parte del nostro modo di vivere tanto quanto leccarsi un gelato in un caldo giorno d’estate. Enrico, fino ad una certa età, aveva conosciuto solo la realtà del gelato, non quella della barbarie umana, questa era venuta poi. Ora, però, scoperta la ferocia che gli esseri umani si portavano dentro, si era scoperto un altro, uno che aveva paura.

Incominciò a farsi una cattiva idea degli adulti. I suoi stessi genitori non erano un modello da imitare: sempre arrabbiati l’un con l’altro, sempre isterici, sempre con un mucchio di lavoro da fare per la compagnia per cui lavoravano, tanto da essere costretti a portarselo persino nella stanza da letto. Si muovevano per la casa con i nervi a fior di pelle. Enrico non poteva fare nulla quando erano in casa: né giocare né ascoltare musica e neppure piangere, unicamente starsene calmo a fare i compiti in camera sua.

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Il bambino che si rifiuta di crescere – racconto in due post: prima parte

Era ormai da alcuni anni che Enrico faceva delle strane cose: si caricava di oggetti pesanti e s’infilava come una talpa in vani angusti e stretti. Quand’era in questi buchi avanzava piano e con sforzi e si fermava solo quando sentiva la pressione che proveniva dal suolo e dalla volta rompergli le ossa. A casa il suo posto preferito era il solaio. Qui s’incastrava tra il pavimento e una trave e restava lì per ore. Anche la tavola in cucina gli andava bene quando i genitori non erano in casa. Era una tavola pesante, di quercia. Enrico si piazzava sotto al centro e cercava di sollevarla con le spalle. Solo quando sentiva il peso gravargli fortemente addosso, smetteva di sollevarla e se ne stava là fin quando riusciva a sopportare il peso, fin quando, a volte, uno dei genitori non ritornava a casa dal lavoro. Questi non trovava nulla da dire al figlio vedendolo lì sotto, pensava che stesse giocando, facendo qualche strano esercizio fisico. Si limitava a dire: “Continua ad allenarti, Enrico!”

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Fides et ratio ovvero Lettera enciclica circa i rapporti tra fede e ragione, di papa Karol Wojtyla – sesta e ultima parte

Oltre a quanto abbiamo detto fin qui, Rossi, “Fides et ratio” è anche un continuo boomerang: io faccio l’elogio a te e tu poi fai l’elogio a me. Detto diversamente, Karol Wojtyla non fa che citare nel suo libro i padri della Chiesa. La sua rimane una cosa tra preti. Funziona così, Rossi: “…il mio venerato Predecessore Pio XII …” (Pio XII era l’amico intimo di Hitler, di Mussolini, di Franco), e non poteva mancare, “ … san Tommaso, l’Angelico Dottore …” e “…in coerente continuità con quella grande tradizione che, iniziando con gli antichi, passa per i Padri della Chiesa e i maestri della scolastica …” (scolastica vuol dire parlare e imparare solo dal passato, quindi fermare il pensiero, bloccarlo, ucciderlo), poi bisogna dire qualche parola su “Il grande Pontefice (papa Leone XIII) (che) riprese e sviluppò l’insegnamento del concilio Vaticano I …”, non dimentichiamo “Quanto i miei Venerati predecessori …” Non poteva mancare “Il grande Dottore occidentale, il Vescovo di Ippona, sant’Agostino …” E poi san Paolo, e poi sant’Anselmo e poi e poi e poi.

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Fides et ratio ovvero Lettera enciclica circa i rapporti tra fede e ragione, di papa Karol Wojtyla – parte quinta

Comunque, mentre uno continua con la lettura di “Fides et ratio”, spesso si sente oppresso da una sensazione di vuoto: parole, parole, parole, solo belle vuote parole e, mentre ha l’impressione di precipitare, di perdersi in questo mare di parole vuote, di nonsense, di volgarità mentale, gli viene meno il respiro, gli viene voglia di scaraventare nel cesso il “coso” che tiene in mano, ma non lo fa, non lo fa! Continua a leggere a forza di volontà. È ovvio, che così facendo, uno fa violenza su se stesso. Lo sa, però lo fa lo stesso. Solo la volontà ha la forza di spingerti a fare un tale sacrificio, perché sai in anticipo quello che il papa dice, ha detto e dirà. Ma, allora, perché continuare a leggere? E la risposta è: per rinforzare e riconfermare a te stesso che nulla è cambiato nella Chiesa, che l’Indifferenza divina non si contraddice mai, che continuerà a parlare, parlare, parlare, che dirà sempre le stesse identiche parole, cioè parole vuote e prive di senso. Tutta “Fides et ratio” ovvero Lettera enciclica circa i rapporti tra fede e ragione, di papa Karol Wojtyla, al nocciolo, è un monologo: Giovanni Paolo II emette gorgoglii con Giovanni Paolo II, non con gli uomini, le donne, gli esseri umani. Questi, ahimé, rimangono soli, come lo sono sempre stati, soli coi loro affanni, problemi, paure.

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Fides et ratio ovvero Lettera enciclica circa i rapporti tra fede e ragione, di papa Karol Wojtyla – parte quarta

Per quello che concerne, invece, la filosofia moderna, non per come la intende il vescovo di Roma, Papa Wojtyla, ma per come la intendono i filosofi-filosofi, ecco cosa scrive Georges Minois ne “La Storia dell’ateismo” citando Merleau-Ponty: “È sorprendente che oggi non si affrontino più le prove dell’esistenza di Dio, come facevano san Tommaso, sant’Anselmo o Descartes. Le prove restano solitamente sottintese e ci si limita a rifiutare la negazione di Dio o cercando nelle filosofie nuove qualche pertugio attraverso il quale possa ricomparire il concetto comunque presupposto di Essere necessario, o al contrario, se il concetto è messo in discussione da queste filosofie, etichettandole su due piedi come ateismo…”, Storia dell’ateismo, p. 561.

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Fides et ratio ovvero Lettera enciclica circa i rapporti tra fede e ragione, di papa Karol Wojtyla – parte terza

Voglio proporti ora, Rossi, due brani presi dal libro di Georges Minois, “Storia dell’ateismo”, che parlano, appunto, delle famosissime tesi del Dottore Angelico, san Tommaso, il più grande scopiazzatore di idee altrui del Medioevo, a cui tanto s’ispira il papa re, Giovanni Paolo II. Scrive Minois ne “La Storia dall’ateismo”: “Nel XIII secolo la ricerca delle prove dell’esistenza di Dio assume una diversa direzione, fortemente ispirata dal pensiero di Aristotele: quella del procedimento della regressio ad infinitum, ossia la ricerca della causa prima. San Tommaso d’Aquino ne ha dato l’esempio più sistematico nella Summa theologica, con le cinque vie di accesso a Dio. La prima riguarda la necessità di un motore primo, capace di spiegare l’esistenza del moto. La seconda pone la necessità di una causa prima, poiché è impossibile prolungare all’infinito la catena delle cause e degli effetti. La terza si basa sull’affermazione di un essere necessario, che ha in se stesso il proprio principio di esistenza, e da cui tutti gli altri esseri contingenti traggono l’origine del proprio esistere. La quarta, che evoca quella ontologica di sant’Anselmo, postula l’esistenza di un essere dotato di perfezione assoluta, sintesi di ogni perfezione. La quinta, movendo dalla constatazione della finalità esistente nel mondo, conclude in favore dell’esistenza di una superiore intelligenza trascendente”, p. 83.

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Fides et ratio ovvero Lettera enciclica circa i rapporti tra fede e ragione, di papa Karol Wojtyla – seconda parte

“Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo”, p. 56, scrive il papa polacco citando Paolo di Tarso. Quindi la “filosofia, gli elementi del mondo e la tradizione umana,” erano e sono inganni. Ma dimmi tu, Rossi, dimmi tu cosa resta se togliamo la “filosofia, la tradizione umana e gli elementi del mondo?” Non resta niente: né san Paolo di Tarso né san Wojtyla del Vaticano né san Dio del cielo. Non è così, però, per l’autore di “Fides et ratio”.

“I filosofi per primi, d’altronde, comprendono l’esigenza dell’autocritica, della correzione di eventuali errori e la necessità di oltrepassare i limiti troppo ristretti in cui la loro riflessione è concepita. Si deve considerare, in modo particolare, che una è la verità, benché le sue espressioni portino l’impronta della storia e, per di più, siano opera di una ragione umana ferita e indebolita dal peccato. Da ciò risulta che nessuna forma storica della filosofia può legittimamente pretendere di abbracciare la totalità della verità, né di essere la spiegazione piena dell’essere umano, del mondo e del rapporto dell’uomo con Dio”, p. 77.

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Fides et ratio ovvero Lettera enciclica circa i rapporti tra fede e ragione, di papa Karol Wojtyla – 6 post, parte prima

Orazio Guglielmini parla a Rossi del libro di papa Giovanni Paolo II, “Fides et ratio”, fede e ragione.

 Vedi, Rossi, quando parli di formiche, esistono e le posso vedere; quando parli di alberi, esistono e li posso vedere; quando parli di corpi celesti, esistono e li posso vedere; quando parli di esseri umani, esistono e li posso vedere; ma quando parli questo tipo di linguaggio: “È necessaria una filosofia di portata autenticamente metafisica, capace di trascendere i dati empirici per giungere, nella sua ricerca della verità, a qualcosa di assoluto, di ultimo, di fondante. È un’esigenza, questa, implicita sia nella conoscenza a carattere sapienziale che in quella a carattere analitico; in particolare, è un’esigenza propria della conoscenza del bene morale, il cui fondamento ultimo è il Bene sommo, Dio stesso. Non intendo qui parlare della metafisica come di una scuola specifica o di una particolare corrente storica. Desidero solo affermare che la realtà e la verità trascendono il fattuale e l’empirico, e voglio rivendicare la capacità che l’uomo possiede di conoscere questa dimensione trascendente e metafisica in modo vero e certo, benché imperfetto e analogico”, ebbene, Rossi, quando tu parli questo tipo di linguaggio, io non vedo proprio nulla, non so più di cosa tu stia parlando.

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Il sogno d’una vita – terza e ultima parte

Paolo il muratore aveva ascoltato con interesse la lunga tirata dell’Onorevole. Si era morso più volte le labbra mentre lui parlava e continuava a trovare difficoltà a credere a quello che sentiva. Si era illuso, quindi, se quello che diceva l’Onorevole era vero, di vivere in un paese democratico, giusto, dove tutti i cittadini erano uguali. Invece non era così, e non poteva essere così se quel tipo poteva prendersi la pensione solo dopo alcuni anni di bel far niente!

“Auf jeden Fall”, attaccò di nuovo l’uomo dalla faccia butterata quando l’Onorevole aveva smesso di parlare, “lasciando da parte tutto quello che hai detto, a te sembra giusto che lo Stato, un’istituzione che tu per di più detesti, ti debba pagare una pensione molto elevata per il resto della tua vita senza che tu gli renda più servizio?”

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Il sogno d’una vita – seconda parte

Gli operai che lavoravano alla costruzione della villa dell’Onorevole, si dimenavano più del solito a causa della presenza dei signori. Non si sapeva mai, avrebbero potuto riferirlo al loro padrone se non si fossero dati da fare. Paolo, però, aveva iniziato a far finta di lavorare, ma in verità non faceva che ascoltare con attenzione quello che dicevano i nuovi arrivati. L’incuriosiva molto. L’Onorevole si era seduto su dei mattoni accastellati, si era sbottonato il cappotto di cashmere e lasciava, con un evidente senso di piacere fisico, che i raggi del sole lo riscaldassero. Gli altri tre avevano fatto capannello intorno a lui.

Una delle donne, ad un certo punto, tirò fuori un’insolita storia. Era molto avvenente, indossava una magnifica pelliccia e di tanto in tanto faceva muovere il suo corpo all’interno con grazia e soddisfazione.

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Il saggio esordio del ministro Angelino Alfano

È mai possibile che nessun milanese, vedendo l’assassino africano colpire e colpire con il suo piccone ammazza tutti, non sia intervenuto per disarmare il killer? E perché poi nessuno ha avvertito prontamente le forze dell’ordine? E ancora, perché qualcuno non ha chiamato altri passanti e non ha cercato insieme d’immobilizzarlo? In che paese viviamo? Un paese di vigliacchi, un paese di cacasotto, un paese terrorizzato dalla sua stessa ombra? Vergogna!

Come conseguenza di questi crimini efferati e assurdi il ministro Alfano vorrebbe inviare agenti, soldati e poliziotti a tamburo battente a Milano per mantenere l’ordine e la sicurezza pubblica. Facendo così, in realtà, il signor ministro non fa altro che alimentare ancora di più l’odio, la violenza e i crimini razziali.

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Il sogno d’una vita – racconto in tre post: prima parte

Paolo era un muratore. Durante la bella stagione costruiva in montagna ville per i signori. Stava per andare in pensione. Tutta la sua vita era stata percorsa da questo desiderio: smettere di lavorare e prendersi la così meritata pensione. Le belle stagioni, lo sbocciare dei fiori, il canto degli uccelli, il mormorio dei ruscelli in primavera, tutto, tutto sarebbe diventato incantevole, ma solo e solo a partire dal giorno in cui avrebbe preso la sua bella pensione. Pensione, pensione, pensione: il sogno d’una vita! A ognuno il suo. C’è gente che sogna di scalare l’Everest, altra di viaggiare in paesi esotici e altra ancora di diventare ricca. Il sogno di Paolo il muratore era quello di andare in pensione.

Vittorio era l’aiutante di Paolo. Per lui c’era ancora tempo prima di prendere la pensione. Vittorio, al contrario di Paolo, non ci pensava neppure alla pensione. Anzi, vedeva quest’evento in maniera disastrosa. A sessantacinque anni uno non può più godersi la vita, uno è già vecchio, pieno di acciacchi e bello e pronto per il buco! Per Vittorio la pensione vuol dire la fine. Si diventa un peso per tutti: per la famiglia, per la società, per se stessi. Ecco cos’è la vecchiaia: una vera catastrofe. “No, grazie, io non voglio pensare alla pensione, all’impotenza, allo sgretolamento, alla morte!” diceva Vittorio a Paolo quando questi parlava della pensione.

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Giungla naturale e giungla sociale

In questo mondo, e altri non ce ne sono, i ricchi s’abbracciano e i poveri s’ammazzano, oppure i poveri s’ammazzano e i ricchi s’abbracciano, o ancora, gli schiavi lavorano e i padroni se la godono. Insomma, girala come vuoi, la cosa è sempre la stessa: i poveri sgobbano e si prendono a botte e i ricchi si amano e si fanno le coccole, il vecchio adagio, in questo caso, non fa una piega.

Ma perché, poi, i poveri, invece di solidarizzare fra di loro, invece di sostenersi e rispettarsi a vicenda, perché sono nella stessa infima situazione sociale, nello stesso inferno, perché, invece, si danno le botte? Perché, al posto d’organizzarsi e cercare di rimediare il danno, s’ammazzano l’un l’altro? E da ultimo, perché, invece di piangersi addosso tutto il tempo, non trasformare il loro pianto in un urlo di battaglia?

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Agli amici del blog

Le risposte al post “La donna e la chiesa” sono state tantissime, risposte sentite, pesate, umane, tutte meritevoli di attenzione e di rispetto. È un’esperienza vera e propria scoprire che nonostante la varietà delle vedute e degli stili, delle armonie e disarmonie, alla fin fine ci incontriamo tutti in cose che ci riguardano da vicino e ci immergono nel complesso e profondo tessuto della vita. Thank you.


La donna e la chiesa

Forse qualcuna, qualcuno, se lo desidera, potrà rispondermi.

Mi sono sempre chiesto, e non in modo superficiale, come può una donna, se non per una totale ignoranza storica e intellettuale, credere, farsi suora, studiare teologia, insegnare il catechismo, andare in chiesa, pregare ecc., dato che la chiesa, sin dai suoi primi passi (Eva è l’autrice del peccato originale, in altre parole, l’umanità è peccatrice grazie alla donna) l’ha sempre sottostimata, ripudiata, discriminata, umiliata?

Ecco qualcosa che mi sfugge, che non riesco a capire.

Portrait d’uno stronzo senza tempo

Ecco una cosa che non ho mai capito: perché dovrei io avere rispetto per uno come te? Le combini di tutti i colori, raramente ne azzecchi una, avveleni tutto ciò che tocchi, distruggi la mia vita e la vita dei miei figli, e io dovrei avere ancora rispetto per uno come te? E dove sta scritto?

Possiedi tutto, ti appropri di tutto, decidi su tutto, sulla guerra e sulla pace e sei conosciuto in tutto il mondo per essere politically incorrect. Infatti, come potresti essere corretto quando qualunque cosa tu faccia, hai sempre ragione e qualunque cosa io faccia, ho sempre torto?

Stabilisci il lavoro che io devo fare, quanto devo guadagnare e cosa devo mangiare, e poi chiami tutto questo un giusto patto sociale, ma non ti vergogni?

I know, I know fino alla nausea. Hai un’alta opinione di te stesso. Ti credi furbo, ti credi intelligente, ti credi superiore ai tuoi simili, ma in realtà tu sei solo uno stronzo, un piccolo balordo di provincia che si crede il re della terra. L’hai proprio costruita a tua immagine e somiglianza, la società. Non potevi fare meglio. Proprio un capolavoro di ingiustizia e bestialità. Chapeau!

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