5 maggio: la morte di Napoleone

“Dopo il mio passaggio, l’Italia non era più la stessa nazione: la sottana, che era l’abito di moda per i giovani, fu sostituita dall’uniforme: invece di passare la loro vita ai piedi delle donne, frequentavano i maneggi, le sale d’armi, i campi militari; i bambini stessi iniziarono a giocare sul selciato con interi reggimenti di soldatini di stagno; indubbiamente dopo averlo sentito raccontare in casa tra le mura domestiche dai loro padri, imitavano i fatti di guerra e le mie battaglie. E quelli che cadevano non erano più gli italiani, ma gli austriaci. Prima, nelle commedie e negli spettacoli di piazza, veniva sempre messo in scena qualche italiano vile, anche se spiritoso, e di contro a lui un tipo di grosso soldato straniero, forte, coraggioso e brutale, che finiva sempre col bastonare l’italiano, fra le risa e gli applausi degli spettatori. Anche se non c’era proprio niente da ridere, ma semmai da piangere. Orbene: il popolo italiano non tollerò più allusioni di questo genere; gli autori dovettero cambiare copione. Iniziarono a inserire italiani valorosi, che mettevano in fuga lo straniero, vi sostenevano il proprio onore e il proprio diritto. Vi sembra poca cosa tutto questo? No! La coscienza nazionale si era formata. E l’Italia ebbe per la prima volta i suoi canti guerreschi e gli inni patriottici,” Napoleone Bonaparte, “Memoriale di Sant’Elena,” maggio 1816.

Una domanda retorica: “Senza la Rivoluzione francese e senza Napoleone Bonaparte, il Risorgimento sarebbe mai avvenuto?

Vedere  Il Paese delle meraviglie

I criminali giudicano gli innocenti

Cosa dire ora, Rossi, dei tenerissimi adolescenti che ammazzano i loro genitori, i loro compagni (e non parliamo degli adulti!), che si drogano, che diventano sempre più insensibili, più violenti, più disorientati, cosa dire di loro? Sono veramente loro i veri responsabili o è la società in cui nascono e crescono a renderli così?

Alle tavole rotonde, Rossi, questo nuovo oppio televisivo dilagante, tutti i lacché dello Stato predatore sono presenti, sempre gli stessi, più o meno, e guarda a che punto siamo arrivati: partecipano a queste tavole rotonde anche coloro che sono stati chiamati più volte in tribunale e sono stati addirittura condannati per omicidio! Anche loro lì, a parlare insieme agli altri di questo nuovo fenomeno sociale: i ragazzi assassini.

Questi signori che partecipano alle tavole rotonde, tutto dicono, eccetto quello che dovrebbero dire, e cioè che i veri criminali non sono i ragazzi che uccidono, ma che i veri criminali sono loro, proprio loro che sono stati chiamati lì a giudicarli! Ma questo, i lacché statali, non lo diranno mai: come potrebbero sputare sul piatto dove mangiano!?

Ecco, Rossi, il capovolgimento della realtà sociale: i criminali che giudicano gli innocenti!

 Vedere Lo  Stato predatore

Il popolo Schidiburì

 

Si raccontava in quei tempi, al tempo dei Mubatta, d’un paese abitato da un popolo acchiappa Schidiburì (una razza di fantasmi invisibili), e da qui il suo nome “il popolo Shidiburì”. Si raccontava anche che la classe dominante, stufa marcia di governare questo popolo, stufa marcia di fregarlo, di bastonarlo, di ingiuriarlo, di sputargli in faccia, di farlo scoppiare di lavoro, insomma stufa marcia di averlo come suddito e tra i piedi, aveva deciso, prima di filarsela sconfitta da tanta pecorinità, di mettere alla testa del governo un asino, un asino asino.

Ebbene, non ci crederesti lettore, ma la storia è la storia, ebbene, il popolo acchiappa Schidiburì, si era messo, un istante dopo che l’asino era stato eletto, al suo servizio. Si racconta che seguiva i suoi ordini (le ragliate dell’asino sul cadreghino) alla lettera e lo rispettava e festeggiava né più né meno come rispettava e festeggiava gli Schidiburì.

Gli altri popoli della terra di allora, non riuscivano a credere, erano rimasti stupiti del comportamento di questo popolo, stupiti di fronte a questo fenomeno homo. Tutto si sarebbe pensato di questa specie, ma non che si sarebbe messa a servire, onorare e a celebrare gli asini!

Schidiburì: che popolo!

 

UN INVITO: Se l’articolo è stato di vostro gradimento, passate parola, condividetelo, criticatelo, dite ciò che pensate. Per crescere e maturare culturalmente (non biologicamente, di questo si occupa la natura), abbiamo bisogno di comprendere, di comunicare, di confrontarci, di dire la nostra, brutta o bella che sia. Fatelo! La vita è qui e ora e poi mai più. Non perdetevi questo confronto con voi stessi e coi vostri simili. Siamo tutti degli esseri umani. Vale a dire, nessuno uomo è più che un uomo. È così che Orazio Guglielmini parla agli amici del Web.

 

 

 

L’ editore boss e l’industria libraria nel Paese delle meraviglie

Strano, molto strano, ma non ho mai letto un articolo, uno scritto che avesse attaccato direttamente o indirettamente le industrie capitalistiche della carta stampata. È un fatto questo che dovrebbe creare qualche preoccupazione. C’è, però, una ragione, una ragione molto evidente e anche molto deludente. Se uno scrittore scrivesse qualcosa contro l’editoria, chi poi lo pubblicherebbe? Nessuno! Le case editrici in generale e la casa editrice in cui lui sta già, eventualmente, pubblicando i suoi libri, oppure quella dove si indirizzerebbe, una volta denunciata l’editoria come organizzazione capitalistica e sfruttatrice, troverebbe difficoltà a farsi editare. In altre parole, non si può chiedere ad un editore di pubblicare la propria opera e contemporaneamente accusarlo di sfruttamento. È un controsenso. Ecco la gabbia e il bavaglio dello scrittore nei confronti dell’editoria.

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L’Università degli Asini a due Zampe (3)

Ti ho dimostrato fin qui, Rossi, step by step, che non puoi, anche volendolo, essere né illuminato né dannato, cioè né credente né ateo però, se vuoi, puoi diventare un asino, non uno di quelli comuni, questo lo sei già abbiamo detto, ma un asino professionale con la patente. Per avere questa, però, devi studiare all’Università degli asini che si trova, of course, a Fognamagna.

Il Paese delle meraviglie alleva asini, li istruisce, li piazza sul mercato, sul lavoro, dappertutto. Se il Paese è progredito fino all’età della pietra, lo si deve a lui. E comunque il risultato è questo: a causa del suo geniale impegno asinesco è il primo Paese al mondo in materia asinesca. Un suo privilegio.

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“Loro” e voi.

Credetemi, vi vedo tutti, mi siete diventati trasparenti, nessuno sfugge al mio occhio attento; infatti lo so, lo so, lo so fino alla nausea che voi tutti, fratelli di sorte ma non di vita, voi tutti siete stati cresciuti per esseri comprensivi, diligenti, obbedienti, tolleranti, coscienziosi; vi hanno insegnato persino come piegare bene gli abiti quando ve li togliete prima di andare a letto, e sicuramente non si sono dimenticati di dirvi che dovete lavorare, lavorare duro e pagare le tasse fino all’ultimo centesimo, che dovete servire il vostro paese prima della vostra famiglia e se necessario dovete farvela mettere nel culo senza lamentarvi; amorevoli dovete essere, sempre amorevoli, amorevoli verso i vostri signori; l’undicesimo comandamento lo esige: dovete porgere l’altra guancia quando il tiranno vi calpesta, quando il boia vi sputa in faccia prima di staccarvi la testa; è così, non gli è sfuggito nulla, vi hanno insegnato proprio tutto tutto tutto!, dovete accettare sempre tutto tutto tutto!, miseria umiliazione, anonimato, tutto tutto tutto!, vergogna, ignominia, prostituzione, tutto tutto tutto!, gli assassini legalizzati che vi governano poi dovete onorarli dal primo all’ultimo e senza un perché, tutto tutto tutto!, anche la morte e nel modo più indegno e spregevole dovete accettare, tutto tutto tutto!, e guai a voi se vi ribellate, se muovete un solo dito, tutto tutto tutto!, qualsiasi cosa dovete accettare, perché è questo, proprio questo quello che vi hanno insegnato a scuola, in chiesa e dappertutto; sì lo so, lo so, lo so e lo so fino alla nausea chi è stato, chi vi ha messo tutto questo tesoro in testa, sono stati “loro”, ma certo, proprio “loro”, quelli che hanno creato tutto a “loro” immagine e somiglianza; sì, lo so, lo so, lo so, so tutto questo e molto molto di più, non avete scampo, ormai il gioco è fatto, i ruoli sono stati distribuiti; sì, sono “loro”, proprio “loro”, quelli che scolpiscono le vostre vite secondo la “loro” natura e i “loro” intestini, quella stupenda parte bassa del “loro” corpo; “loro”, proprio “loro” gli autori di questo fantastico mondo in cui viviamo; sì, “loro”, coloro che vi dicono che dovete sacrificarvi per “loro”, perché voi, voi, voi!, in realtà, non valete nulla, nulla di nulla, e “loro” tutto!

La rielezione d’un pluri ottuagenario

Oggi, 20 aprile 2013, è un giorno di lutto per tutti i cittadini del Paese delle meraviglie.

Rieleggere un presidente, lascerebbe intendere che si tratti d’una elezione democratica. Non è così, non in questo caso. Si è rieletto un vecchio ottuagenario, non dal popolo, questo, per quanto stolto, per quanto nella storia di questo Paese sia stato sempre e continui ad essere meno di meno che zero, sicuramente non l’avrebbe mai e poi mai rieletto, ma è stato rieletto dai politici che avevano tutto l’interesse a rieleggerlo.

Tomasi di Lampedusa ha sigillato una volta per tutte il tragico destino del Paese delle meraviglie quando ha messo in bocca a Tancredi, nel suo romanzo “Il Gattopardo” queste parole: “Le cose cambiano per restare le stesse.”

Ecco cosa sintetizza, in modo irriducibile e drammatico, la realtà storica italiana da quando si è manifestata fino ad oggi.

L’autore di questo scritto si scusa coi lettori se ci sono degli errori, ma non appena gli è stata comunicata la notizia dell’elezione del nuovo presidente, alle ore 21. 05, per sopravvivere allo shock ha dovuto scolarsi una bottiglia di alcool e, dato che non è abituato a bere, ha subito vomitato tutto, ma nonostante le condizioni in cui si trovava, ha voluto ugualmente scrivere questo post.

 

Il Bel Paese è sempre il Bel Paese

 

Ahi ahi ahi

serva Italia,

di dolore ostello,

nave senza nocchiere in gran

tempesta, non donna di

provincia, ma bordello!”

 

Il vecchio e stravecchio Dante aveva ragione e ha ancora ragione. Qual è la tua opinione, lettore?

L’Università degli Asini a due Zampe (2)

Non c’è una razza biologica tra i bipedi, Rossi, ma ci sono diversità culturali. Queste esistono. La nostra è quella asinina. Abbiamo un’identità che ci è ormai riconosciuta da secoli in tutto il creato. Siamo il Paese dove l’asinità è di moda, di casa, un patrimonio storico, genetico possiamo ormai dire. Anche tu sei un asino, Rossi, non credere. Lo sei eccome! Non puoi essere immune da questa nostra asinità culturale: è contagiosa. Di più. La s’insegna persino nelle scuole! Perciò è inutile che t’incavoli con me, se ti do dell’asino. L’asinità è una nostra realtà, un fatto, un’incontestabile evidenza. Tutto il mondo, dicevo, lo sa. Qui da noi non esistono quelli che guardano verso la luce né quelli che guardano verso le tenebre, esistono asini e basta.

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L’Università degli Asini a due Zampe – tre post (1)

Esiste anche questa, amico Rossi, l’Università degli asini a 2 zampe (e vogliano gli asini a quattro zampe perdonarci se prendiamo la loro specie come esempio, ma noi qui stiamo parlando di asini, non a 4 zampe, ma di asini a 2 zampe). Si trova a Fognamagna, la capitale del Paese delle meraviglie. Rilascia, questa illustre istituzione, a tutti e senza distinzione di ceto e di provenienza, una laurea divina-asinina. È una laurea a tutti gli effetti e riconosciutissima in tutti i paesi bogududiani. Il titolo più alto nella professione asinesca, è quello del Grande Santone, il vice di Bogududù, l’Asino degli asini, colui che siede sul trono della gerarchia asinesca, appunto, il Grande Santone. Costui vive a Fognamagna. Fognamagna è la città più dotata e preparata per l’istruzione degli asini a due zampe.

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La mia credenza (5)

La sensibilità estetica? Ci vuole anche questa per vivere una vita bella. Importantissima Rossi. È uno strumento meraviglioso per avvicinarsi all’arte di vivere. È la sensibilità estetica che ti fa apprezzare l’istante, godere delle cose che ti circondano e che ti rendono umano.

Immagina, Rossi, immagina di essere sdraiato sulla cima di una collina in un caldo pomeriggio d’estate. Attorno a te ci sono i segni della terra: le rocce, un fiume, un lago in lontananza, una casa; nubi, stelle e pianeti sopra la tua testa, l’erba sotto di te, la brezza che ti sfiora la pelle; gli insetti che ronzano, gli uccelli che sfrecciano nel cielo e tu stesso, lì, insieme al resto: tutto, tutto questo e molto altro fa parte del grande tessuto degli organismi viventi del pianeta Terra. Dal filo d’erba alla giraffa, ogni cosa, in questo immenso affresco vivente, è connessa ad ogni altra cosa, perché tutto è nato da un comune progenitore: il batterio primordiale.

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La mia credenza (4)

Io mi identifico, se proprio devo farlo, con il passeggero. Mi identifico con le nuvole che transitano nel cielo, con le stagioni che vanno ma non vengono, con gli uccelli che volano nell’aria senza lasciare traccia, con i fiori selvaggi che si schiudono nei campi e, come loro, temo la mano fatale di un passante o la bocca affamata di un animale; mi identifico con colui che vede con lo stesso occhio la bellezza infinita della Vita e il suo inarrestabile sfacelo; con colui che, nonostante tutto il chiasso che c’è intorno, sa di essere solo; con colui che sa di vivere in un mondo senza senso e che, malgrado ciò, cerca di dare un senso ad ogni cosa che pensa, dice e fa.

Io mi identifico, se proprio devo identificarmi con qualcuno, con tutti quelli che soffrono le ingiustizie e le bestialità di questo mondo; con tutti quelli che si battono all’ultimo sangue per estirparle; con tutti quelli che cercano di fare di ogni istante un’eternità; con tutti quelli che non ambiscono alla pelle dei loro simili, ma che, insieme a loro, vivono in pace e fratellanza.

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I pesciolini volanti di Voltaire

Voltaire diceva che “l’uomo di lettere non trova aiuti: assomiglia ai pesci volanti. Se si innalza un poco, gli uccelli lo divorano; se si immerge, lo divorano i pesci.” In altre parole, per lui non c’è via di scampo. Così oggi lo scrittore di facebook, se vola troppo in alto con quello che scrive, i rapaci lo aggrediscono, se si tuffa gli squali banchettano, deve per forza sguazzare alla superficie, nella piattezza.

Il classico esempio di lui/lei qui, come analogia, ci può stare. Lei sensibile, educata, intelligente; lui rozzo, maleducato, ignorante, ma furbo. A questo punto, qual è il piano del furbo di fronte alla compagna intelligente? Semplice: trasformarla in una imbecille come lui. Ma perché, ad uno viene da chiedersi, perché non si migliora invece lui? Perché non cerca di educarsi? La risposta è: perché lui sa di non avere abbastanza cervello per farlo. Ha solo quella furbizia sufficiente per permettergli di trasformare tutto ciò che incontra sulla sua strada in un oggetto di sua proprietà. Questo esempio non si addice solo agli uomini, vale anche per le donne. Infatti, a volte è lei che cerca di trasformare lui.

Lo stesso fenomeno ora lo si trova sul Web e particolarmente su facebook. Gli idioti arroganti, quelli che non riescono a mettere insieme coerentemente 4 parole, vogliono insegnare a quelli che 4 parole le sanno mettere insieme e anche coerentemente, vogliono insegnare loro ciò che devono pensare, fare, scrivere. Niente di nuovo, abyssus abyssum invocat; l’abisso vuole l’abisso. E questa è una vera e propria sfida tra la prevalenza dei cretini e una minoranza illuminata in un mondo sempre più alla deriva, sempre più alla mercè degli squali, sempre più intrappolato nella sua stessa cacca.

 

La mia credenza (3)

 

Fin da ragazzo, e non chiedermi come mai, io non ho mai avuto bisogno del soprannaturale, né di qualsiasi altra cosa associata al trascendente. Oggi, come allora, in ogni istante della mia esistenza io m’immergo nell’infinita ricchezza del mondo naturale che mi abbraccia e abbraccio e di cui mi sento figlio legittimo. La mia fantasia, in questo fantastico universo, spazia dai quark ballerini agli ammassi stellari; mi sento a mio agio nel micro e nel macro; il mio “io”, come una fisarmonica, si dilata e si contrae nell’immensità del reale e si sente deliziosamente bene in questo immenso spazio composto di cerchi e di campi gravitazionali.

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La mia credenza (2)

Non i miei dogmi, Rossi, che li ritengo tutt’altra cosa, ma la mia credenza. Questa è semplice. L’ho sempre nutrita di cose concrete. L’abbraccio totale e sentito con l’universo dei fenomeni ha formato la mia credenza, la mia fede, la mia visione delle cose e del mondo e, in ultimo, i miei imperativi e la mia filosofia.

Per me, una filosofia che non parte dalle particelle ultime della materia che ci compone, non è filosofia ma volgarità filosofica. Prima le particelle, poi la filosofia. In altre parole, bisogna partire dai fatti, conoscere i fatti, vivere i fatti, i fatti che ci hanno reso ciò che siamo. Solo una volta che conosci i fatti, Rossi, solo allora puoi pensare quel che vuoi, immaginarti, se così desideri, altri mondi, se il nostro ti sta stretto. Quello che importa, però, è che sono le tue idee e non quelle degli altri. Queste, per quanto formulate a fin di bene, non sono le tue. Le si rispetta, se sono degne di rispetto, questo sì. Solo, però, creandosi la propria filosofia l’uomo diventa veramente filosofo. Non c’è altro modo, altra via. Unicamente col sudore della tua fronte puoi guadagnarti questa eccelsa libertà di pensiero.

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La mia credenza, cinque post, il primo (1)

Quando andiamo al nocciolo delle cose, Rossi, ci accorgiamo che brancoliamo tutti, chi più chi meno, nel buio più profondo. Quando pensiamo e parliamo di cose metafisiche, di cose che vanno oltre la fisica, oltre il mondo fenomenico, quando superiamo un certo limite del nostro orizzonte conoscitivo, quando andiamo oltre il nostro sistema solare, oltre la nostra galassia, quando ci avventuriamo nell’universo aperto, addirittura oltre il big bang; quando poi ci mettiamo anche a parlare di quark, di stringhe, di materia oscura, di materia chiara, di particelle wimp e ci mettiamo a pensare a cosa c’è dopo la morte superando così tutti i nostri orizzonti conoscitivi, allora, my dear friend, tutto il parlare diventa personale, personale e basta. Nessuno – preti sciamani gurù dèi scienziati santi filosofi stregoni papi profeti poeti -, nessuno, neppure il re dell’immenso, Einstein, né il re del microscopico, Bohr; insomma, proprio nessuno sa veramente di cosa stia parlando. Ognuno, a questo livello di pensiero, è lasciato solo, lasciato a credere quel che vuole, perché, in questi luoghi così remoti impervi e oscuri, il pensiero non può essere che personale. L’intersoggettività, in questi campi della mente, non esiste. Se qualcuno volesse formulare un “credo” su questo mondo immerso nelle tenebre e nell’immenso, dovrebbe avere l’umiltà di farlo per se stesso, perché il suo “credo”, visto in questi termini, non è più merce di scambio.

Vedere  Ha un senso la vita?

L’immortalità dell’amore

 

In una filosofia perenne, forse non ci dovrebbe essere posto per un sentimento così fragile, forte e instabile com’è l’amore, ma, in realtà, il posto c’è. Senza l’amore chi avrebbe mai scritto, lettore, ciò che stai leggendo? L’amore lo si deduce da ogni respiro, da ogni fiore, da ogni vita. È nell’aria che si respira, è in ogni particella dell’universo, ovunque ci siano esseri senzienti, lì c’è amore. La fame, il desiderio, la voglia, il gusto, il piacere, la soddisfazione, la gioia di vivere, tutti, inevitabilmente, portano all’amore. I cinque sensi sono lì per onorare e celebrare l’amore che è il sesto senso, il senso dei sensi. Anche i nostri fratelli animali sperimentano, vivono e provano l’amore, ma il loro è un amore istintivo e non riflessivo e passionale come il nostro. Come gli atomi cementano la materia, così l’amore cementa la vita; come il tempo è, lo spazio è, l’esistenza è, così l’amore è ed è eterno, perché questa è l’essenza di ogni cosa che si accende e si spegne nell’universo. Beate le specie che si sono evolute fino a raggiungere questo grandioso traguardo, beati coloro che hanno avuto questa fortuna, che hanno fatto questa sublime esperienza.

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Il palcoscenico, il palcoscenico ad ogni costo!

Ormai anche i decrepiti non intendono più mollarlo. Quando sono lassù, sul palcoscenico, respirano aria di bordello istituzionalizzato, aria che li attira come la merda attira le mosche. È proprio quell’aria che cercano vogliono ambiscono, quella a cui si sono sempre ispirati: la loro unica ambizione. Perché? Perché lì è facile far carriera, facile riempirsi le tasche, facile diventar famosi e anche perché fuori dal palcoscenico c’è solo il vuoto e la noia, lo schifo e la nausea, la nullità e l’anonimato.

“No!, urla il buffone-attore, non voglio abbandonare il palcoscenico, il ruolo della primadonna mi piace! Lo voglio! Mi sento tagliato!”

“Ci credo,” disse una voce fantasma fra i cloni, “ci credo che ti senti tagliato per questo mestiere, consideriamo tutto quello ti prendi e in cambio dai!”

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Dio: un’invenzione mortale

Dio non è salvezza

La religione non è salvezza

Dio e la religione non sono salvezza

Dio e la religione sono schiavitù

Schiavitù della mente e schiavitù del corpo

 

Dio non è amore

Dio non è comprensione

Dio è miseria

Dio è spargimento di sangue

Dio è miseria e spargimento di sangue

 

Dio non è un sogno

Dio non è una gioia

Dio è un incubo e tanta tristezza

Dio è una bestialità infinita

Un’invenzione mortale contro la vita e gli umani

 

A tutti voi

Sciocchi della terra

Se non avete un’idea migliore

Per vivere la vostra vita

Allora buon divertimento!

 

 

God: a deadly invention

 

God is not salvation

Religion is not salvation

God and religion are not salvation

God and religion are slavery

Slavery of the mind and slavery of the body

 

God is not love

God is not understanding

God is misery

God is bloodshed

God is misery and bloodshed

 

God is not a dream

God is not a joy

God is a nightmare and much sadness

God is an endless mockery

A deadly invention against life and humanity

 

To all of you

Fools of the earth

If you don’t have any better idea

To live your lives

Then have fun!

 

 

 

 

L’innominabile ovvero per una visione del mondo senza osservatori

In altre parole, come si presenterebbe l’universo se non ci fossero esseri umani? Si presenterebbe senza nome, senza qualità, senza senso. Si presenterebbe così com’è. Cosa vuol dire questo? Vuol dire, appunto, senza nome. Le sue montagne, pianure, bestie, piante, mari, pianeti, stelle, galassie, spazi vuoti, quasar, buchi neri, ecc, tutti questi nomi e mille altri ancora glieli abbiamo date noi, sono un prodotto dell’immaginazione, delle nostre invenzioni, appellativi e nulla più.

Cosa vuol dire questo? Vuol dire che tutte le descrizioni, le definizioni, le idee e le rappresentazioni che ci siamo fatti del mondo, sono solo “nostre”, inclusa quella che sostiene che il mondo è “così com’è”. Siamo noi a descrivere il mondo e non il mondo a descrivere noi, noi che ci siamo fatti un’idea del mondo e non il mondo di noi; noi che siamo prigionieri nella sua pancia! La nostra visione è una visione soggettiva e questo non ha nulla a che fare se corrisponde o non corrisponde a realtà. È soggettiva e basta. Il realismo, qualsiasi tipo di realismo, in questo caso, è sempre e comunque un realismo soggettivo, umano, da “osservatori”.

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Cinque idee per gestire la “res publica” (5)

Quinto abbozzo

Un Governo di Uomini Interi

 Nel caso queste quattro proposte (vedere gli altri post su questo blog) di rinnovo sociale, quella dei “Computer”, quella de “I 4 Io Della Salvezza”, quella del “Nuovo Contratto Sociale” e quella della “Democrazia Umana”, non fossero soddisfacenti, eccone un’altra.

Se non si può proprio fare a meno dei demagoghi, allora i mezzi-uomini attuali (i politici) dovranno essere sostituiti da “Uomini-Interi”. Cosa s’intende per “Uomini-Interi”? S’intende che chiunque voglia fare politica, dovrà assumersi la responsabilità del suo compito fino in fondo. Questo significa che se il politico sbaglia, paga.

A nostro modo di vedere, lui, il nuovo would be politico, sarà lì non per arraffare e imbrogliare il Popolo, ma per servirlo in tutto e per tutto, sacrificando, se necessario, la sua propria vita. La sua vita infatti non vale nulla, quella del Popolo tutto. Senza il Popolo, il Popolo lavoratore, nulla nasce, cresce o fiorisce. Quindi, il nuovo politico, non assomiglierà neppure lontanamente al vecchio politico.

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L’abc dell’esistenza

(Ovvero la realtà per com’è e non per come si vuole che sia)

 

Nasci e non sai perché nasci

Sei qui e non sai perché sei qui

Cresci e non sai perché cresci

Vivi e non sai perché vivi

Diventi consapevole, se mai diventi consapevole,

Di ciò che senti, di ciò che fai e dove vivi

Ma questo non ti permette di dire:

 

“Io so!

So perché sono qui

So come stanno le cose

Perché conosco la mia provenienza”;

 

Cosciente, impotente, orfano

Cieco ma con gli occhi spalancati

Percorri deciso ribelle e pronto

Il tuo pericoloso pezzo di strada;

 

Lo sai!

Lo sai fin troppo bene

È tutto chiarissimo

Domani non ci sarai più!

 

The abc of existence

(or, as an alternative, the reality for what it is, not as you want it to be)

 

You are born and you don’t know why you are born

You are here and you don’t know why you are here

You grow up and you don’t know why do you grow up

You live and you don’t know why do you live

You become conscious, if ever you become conscious,

Of what you feel, what you do and where do you live

But this doesn’t allow you to say:

 

“I know!

I know why I am here

I know how things are

Because I know the source”;

 

Conscious, impotent, fatherless

Blind but with wide open eyes

Keep treading risolute rebellious and ready

Your dangerous piece of road:

 

You know!

You know all too well

It’s cristall clear:

Tomorrow you’ll be no more!

 

 

 

 

Cinque idee per gestire la “res publica” (4)

Quarto abbozzo

 Per Una Democrazia Umana

 Nel caso le tre proposte già fatte (vedere i post precedenti), quella dei “Computer”, quella de “I 4 Vuovi Io Della Salvezza” e quella del “Nuovo Contratto Sociale”, non soddisfacessero ancora, eccone una quarta: dalla “democrazia lupesca” alla “Democrazia Umana”.

Ti sei mai chiesto, Rossi, come si è arrivati alla così chiamata “democrazia”?

“No!”

È quello che pensavo. La cosa è andata più o meno così. Un giorno, i lupi a due zampe (gli animali homo al potere), stanchi di squartare pecore (il popolo lavoratore), in un momento di particolare sentimentalità, credendo di fare opera buona, hanno deciso di creare un “contratto democratico” tra loro e le pecore. Ecco, grosso modo, com’è stato stipulato questo contratto. I lupi dissero alle pecore:

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L’incoronazione del divino Cocco del Paese delle meraviglie

Grande, un delirio, un vero delirio collettivo, un evento mondiale, stupendo, tutti i cocchi e tutti i così detti potenti della terra, sono venuti ad onorare il nuovo grande divino Cocco.

“Non abbiate paura, non si stancava di dire il nuovo divino Cocco a tutte le pecorelle impaurite ch’erano venute ad onorarlo, non abbiate paura, perché è ormai da duemila anni che noi cocchi ve la mettiamo nel culo con successo e con piacere e continueremo a farlo in eterno, perché così ha deciso il grandissimo Cocco lassù.”

Popolo allo sbando, popolo alla deriva, popolo senza identità, popolo orfano, popolo che non ha mai avuto una vera guida e mai l’avrà finché popolo resterà. Amen! E come avrebbe potuto avere una guida degna di questo nome? Dove i coccodrilli regnano, i dogmi vincono e le bestie governano.

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Cinque idee per gestire la “res publica” (3)

Terzo abbozzo

 Un Nuovo Contratto Sociale

 Nel caso le due suddette proposte (vedere i post precedenti), quella dei “Computer” e quella de “I 4 Nuovi Io Della Salvezza”, non fossero accettabili, abbozzo una terza proposta. Proporrei, allora, quest’altro tipo di “Contratto Sociale”.

Si prendano in ogni paese del mondo, dal più grande al più piccolo, due persone, un filosofo e uno scienziato, che non abbiano subito un’influenza ideologica, (devono essere un uomo e una donna, poco importa se lo scienziato sia la donna e il filosofo l’uomo o viceversa, quello che importa è che siano, appunto, di ambedue i sessi), li si riunisce e li si fa lavorare su un “Nuovo Contratto Sociale”. Il contratto sociale in vigore oggi è un contratto fatto dai lupi a due zampe per servire altri lupi a due zampe, e non vi è nulla di più barbaro e indegno di un contratto sociale per pecore e lupi. Noi vogliamo, Rossi, eliminare questo abominio e creare un nuovo “Contratto Sociale” e vogliamo che sia creato, come abbiamo appena detto, da un filosofo e da uno scienziato, presi da ogni paese della Terra.

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Il nuovo re del Vaticano, Papa Francesco Primo

Arriva, arriva sul palcoscenico dei potenti il nuovo teatrante: Papa Francesco Primo. Niente da dire, lo si vede subito: ha stile, passo svelto e sicuro, parla spigliato e deciso, ha una voce carezzevole, amichevole, sonora, rassicurante, si proclama amico dei poveri, dice di essere venuto dalla fine del mondo e si spaccia, lui che appartiene alla setta dei gesuiti, per un seguace della setta dei fraticelli, cioè un seguace di san Francesco, proprio di colui che prendeva ai poveri per dare alla Chiesa, cioè di colui che andava ad elemosinare dai poverelli per poi portare tutto il bottino ricavato alla Chiesa, ecc, ecc. In altre parole, arricchire la Chiesa era l’obiettivo di san Francesco di Assisi. Se questo è anche l’obiettivo del nuovo Papa, allora poveri poverelli!

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Qual è l’obiettivo finale delle principali religioni?

Ti sei mai chiesto, Rossi, ti sei mai chiesto qual è l’obiettivo finale delle principali religioni? No? Non importa. L’ho fatto io per te. Vediamo un pò, in nuce, l’induismo, il buddhismo e il cristianesimo.

Qual’è l’obiettivo finale dell’induismo? Secondo il Vedanta e le Upanishad è la non rinascita, il nulla, le tenebre eterne.

Qual’è l’obiettivo finale del buddhismo? Il Nirvana. Che cos’è il nirvana? È spegnimento, estinzione, la fine di tutto, le tenebre eterne.

Qual’è l’obiettivo finale dei cristiani? È la vita dopo la morte, cioè il paradiso. Il paradiso non esiste, quindi le tenebre eterne.

Ecco l’obiettivo teleologico di queste religioni. Quello che desiderano i credenti (inclusi ebrei e musulmani), è l’estinzione, la fine di tutto, il nulla. Tutt’e tre hanno come obiettivo finale la morte ed è proprio questa che seminano nel mondo con le loro prediche, coi loro atti e con la loro presenza.

Le religioni, non si direbbe, ma è così, non amano la vita, mai amata, ma la morte, puntano sull’aldilà e l’aldilà è morte. Gli dèi, dio, brahma, il nirvana, i santi sono cose morte, cose inesistenti, cose inventate e i loro adulatori, a via d’invocarle e desiderarle, si trasformano anch’essi in cose morte. Un bramino, un dalai lama, un prete, sono predicatori di morte, vendono la morte, morte essi stessi.

La storia delle religioni, amico mio, è una storia di morte.

Vedere L’Indifferenza divina

In tutto questo show, guarda caso, manca proprio lui, il Soggetto, Dio

Durante questi giorni frenetici di attesa del conclave, il Paese è oggetto di innumerevoli dibattiti, di innumerevoli trasmissioni e conferenze, trasmissioni e conferenze tenute da grandi esperti, da grandi specialisti, da grandi santoni, da grandi dottori della metafisica, conferenze e trasmissioni tenutesi in onore del nulla e sul nulla. È già una festa solo a vedere questi signori esperti discutere discutere discutere e di cosa? Del nulla. Grande! Si parla infatti di ricerche sul nulla, di come distribuire il nulla nel Paese, in Europa, nel mondo, di come fare ricerche ed esperimenti sul nulla, di come vendere il nulla ai Marziani, di cosa vuol dire il nulla, cioè cosa vuol dire Nothingness, Néant, Nichts, Nada, Bogududù. Insomma, è veramente veramente un grande spettacolo.

Anzi fantastico. Proprio much ado for nothing, proprio uno show, uno show in cui manca, of course, il soggetto principale, Dio. Questo non esiste e se non esiste non esiste. Ormai lo sanno cani e porci che Dio non esiste, che Dio è un’invenzione, Gesù poi una fandonia unica (vedere “La favola di Cristo” di Luigi Cascioli; “Oltre la Bibbia” di Mario Liverani; “Trattato di Ateologia di Michel Onfray; “L’Illusione di Dio” di Richard Dawkins; “Dio non è grande. Come la religione avvelena ogni cosa” di Christopher Hitchens, ecc.), dei santi non ne parliamo neppure, solo scimmie antropomorfe, né più né meno che bestie imbalsamate appartenenti al regno animale.

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Cinque idee per gestire la “res publica” (2)

Secondo abbozzo 

I 4 Io Della Salvezza

Nel caso che il primo abbozzo ( vedere un Contratto Sociale Computerizzato ) come modo di governare gli animali homo fosse troppo drastico, proporrei questa seconda option: sostituire “i 4 io del disastro” ora dominanti sul pianeta Terra con altri: “I 4 Io Della Salvezza”.

I 4 “io” del disastro sono: il primo: la religione. La religione, nel suo insieme, rappresenta un “io”. Che cos’è l’ “io” religioso? Menzogna, impostura, volgarità, regresso. Il secondo: i mezzi-uomini (i politici). I mezzi-uomini, nel loro insieme, rappresentano un “io”. Cosa rappresenta questo io? Il crimine istituzionalizzato, l’ingiustizia legalizzata, il dispotismo gerarchico come visione del mondo. Il terzo: il capitalismo. Il capitalismo, nel suo insieme, rappresenta un “io”. Che cos’è l’ “io” capitalista? È sfruttamento, è depauperamento, è inumanità. Il quarto: i monarchi. I monarchi, nel loro insieme, rappresentano un “io”. Che cos’è l’ “io” dei monarchi? È il protocrimine, il crimine sociale iniziale della nostra civiltà bipede, e tale è rimasto.

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Cinque idee per gestire la “res publica” (1)

Per me c’è una sola via di salvezza oggi nel mondo: occorre cambiare politica, abitudini, rotta. Le istituzioni che ci governano non si possono più guarire, sono corrotte dalle fondamenta alla sommità. Tutto l’apparato istituzionale è cancerogeno. Non regge più, fa acqua da tutte le parti, è giunta la sua fine. Dobbiamo crearne uno nuovo. Non abbiamo scelta. 2 + 2 questa volta fa 4 e non 5.

Ovvio, prima di poter applicare un “Nuovo Contratto Sociale”, qualcuno dovrà fare il lavoro sporco, il lavoro di pulizia. I miei abbozzi entreranno in gioco solo a lavoro compiuto.

Il concetto che applicheremo è vecchio. I suoi, ideatori, inventori li si trova lungo tutta la storia, ma quelli che più l’hanno teorizzato sono gli utilitaristi inglesi, in particolare Jeremy Benthan e John Stuart Mill. La loro massima è: “la più grande quantità di felicità per il più grande numero di persone.” La loro massima è la nostra massima.

Qui ci sono 5 proposte. Sono solo degli abbozzi, delle idee, spunti di pensiero in bocciolo e non pretendono altro.

Primo abbozzo

Un Contratto Sociale Computerizzato

 Dato che io non credo nell’animale homo, non lo ritengo all’altezza di certi compiti, proporrei, per quello che riguarda l’ordine pubblico e giuridico delle nazioni, di rimpiazzare i mezzi-uomini attuali (i politici) e gli uomini di legge con dei computer. Preferisco essere governato e giudicato da loro. Gli animali homo, nella loro essenza, sono, appunto, degli animali. Ci vogliono anni e anni di educazione per trasformare un homo in un essere civile; d’altra parte, ci vuole solo qualche secondo per trasformare un homo in una bestia, e io non ho fiducia in creature che si possono trasformare in animali da un momento all’altro.

Ecco la proposta. Si prenderanno un lavoratore, uno scienziato, un artigiano, un uomo di legge, uno psicologo e un filosofo, tre donne e tre uomini, da ogni paese della Terra, li si metterà insieme e, nel giro di un anno e non più, dovranno escogitare un piano politico e giuridico a livello planetario, globale. In questo piano si dovrà pensare a tutto, dalle cose più semplici, come ad esempio costruire una casa a quelle più complesse, come ci si dovrebbe comportare se un meteorite stesse per colpire la Terra.

Questo “Contratto Sociale Computerizzato”, che sarà il Contratto di tutti i cittadini del mondo, dovrà essere umano, saggio, giusto e per tutti, inclusi gli animali, il mondo vegetale e il mondo fisico. Anche la materia dovrà essere trattata con rispetto e perizia. Questo piano, una volta definito, avrà una durata di cinque anni e verrà programmato nei “Computer” che, per il tempo stabilito, saranno loro (le leggi che sono state pattuite e inserite nel loro software) a governare gli animali homo.

Solo allo scadere dei cinque anni si potranno ritoccare, se fosse necessario, tutte le leggi che non hanno funzionato bene durante il periodo della loro applicazione. Il “Contratto Sociale Computerizzato” a livello globale, di volta in volta, va perfezionato, non rifatto. Le corti giudiziarie attuali e i mezzi-uomini degli Stati predatori, verranno sostituiti con dei computer.

L’uomo è una creatura di parte, debole, soggettiva. In ogni situazione e in ogni luogo della terra favorirà sempre i suoi familiari, parenti prossimi, amici, compagni di partito. Il suo Dna parla chiaro, così anche la kin selection (la selezione dei parenti) di W. D. Hamilton. In altre parole, i consanguinei vengono prima di tutti gli altri. Queste debolezze l’uomo se le porta dietro in ogni cosa che pensa, fa e dice. Solo un “Contratto Sociale” computerizzato può mettere fine a pregiudizi e favoritismi.

Ci sarà una postilla nel “Nuovo Contratto Globale”: coloro che l’avranno ideato non potranno usufruire delle leggi che essi stessi hanno forgiato, saranno messi in pensione, in questo modo si eliminerà la tentazione di fare leggi a proprio favore.

Nel prossimo post: I 4 Io della salvezza

Vedere  Lo  Stato predatore

 

Il popolo, il popolo lavoratore, chiedi tu lettore, ha una storia?

E quale? E che tipo di storia? Prendiamo qualche esempio. Il popolo ha una storia come quella che hai in mente tu, una storia pulita, interessante, da esseri umani? No, ti rispondo io, non ce l’ha. Ha una sua dignità? No, non ce l’ha. Ha un’arte? Assolutamente no! È libero di fare quel che vuole? Per nulla. È libero di pensare? Affatto. Perché? Perché per pensare ci vogliono gli strumenti intellettuali del pensiero – cultura, storia, filosofia, scienza ecc. – e lui questi strumenti non ce l’ha. Esiste il popolo come un’entità sociale degna di questo nome? Neppure per sogno. Ci sono tracce storiche lungo la storia lasciate dal popolo? Sì, quelle dei suoi lamenti, della sua miseria, straccioneria. Come viene menzionato nei libri di storia il popolo? Come schiavo, servo, proletario, nulla. Ecco la sua storia.

Grande!

Il crepuscolo – settima e ultima parte de: un bambino del sud Italia (7)

Ovvio, ho sacrificato allo studio e per molti anni, la mia vita sentimentale, affettiva, familiare, generazionale: nonostante vivessi nel mio tempo, per certe cose, ero fuori dal tempo. Lo sport, la musica, i cantautori, il ballo, la moda dei giovani, le vacanze e altro ancora, non li ho quasi conosciuti. Non avevo scelta se volevo recuperare, culturalmente parlando, gli anni vissuti insieme alla natura e agli animali. Lo studio, dunque, e a qualsiasi prezzo e privazione pur di poterlo realizzare. Per gli esseri umani e su tutto il pianeta, questo dovrebbe essere sacrosanto, un diritto inviolabile e inalienabile.

Mentre studiavo in Germania, Dagmar, una professoressa, ha voluto darmi un figlio, Julian, un bambino, oggi un uomo, a dir poco meraviglioso. Purtroppo non sono rimasto lì a vivere con loro. La mia voglia di studiare e di viaggiare era ancora troppo forte. Però, per quanto ho potuto, ho sempre fatto il mio dovere di padre positivo e affettuoso, quel padre di cui i bambini, tutti i bambini, hanno bisogno.

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Popolo in vendita

Gli italiani non cambiano, non possono cambiare. Per cambiare la gente, i popoli, devono avere una testa, essere, come si dice, in possesso d’una testa. Ebbene, gli italiani, e in queste ultime elezioni politiche l’hanno dimostrato ampissimamente, la testa non ce l’hanno. È inutile insistere. Se non ce l’hanno non ce l’hanno. Hanno tutto fuorché la testa. Questo fatto lo sa ormai tutto il mondo e già da tempo, tutto il mondo sa che gli italiani non hanno una testa, eccetto, of course, gli italiani. Sono gli unici infatti a non sapere che non hanno una testa. Figuriamoci, non sanno neppure come l’hanno persa e chi gliel’ha portata via. Meglio così. Certe realtà è bene non conoscerle. È tutto chiaro allora. E poi come potrebbero sapere che non hanno una testa se la testa non ce l’hanno? Anche questo è vero. La logica e il buonsenso non si contraddicono. Everything is in ordnung. Un paese senza testa, una testa senza un paese, ecco la realtà italiana. Quindi non rimane che mettere questo popolo in vendita. Non perdiamo altro tempo. È inutile. Si faccia pure avanti il primo offerente.

Quali sono, chiede un potenziale compratore arabo, quali sono le qualità intrinseche del “fu” popolo italiano?

Canine.

Cioè?

Più lo si bastona, più ti obbedisce.

Gli onorevoli le elezioni le vincono anche quando le perdono

Nella vita, dice l’onorevole Casini, si perde e si vince. Giusto, è proprio così, nella vita si perde e si vince. Chi sono però quelli che perdono nella vita e chi sono quelli che vincono? Per esempio, un politico che perde le elezioni, è un perdente? E che cosa ha perso perdendo le elezioni, lui? La sua azienda? Il suo lavoro? Il suo posto al Palazzo? Il giorno dopo la sconfitta deve andare a lavorare in fabbrica, in miniera, in campagna, a pulire cessi, a fare il commesso se vuole mangiare? Cos’ha perso, allora, il politico quando ha perso le elezioni? Cos’ha perso l’onorevole Pier Ferdinando Casini perdendo le elezioni politiche del 25 febbraio 2013? Gli hanno forse portato via la casa, preso tutto quello che ha in banca, sequestrato tutte le sue ricchezze? Insomma, cos’ha perso l’onorevole Casini perdendo le elezioni? In realtà l’onorevole Pier Ferdinando Casini non ha perso proprio nulla, nulla di nulla. Quelli come lui non perdono, non perdono mai. Non possono perdere. E come potrebbero? Ma scherziamo! Vincono o perdono in realtà loro vincono sempre. Le leggi al governo le fanno loro, i politici, non il popolo. A loro, ai signori politici, importa solo una cosa, una cosa sola e nulla più, a loro importa unicamente il loro posto, il loro posto al governo, il posto dove loro possono adagiare dolcemente e comodamente il loro onorevole deretano, è questo e solo questo che importa a loro. In altre parole, è il trono che a loro preme, tutto il resto è commedia per i bifolchi, per gli imbecilli con la patente, per tutti quelli che adorano lo spettacolo da baraccone. All’onorevole Pier Ferdinando Casini, al nocciolo, interessa il suo lauto compenso, è questo che a lui interessa, il resto, diciamocelo pure, il resto, per l’onorevole Pier Ferdinando Casini, non ha senso, è solo spettacolo di piazza e nulla più.

 

Il probo – sesta parte: un bambino del sud Italia (6)

Mi è capitato anche, e più d’una volta, di rifiutare la fortuna, ovvero una certa agiatezza economica. Solo tre esempi. Il primo è stato con la Paris vision. Il proprietario, il signor Georges, se ricordo bene il suo nome, voleva farmi fare carriera nell’azienda. Sarei potuto diventare, con un po’ di buona volontà e le lingue che conoscevo, un ottimo organizzatore della Paris Vision e guadagnare dei bei quattrini. Ho rifiutato. Il secondo è stato in Australia e più precisamente alla European School of Languages. I genitori di Rebecca G. (la cui madre, la signora G., per conoscermi, aveva seguito per due anni un mio corso di francese, anche se, il francese, lei lo conosceva meglio di me) mi volevano far sposare la loro unica figlia, offrendomi, se avessi accettato, una villa e mezzo milione di dollari. Ovvio, Rebecca, che insegnava inglese nella mia scuola, era innamorata di me, ma io, purtroppo, non ero innamorato di lei. Ho rifiutato. Il terzo esempio è avvenuto sempre nella mia scuola. Mi era capitato, così, per istinto, di fare il tirchio, cosa, questa, che non aveva mai fatto parte prima del mio stile di vita, e questo succedeva soprattutto quando i quattrini entravano nelle mie tasche con facilità. In quei momenti sentivo il brivido dell’avidità, il richiamo del denaro che reclamava altro denaro. Non volevo più spendere, volevo solo risparmiare, ammucchiare, mettere i soldi in banca. Ero arrivato al punto di negarmi persino l’acquisto d’un libro che avrei tanto desiderato! Insomma, non mi riconoscevo più. L’ho venduta mettendo fine alla tentazione di diventare un altro seguace del dio dell’egoismo.

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La cultura della violenza

Questa ha un’identità inconfondibile: è l’essenza e la madre della politica. È un’inclinazione dei dispotici, degli uomini al potere, essere violenti con quelli che potere non hanno. È inutile che ci prendiamo in giro raccontandoci storie, sappiamo benissimo come realmente funzionano le cose, sappiamo che la vera violenza è quella che è in mano agli uomini di potere. È da questa violenza che poi scaturiscono tutte le altre violenze.

La storia dell’umanità porta il marchio della violenza. Dal primo capo tribù al primo faraone d’Egitto e da questo all’attuale presidente degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, è cambiato solo il modo di governare ma non il contenuto: i potenti e i ricchi di allora dominavano sui deboli e sui poveri di allora e i potenti e i ricchi di oggi dominano sui deboli e sui poveri di oggi. È stato sempre così ed è ancora così.

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Un autore in cerca d’un editore

La mia è una scrittura nata dall’esperienza, non meno di quella di Primo Levi, nata nei campi di concentramento; non meno di quella di Henri Charrière nata nei Lager della Guyana Francese; non meno di quella di Gavino Ledda nata in una povertà tragica e dalla barbara brutalità d’un padre padrone.

I miei racconti, romanzi, scritti sperimentali, piacciano o meno, raccontano la mia vita, la vita di uno che per sopravvivere e farsi un’educazione, ha dovuto sottoporsi ai Lager sociali.

Il racconto che più mi rappresenta (per Primo Levi è “Se questo è un uomo”; per Henri Charrière è “Papillon”; per Gavino Ledda è “Padre padrone”) è il romanzo “Fiori di sierra”.

Il mio unico augurio è di trovare un editore che sia almeno interessato a leggere il mio lavoro. Grazie.

L’incubo– quinta parte: un bambino del sud Italia (5)

Ad ognuno le sue esperienze borderline. Una di queste l’ho vissuta a Parigi qualche anno prima di lavorare come guida turistica alla Paris vision. Il mio disagio esistenziale, che da tempo tenevo sotto controllo a forza di volontà, ad un certo punto non ce l’ho fatta più. È scoppiato. Come conseguenza, una visione stomachevole, lugubre, insopportabile della vita si era impossessata di me. Non riuscivo a liberarmene. Detestavo ogni cosa, soprattutto la morte. La sola idea mi terrorizzava, mi rendeva impotente, ribelle, nevrotico. Non sapevo come sfuggirle, come togliermi dalla mente e dallo stomaco quello sconforto che mi stava distruggendo. Sprezzavo anche il mondo costruito dagli uomini. Era ed è rimasto intollerabile. Ne sapevo ormai qualcosa. La mia era un’esperienza dal vivo, un’esperienza vissuta lavorando e studiando e sempre al limite della sopravvivenza. Cercavo, comunque, qualche paragone accettabile tra il vivere insieme a degli animali umani e il vivere insieme a degli animali animali, come le capre, e non ne trovavo. La società caprina è un milione di volte migliore della società umana. Le capre non si ammazzano tra di loro e vivono pacificamente insieme. Ero arrivato alla convinzione che qualsiasi altro animale della terra, per quanto brutale, non avrebbe mai e poi mai potuto costruire una società così falsa e bestiale. Non parliamo poi della vita che conducevo, un incubo. Nulla mi divertiva, consolava, alleviava la mia disperazione. Parigi mi era diventata un cimitero. Era lo spavento, il terrore della realtà, lo sprezzo per il grottesco in cui vivevo e, quando non avevo un lavoro e non ne trovavo, non facevo che vedermi decomporre, codardo e incapace di reagire.

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Catastrofismo: una nuova visione della vita e l’asteroide 2012 DA14

“Bisogna considerare la nostra specie e molte altre in perpetuo pericolo di estinzione, scrive Dana Desonie in “Catastrofi cosmiche”. Nel luglio del 1994 abbiamo assistito alle collisioni di più di 20 frammenti della cometa Shoemaker-Levy 9, ciascuno di circa un chilometro di diametro, con la superficie di Giove”, p.17. “La cosa più importante che la Shoemaker-Levy 9 ci ha insegnato è che le collisioni cosmiche non sono fenomeni che appartengono solo al passato, sono invece eventi possibili nel tempo di una vita umana, coi quali la scienza contemporanea si trova a dover fare i conti”, p.116.

“La Cometa Shoemaker-Levy 9 entrò nella stratosfera di Giove viaggiando alla velocità di 60 chilometri al secondo (circa 134.000 miglia all’ora)”, p. 9. “Se la cometa Shoemaker-Levy 9 avesse colpito la Terra, il nostro destino avrebbe potuto essere simile a quello dei dinosauri”, p.10. “I paleontologi hanno riconosciuto, nel corso degli ultimi 540 milioni di anni, 24 estinzioni di massa notevoli, in ciascuna delle quali scomparve tra il 25 e il 95 per cento delle specie”, p. 83.

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Risposta a domande fattemi sulle dimissioni di papa Ratzinger

Il collasso, cioè la fine, cioè l’uccisione del cattolicesimo è già avvenuta quando Immanuel Kant ha pubblicato “Critica della ragion pura”, dimostrando filosoficamente, scientificamente, materialmente, umanamente la non esistenza di Dio, dunque l’artificio del cattolicesimo. Da allora in poi esiste l’arroganza religiosa e l’ignoranza, punto. Io ho utilizzato, e qui mi riferisco agli amici di Scrittori e Poesie, l’indicativo e non il condizionale, quindi non “starebbe” per finire come scrivete voi, ma “sta” per finire. Però avrei dovuto scrivere: il cattolicesimo, dopo Kant, è morto.

Che poi Ratzinger si sia dimesso perché ha intuito la fine del cattolicesimo o perché nauseato e schifato dal clima di corruzione morale, etica, umana che ha dovuto respirare nei suoi sette anni di pontificato, vedi pedofilia, vendita di armi, banca vaticana lo ior, misteri occulti di uccisioni e scomparse, documenti falsificati o sottratti furbescamente dalla sua scrivania e chi più ne ha più ne metta, questo nessuno, credo, lo potrà mai sapere.