La vita di un operaio per l’Inail (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) vale solo 1.900 euro.
“Chissà,” scrive il cronista del giornale comunista online Contropiano.org, “se mentre firmava la proposta di risarcimento gli sarà salito un moto di vergogna in faccia al funzionario che ha stabilito in 1.900 euro il “prezzo giusto” per un operaio morto in fabbrica la notte del terremoto in Emilia. Probabilmente no. Non si sarà vergognato perché esistono delle tabelle fissate dalla legge (del 1898), scritta da gente che non ha mai corso il rischio di morire se non di eccessi goderecci (ci scorrono davanti agli occhi, mentre scriviamo, le immagini dei festini del Pdl laziale; ma nel parlamento dei “nominati” lo spettacolo non è stato dei migliori, negli ultimi 20 anni). E quindi si sarà detto “sto solo obbedendo agli ordini”. O peggio ancor “in fondo io sono solo uno che qui ci lavora, che cosa posso mai fare?”. Qui sta la differenza tra uomini e no. Un uomo, di fronte alla mostruosità che doveva portare la sua firma, si sarebbe fermato, avrebbe interrogato criticamente i suoi superiori; e infine si sarebbe rifiutato di mettere il proprio nome in calce a un’infamia. Non gli sarebbe successo nulla di grave, nessuno l’avrebbe licenziato per questo gesto. Non l’ha fatto. L’episodio è di una gravità incommensurabile, al di fuori di ogni immaginazione. Persino Il Sole 24 Ore, organo di Confindustria, ha avuto un moto di orrore. Almeno questo… ”
Se non facciamo qualcosa in questo paese senza cuore, senza anima e senza testa, governato solo dal suo egoismo becero e bestiale, ognuno di noi lavoratori finirà i suoi giorni col suo culetto pieno di merda. Detto diversamente, schiatterà affogherà morirà tirerà le cuoia nella sua stessa puzza.