“Quanto costerà allo Stato?”

 

foto (3)Ecco un triste, falso interrogativo; ecco una frase usata e strausata dai Mass Media che la usano, ovviamente, in modo errato. Allo Stato, e dovrebbero saperlo loro, ma non lo dicono, non costa proprio niente di niente e mai niente. Lo Stato non lavora, lo Stato non ha mai lavorato, lo Stato sa solo prendere e prende con leggi ingiuste, discriminatorie, anti-democratiche e prende dai lavoratori. Le cose funzionano così con questo organismo predatore: chi lavora per davvero fa la fame e chi non fa niente, solo danni, si prende tutto: ecco il fare dello Stato. Non ne ha un altro. Non si deve/dovrebbe dire, “Quanto costerà allo Stato?”, ma “Quanto costerà ai contribuenti?” “Quanto costerà a quelli senza cui nulla nasce, cresce o fiorisce?” “Quanto costerà ai veri proletari e operatori sociali?” Ma mai e poi mai si deve/dovrebbe dire “Quanto costerà allo Stato?”, perché lo Stato non lavora, perché lo Stato non sa neppure cosa sia il lavoro. Come potrebbe, allora, quest’organismo parassitario alla massima potenza, sborsare soldi per il popolo? E dove li prende poi i soldi lo Stato se non nelle casse di quelli che lavorano? Lui, lo Stato, il popolo lo munge, lo deruba, lo sfrutta, lo usa, e tutto questo e molto altro per i suoi porci comodi, per i suoi ideali, per i suoi interessi, per i suoi capricci. Lo Stato non è stato creato per fare funzionare bene la società. Affatto. Neppure per sogno. Tutt’altro. Dimentichiamolo. Riflettiamo un istante: cosa succederebbe allo Stato se la società funzionasse bene per davvero? Lo si licenzierebbe. Ovvio no? E voi credete che lo Stato voglia essere licenziato? Su dài! Lo Stato è stato creato per fare in modo che la società sia sempre sul bordo del precipizio; lo Stato è stato creato per dimostrare che l’onesto cittadino è un criminale e l’impostore un signore, lo Stato è stato creato per far credere che tutto funziona anche quando non funziona niente, perché solo così esso può far credere al popolo della sua necessità, del suo essere indispensabile: altro compito lo Stato, per come noi contribuenti lo conosciamo, non ha.

Ecco cosa dicono dello Stato quelli che l’hanno studiato, analizzato e visto al microscopio dentro, fuori e in ogni dove.

Ecco cosa scrive sullo Stato il filosofo Karl Löwith in “Il nichilismo europeo”: “Lo Stato ha imparato dagli industriali a sfruttare il credito, e lo fa con l’ostinazione di chi sa che la nazione non può farlo fallire: ora lo Stato se ne sta lì, accanto a tutti i truffatori, come supremo capo-sfruttatore”, p. 21.

Ecco cosa scrive sullo Stato il re dei filosofi, Friedrich Nietzsche, in “Così parlò Zarathustra”:“Stato si chiama il più freddo di tutti i gelidi mostri. Mentisce anche a (sangue) freddo: e questa menzogna esce strisciando dalla sua bocca: “Io sono lo stato, sono il popolo … Ma lo stato mente in tutte le lingue del bene e del male; e qualsiasi cosa esso dica, mente; e qualsiasi cosa esso possieda, l’ha rubata. Tutto è falso in lui: esso morde con denti rubati ad altri, quel mordace. Anche le sue viscere sono false”, p. 87.

Ecco cosa scrive sullo Stato l’anarchico Pierre-Joseph Proudhon “Esseri ‘governati significa essere controllati a vista, ispezionati, spiati, diretti, legiferati, regolamentati, parcheggiati, indottrinati, fregati, controllati, soppesati, apprezzati, censurati, comandati, da esseri che non hanno né il titolo, né la scienza, né la virtù. Essere ‘governati’, significa essere, a ogni operazione, a ogni transazione, a ogni movimento, annotati, registrati, recensiti, tariffati, timbrati, tosati, quotati, patentati, diplomati, autorizzati, ammoniti, impediti, riformati, raddrizzati, corretti. Significa, col pretesto dell’utilità pubblica e in nome dell’interesse generale, essere messi a contribuzione, addestrati, taglieggiati, sfruttati, monopolizzati, concussi, spremuti, mistificati, derubati; poi, alla minima resistenza, alla prima parola di protesta, repressi, multati, vilipesi, braccati, strapazzati, picchiati, disarmati, legati, imprigionati, fucilati, mitragliati, giudicati, condannati, deportati, sacrificati, venduti, traditi e, come se non bastasse, presi in giro, beffati, oltraggiati, disonorati. Ecco il governo, ecco la sua giustizia, ecco la sua morale! E dire che ci sono tra noi dei democratici che pretendono che il governo abbia del buono; dei democratici che sostengono, in nome della Libertà, dell’Eguaglianza, della Fraternità, quest’ignominia …”, citato da Jean Préposiet in “Storia dell’anarchismo”, p. 66.

Ecco cosa scrive sullo Stato l’antropologo Marvin Harris ne “La nostra specie”: “Da un punto di vista evoluzionistico, il problema dell’ingiustizia sociale è inestricabilmente legato alla crisi dello Stato inteso come forma predatoria di organizzazione politica, che nasce, cresce e si diffonde con la spada. Se questo è vero, è molto probabile che la nostra specie non sopravviverà al prossimo secolo, o addirittura ai prossimi cinquanta anni, se non saprà trascendere l’insaziabile volontà di sovranità ed egemonia caratteristica dello Stato”, p. 366.

Ecco cosa scrive sullo Stato il filosofo cristiano Agostino di Ippona “Una volta che si è rinunciato alla giustizia, che cosa sono gli Stati, se non una grossa accozzaglia di malfattori? Anche i malfattori, del resto, non formano dei piccoli Stati? Si tratta infatti di un gruppo di uomini comandati da un capo, tenuti assieme da un patto comune e che si spartiscono un bottino secondo una legge tacita. Se questo male si allarga sempre più a uomini scellerati, se occupa una regione, fissa una sede, conquista città e soggioga popoli, assume più apertamente il nome di regno, che non gli viene dalla rinuncia alla cupidigia, ma dal conseguimento dell’impunità”, La città di Dio, pp. 221-222.

È ora di bruciare tutti i presenti dizionari e iniziare a scrivere i nuovi, quelli che descrivono le cose per come stanno realisticamente e non per come una classe di impostori al potere vuole che si scrivano.

UN INVITO: Se l’articolo è stato di vostro gradimento, allora passate parola, condividetelo, criticatelo, dite ciò che pensate. Per crescere e maturare culturalmente (non biologicamente, di questo si occupa la natura), abbiamo bisogno di comprendere, di comunicare, confrontarci, dire la nostra brutta o bella che sia. Fatelo! La vita è qui e ora e poi mai più. Non perdetevi questo confronto con voi stessi e coi vostri simili. Siamo tutti degli esseri umani. Vale a dire, nessuno uomo è più che un uomo. È così che parla agli amici del Web, Orazio Guglielmini.

 

 

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