Tiziano Terzani e cosa vuol dire “capire” e “non capire”
Quando il dottore disse a Tiziano Terzani: “Signor Terzani, lei ha il cancro”. Terzani, sentendo queste parole, non si commosse, non si disperò, fu come se la cosa non lo riguardasse. Come dire, se a questa notizia non si fece una beffarda sghignazzata, fu comunque come se l’avesse fatta. In quel momento, però, lui, Terzani, non aveva capito in pieno tutta l’importanza di quella frase: “Signor Terzani, lei ha il cancro”. C’è voluto del tempo prima che capisse tutti i risvolti e le conseguenze tragiche e drammatiche di questa frase. Poi, via via che prendeva coscienza, via via che il tempo passava, che si rendeva conto del male che l’aveva invaso, Tiziano cambiò radicalmente attitudine. La cellula maligna che si era introdotta nel suo corpo e che aveva già iniziato il suo cammino distruttivo uccidendo sistematicamente tutte le cellule benigne che si presentavano nel suo percorso, non scherzava. Terzani a questo punto aveva capito in pieno il significato delle parole del dottore. Queste si erano messe a fischiare nelle sue orecchie. Dunque capì quello che doveva capire e fare.
Smise di non commuoversi, di non disperarsi, di far finta che la cosa non lo riguardasse. Da questo momento in poi il suo cervello inizia a escogitare una cura, una cura che lo porta ad andare in giro per il mondo (aveva conoscenze e possibilità economiche, lui) per potersi curare dal cancro, incominciando dagli Stati Uniti, New York, dove i progressi della scienza medica sono i più sofisticati e avanzati al mondo. Quando però questi, nonostante tutte le loro sofisticherie e la loro sapienza, lo abbandonarono, Tiziano non si perse d’animo. Ricorse a cure meno ortodosse ovunque sul Pianeta, ovunque ci fosse stata una speranza, una chance, uno spiraglio di probabilità che gli venisse curato il cancro che l’aveva attaccato. È così che è nato il suo miglior libro “Un altro giro di giostra”, ovvero un altro paese, un’altra opinione, un altro metodo, esame, prova, cura, attesa, insomma un altro anno, mese, giorno di vita.
“Capire” è quando abbiamo capito che siamo bipolari, ciclotimici, maniaci depressivi; capire è quando abbiamo capito che la depressione non è uno scherzo, che è “una tristezza maligna che consuma la mente dall’interno,” come la definisce il biochimico, Nick Lane, nel suo interessante libro “Le invenzioni della vita”. La depressione è una specie di Alzheimer del cervello. Il cervello del depresso non funziona correttamente, non è coordinato, razionale, è sgrammaticato, illogico, un bordello incustodito nella testa. Il depresso spesso non si rende conto di quello che fa. Solo quando ha capito, come quando Tiziano Terzani ha capito la portata del suo cancro, solo allora ha capito veramente che cos’è la depressione.
“Capire” che cos’è essere psicotici maniaci depressivi, che cos’è il così chiamato “male nero”, il male chepuò saltar fuori in qualsiasi momento trasformandoci in suicidi e criminali, se non addirittura inkiller,killer dei nostri cari e dei nostri figli, non è facile, ma neppure impossibile. Però, e non c’è un’altra via per guarire da questo male, è solo quando abbiamo capito che cos’è la “depressione”, che inizieremo a curarci. E non solo. Diventeremo anche i dottori di noi stessi. Ci studieremo, staremo attenti, in guardia, pronti. Così, quando il nostro umore cambia, sapremo cosa aspettarci e come comportarci, e faremo di tutto per sottrarci al pericolo che potremmo essere per noi stessi e per gli altri.
“Capire” è una rivoluzione mentale vera e propria. È, infatti, la vera rivoluzione. Senza di questa non ci possono essere altre. Capire è quando abbiamo capito che viviamo in un mondo di cattivi e pecoroni, di padroni e schiavi e che veniamo barbaramente e indegnamente manipolati dal Sistema. Però, una volta capito questo, abbiamo anche smesso di esserlo, perché, da questo momento in poi, faremo di tutto per non essere più barbaramente e indegnamente manipolati dal Sistema. Quando avviene questa comprensione, illuminazione, accade in noi una metamorfosi, la cosa più bella che poteva capitarci: abbiamo capito che non siamo liberi. La nostra vera umana battaglia incomincia adesso, ed è anche adesso che siamo diventati veramente liberi e umani.
“Capire” è quando abbiamo capito che non siamo immortali. Quando abbiamo capito questo, la nostra immortalità è finita e inizieremo a vivere la nostra vera vita di mortali. Capire è quando abbiamo capito che siamo ignoranti e che, appunto perché abbiamo capito che siamo ignoranti, siamo diventati intelligenti, perché d’ora innanzi inizieremo a studiare. Capire è capire che saliamo, non due volte, non tre volte, ma una sola volta sul palcoscenico della vita e poi mai più. Quando abbiamo capito questo, allora abbiamo capito cosa vuol dire “capire”.
E così, mio caro lettore, quando hai capito che nonostante tutti i determinismi immaginabili e inimmaginabili del mondo, tu e solo tu, in definitiva, sei l’artefice numero uno della tua vita, allora sei diventato, per il bene e per il male, padrone e schiavo di te stesso, e credimi, questa è la migliore cosa che ti poteva capitare nella vita, perché quando hai capito questo, sei diventato un uomo, non uno schiavo del Sistema, ma un uomo vero e proprio, un uomo libero, signore e padrone della tua esistenza. Tu, il poeta e il narratore di te stesso, tu l’autore e il compositore delle tue melodie, tu, anche se povero e malato, re dell’immenso.
UN INVITO: Se l’articolo è stato di vostro gradimento, passate parola, condividetelo, criticatelo, dite ciò che pensate. Per crescere e maturare culturalmente (non biologicamente, di questo si occupa la natura), abbiamo bisogno di comprendere, di comunicare, di confrontarci, di dire la nostra, brutta o bella che sia. Fatelo! La vita è qui e ora e poi mai più. Non perdetevi questo confronto con voi stessi e coi vostri simili. Siamo tutti degli esseri umani. Vale a dire, nessuno uomo è più che un uomo. È così che Orazio Guglielmini parla agli amici del Web.
Magnifico,lucido,importante…