Uno scrittore in cerca d’un editore
L’Italia, grazie alla sua editoria sponsorizzata dallo Stato e dalla Chiesa, si trova al sessantanovesimo posto tra i paesi del mondo riguardo al libero pensiero.
Gli scrittori di questo paese mentalmente castrato, che avrebbero dovuto essere la sua fiaccola e la sua locomotiva, essendo, con qualche eccezione, raccomandati e le case editrici sovvenzionate, non riescono a produrre nulla di innovativo e originale.
Proprio in questi tempi, l’editore Bompiani ha proposto al regista e attore, Carlo Verdone, di scrivere la sua biografia. Nella proposta aveva aggiunto anche che gli avrebbe fornito un ghost writer, uno scrittore fantasma di modo che potesse aiutarlo. In altre parole, la biografia non l’ha scritta il regista (è già stata pubblicata dal suddetto editore), ma gliel’ha scritta principalmente il ghost writer. Verdone è stato onesto nel raccontare ciò alla trasmissione di Fabio Fazio, Che tempo che fa, su Rai 3 domenica 26 febbraio 2012.
Cosa vuol dire questo? Quello che abbiamo detto, che gli scrittori in questo paese, in un modo o in un altro, vengono confezionati, formattati, influenzati, nutriti come polli di allevamento, direbbe Carla Benedetti. In altre parole, hanno una taglia, una divisa e un prezzo.
Io che ho inviato i miei dattiloscritti a quasi tutti gli editori italiani, però, e qui il “però” pesa, non essendo un Carlo Verdone, non avendo una taglia, una divisa e un prezzo stampato addosso, non essendo raccomandato, non conoscendo l’arte dello strisciare, essendo un “cafone”, cioè uno sciancato del popolo e, per di più, essendo io uno di quelli che scrive ciò che pensa e non quello che, eventualmente, mi verrebbe detto di scrivere, a me, ovvio, nessuno propone un ghost writer e tanto meno un correttore di bozze e figuriamoci di pubblicare gli scritti d’un nulla!
Quelle poche case editrici che si sono degnate di dare una risposta ai dattiloscritti che gli ho inviato, l’hanno fatto servendosi di due risposte prestampate. In una mi si dice “che sono davvero di difficile collocazione all’interno delle nostre (loro) collane perché possano aspirare alla pubblicazione.” A me verrebbe subito da dire a questi signori che anche Socrate era di difficile collocazione, ma lasciamo perdere. E nell’altra risposta prestampata c’è scritto: “Abbiamo letto con attenzione e interesse il suo romanzo (quale?, dato che gliene avevo inviati tre). Ci dispiace tuttavia doverle comunicare che esso, purtroppo, non è adatto al nostro programma editoriale.”
Insomma, chi per una ragione e chi per un’altra, io non esisto per gli editori italiani. In ogni modo, dato che sono un romantico e credo nel fair play, nell’essere, com’è di moda dire oggi, politically correct, a questi signori della carta stampata io propongo di prendere uno dei loro romanzi, a loro scelta e piacere, e io ne prendo uno dei miei e li facciamo leggere dal popolo e poi vediamo quale dei due viene capito, apprezzato e amato di più.
Per me una casa editrice dovrebbe rappresentare un modello di cultura, un modello di vita, un modello di comportamento etico morale umano intellettuale politico nazionale e internazionale dove scrittori e lettori s’incontrano e trovano senso e direzione nel modo più spontaneo e naturale che si possa immaginare; per me una casa editrice è una fonte, una sorgente, uno specchio, un luogo dove non dovrebbe esserci inquinamento, falsità, corruzione. Entrano in questa categoria le nostre case editrici?
A mio modo di vedere, gli scrittori italiani, insieme agli editori, sono i responsabili dell’analfabetismo in cui il popolo affoga. Il popolo di Charles Dickens, nel diciannovesimo secolo, leggeva molti più libri di quanti ne legge il popolo italiano oggi nel 2012. Qui, in questo paese, gli scrittori non conoscono il popolo; il popolo non conosce i suoi scrittori. Non per nulla non legge, è rimasto illetterato. E così, scrittori ed editori raccolgono i frutti che hanno seminato: non vengono letti né vendono libri. Il boomerang ha svolto il lavoro che prima o poi, inevitabilmente, avrebbe dovuto svolgere: gli è arrivato in testa.
Ho iniziato a scrivere con la mente quand’ero un ragazzo e pascolavo le bestie (vedere il mio “cenno autobiografico” sul blog) e ho imparato, a mie spese, a distinguere lungo la mia vita tra cavoli e pegaso. L’Italia, la vera Italia, e chi non vuol sentire il suo lezzo si turi il naso, non vende letteratura né cultura di emancipazione, ma propina una letteratura e una cultura di oscurantismo e di schiavismo mentale (Voltaire, Flaubert, Goethe, questo l’avevano già capito). Il popolo, ahimé, conferma questa triste realtà. È rimasto schiavo e ignorante, pesta petto e sentimentale, credulone e bigotto, meschino e morto di fame. Non per colpa sua, ovvio, ma per colpa di quelli che vogliono tenerselo così! Niente di più infame, niente di più degradante per un paese che pretende di essere civilizzato.
Qual è allora il mio appello, l’appello d’uno scrittore in cerca d’un editore? È il seguente. Cerco un editore ambizioso, aperto, deciso, che ama e rispetta il suo lavoro, la sua professione, che ama e rispetta i suoi lettori, che desidera vedere il suo Paese e il suo Popolo culturalmente illuminato, avveduto e pronto, degno di essere un vero e proprio cittadino, e non solo italiano, ma dell’intero mondo. In breve, cerco un editore che faccia a tutti respirare un po’ d’aria pulita, ecco l’editore che cerco.
Io, l’autore, a questo mio potenziale editore, cosa avrei da proporgli? Tanto per cominciare 4 romanzi, 3 collezioni di racconti, 5 saggi. È già un inizio, no? E, dato che ho appena compiuto la fantastica età di settant’anni e ho ancora tanto tempo di fronte a me, gli proporrei anche un’ottima collaborazione sia nel promuovere il mio lavoro sia nell’avventura che inevitabilmente ci legherà. Inoltre, il mio potenziale editore, dovrebbe anche prendere in considerazione, un fatto non da poco, che io sono uno del popolo e solo uno del popolo sa parlare al popolo!
Allora, mio caro would be editore, si faccia avanti, non tema, perché insieme, mi creda, faremo letteratura e faremo anche storia, storia sana, storia degna d’un essere umano.