Viviamo in una bara cosmica
Posted in Catastrofismo, Pensieri di Orazio Guglielmini, Piccolo Zibaldone, Schegge di pensiero By Francis Sgambelluri On Maggio 14, 2012Noi non viviamo nel migliore dei mondi possibile come piaceva pensare al filosofo Leibniz e nemmeno in un mondo paradisiaco e questo oggi si sa fin troppo bene, grazie alla scienza.
Non viviamo neppure in uno spazio aperto, come ci dicono o vogliono farci credere gli esperti, cosmologi, fisici, ecc, noi viviamo in una bara cosmica che, oltre ad essere una bara, funge anche da contenitore di spazzatura cosmica, cioè colleziona e/o si prende in testa tutto quello che il cosmo gli butta addosso. In altre parole, noi potremmo trovarci seppelliti sotto una massa di oggetti provenienti dallo spazio – meteoriti, comete, detriti stellari, materiale spaziale, sporicizia eterea ecc – dall’oggi al domani senza avviso e senza perché. Siamo un target nello spazio, un tiro al piattello del caso e dell’assurdo.
E non solo. Siamo confinati in un baratro dall’apparenza aperto, senza fondo, ma in realtà chiuso, ermeticamente sigillato. Al massimo, grazie alla tecnologia e alle notti luminose, ci è consentito sbirciare fuori dal baratro e farci qualche piccolo giro giretto intorno ad esso, ma non altro.
Non c’è ormai più ombra di dubbio, sappiamo tutto o quasi tutto su noi stessi e sul mondo. Sappiamo, matematicamente sappiamo, che anche le oasi più tranquille e serene del mondo, prima o poi, si trasformeranno in caos e pandemonio. A questo punto la vita forse sarebbe possibile solo a livello batterico. È questa la realtà del mondo in cui viviamo.
Detto diversamente, noi non ci troviamo né nel migliore dei mondi né in un privilegiatissimo luogo dell’universo, noi ci troviamo in una prigione cosmica. In questa trappola mortale (la si chiami come si desidera: bara, buco, baratro, fossa, tomba, pozzo, cimitero, tanto non cambia nulla), dove nasciamo, cresciamo e moriamo, e ciò fino a quando il fato e l’imprevedibile comportamento del nostro Sole ce lo permette, si concluderà un giorno, un fantastico spettacolare giorno, la nostra tragica sorte.
Non abbiamo via d’uscita. Siamo condannati ad essere coscienti della nostra stessa fine senza poter fare nulla. È un verdetto poco piacevole e poco popolare questo, ma il fatto è che al di fuori di esso, c’è solo la chiacchiera degli ottusi, dei ciechi e dei gonzi.
Per com’è fatto il nostro mondo, il ridicolo e il grottesco sono l’essenza e l’anima di ogni fenomeno che lo abita, incluso quello umano.
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L’assurdità di questo mondo si evidenzia da innumerevoli riscontri, anche senza essere scienziati l’inspiegabilità di esso è già un paradosso claustrofobico, un non senso, una biosfera miracolosamente diversa da tanti pianeti senza vita e senza morte, un gulag di forsennati che corrono tutta la vita per sfacchinare e regalare la patata bollente ai loro “amati” figli, consapevolmente generati per fare la stessa fine, e a volte sui campi di battaglia. Questa è la ragione umana? Una lucida follia di corpi vuoti ed autoreplicanti.
La religione sfrutta questa assurdità spiegandola a modo suo, al fine di perpetuare il delirio di questo allevamento moribondo nello spazio e nel tempo, in modo che gli schiavi umani servano i poteri dei potenti, dei padroni della gabbia?
Nessun umano è padrone e felice in questa gabbia di matti.